BUON COMPLEANNO

I 55 anni di Roberto Baggio: il Divin Codino capace di unire l'Italia del calcio e rinascere da antieroe

Roberto Baggio ha unito diverse generazioni con le sue giocate, ma la sua unicità è anche nelle scelte fatte dopo la carriera in campo

di Max Cristina

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Roberto Baggio compie 55 anni. Il giocatore italiano più forte di tutti i tempi, capace di farsi amare trasversalmente anche dalle principali tifoserie tra loro antagoniste e in tutto il mondo, con il suo ritiro nel 2004 ha lasciato un vuoto sicuramente enorme nel pallone. Il "Divin Codino" è stato qualcosa di più di un semplice calciatore. Un'icona capace di unire diverse generazioni sotto quel codino, appunto, tanto stravagante quanto geniale nella sua semplicità. Al resto hanno pensato i suoi piedi sopraffini e un'intelligenza calcistica (e non solo) fuori dalla norma. 

Da quando non gioca più si dice non sia più domenica, in una nota canzone di Cesare Cremonini, bolognese che anche da Roby Baggio nel suo periodo rossoblù è stato ispirato. Vero, il calcio è cambiato parecchio negli ultimi anni e le famose bandiere non esistono praticamente più. Ma Baggio è stato un giocatore diverso, non certo una bandiera avendo cambiato spesso casacca in carriera e facendo anche salti mortali da una rivale all'altra, capace di mettere tutti d'accordo in campo nonostante un carattere spesso divisivo e sicuramente non conformato.

Campione di tutti - Il ritornello ogni 2-4 anni era sempre "Baggio in nazionale", costante fino alla fine quando ha disegnato calcio a suon di gol e assist con la maglia del piccolo Brescia, meritandosi un saluto da film hollywoodiano in un Meazza gremito e in festa per il concomitante scudetto del Milan 2003/04. Un finale all'apice di una carriera sopra le righe e riconosciuta a livello mondiale, come Maradona, Pelé, Eusebio... quelli insomma fatti con quella pasta lì.

Personaggio dicotomico - Il riassunto perfetto della sua carriera e del suo personaggio è l'ormai mitico Mondiale di Usa '94. La contrapposizione tra l'estasi e il disastro, l'amore dei tifosi e la durezza dei giudizi, il trionfo massimo e la delusione. Tutto in un torneo, tutto in un gesto tecnico provato, riprovato e riprovato migliaia di volte in carriera. Dopo aver portato l'Italia di Sacchi in finale a Pasadena a suon di gol e giocate che ancora oggi se viste o ascoltate fanno venire la pelle d'oca, il rigore decisivo sbagliato in malo modo. Una ferita capace di umanizzare un campione arrivato al limite della fantascienza.

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L'antieroe italiano - Non è un caso che la carriera Baggio l'abbia voluta chiudere in periferia tra Bologna prima e Brescia poi. Una particolarità per un campionissimo come lui in grado, come dimostrato, di poter fare la differenza ad altissimi livelli, ma centrato con il suo carisma e carattere. Meno pressioni, l'affetto della gente e la libertà di esprimere se stesso dentro e fuori dal campo senza limiti imposti da uno status più grande di lui.

Roberto Baggio non ha mai nascosto il desiderio di riservatezza, il fastidio quasi di dover vivere una vita da personaggio pubblico per via del suo talento e delle sue giocate. E quando il Codino ha smesso di sventolare dentro uno stadio di calcio, la sua veste da antieroe ha preso il sopravvento: "La gente si stupisce quando dico che non mi è più venuta voglia di rimettere gli scarpini. Senza pallone mi sento appagato e felice, non un fallito".

Baggio oggi senza calcio - Dal 2013 in poi "Roberto", come adorava chiamarlo Bruno Pizzul in telecronaca durante quel famoso Mondiale, è uscito definitamente dal calcio, non prendendo in considerazione la carriera da allenatore, troppo stressante, e occupandosi della tenuta di famiglia in provincia di Vicenza. "Non vedevo l'ora - ha raccontato in una delle rare interviste concesse dal suo ritiro a oggi -. Lasciare il calcio mi ha ridato vita e ossigeno, stavo soffocando tra male e dolore fisico".

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Un distaccamento netto, ma in linea con una personalità spiccata e particolare: "Il mio disinteresse sembra strano a tutti, ma dare giudizi sugli altri in tv mi mette disagio e guardo poche partite, raramente mi divertono. Sono stato fortunato a fare il calciatore e ad aver trovato dopo qualcosa che mi dà comunque soddisfazione".

Parole da antieroe vero, ma che per tutti gli appassionati di calcio e non solo è stato al contrario il vero eroe per due decenni con il massimo della semplicità: un pallone, due piedi magici e quel Divin Codino che ha dato il via ai racconti più fantasiosi e sognatori.