Dall’anno di nascita 1959 a quello 1988: storie di 30 campioni mancati del nostro calcio, grandi talenti che hanno però deluso (in tutto o in parte) le promesse
C’erano un romano, un marsicano e un cremonese… No, non è una barzelletta. E’ la sintesi della esplosiva batteria di talenti classe 1976 a disposizione di Sergio Vatta per l’Europeo under 16 del 1992. Il romano: Francesco Totti. Il marsicano: Domenico Morfeo. Il cremonese: Alessio Pirri.
Incredibile come – nonostante la qualità dei singoli e la bravura del maestro Vatta – quell’Italia under 16 non sia riuscita a conquistare il titolo continentale. Nella fase finale giocata a Cipro nel maggio ’92 dopo le vittorie contro Jugoslavia (4-0, a segno Pirri) e Danimarca (2-0, Morfeo a rete) e la sconfitta contro la Finlandia (1-2), in semifinale i sogni azzurri s’infrangono ai rigori contro la Germania: dopo 11 reti dal dischetto il penalty fatale tocca a Morfeo. Il romano, il marsicano e il cremonese si ritroveranno poi un anno e mezzo dopo nella rappresentativa Juniores (o Under 18). Spesso si cambiavano i numeri di maglia. Di solito Pirri – che era il capitano - aveva il 7 o l’11, Totti l’8 e Morfeo il 9 o l’11. Il mitico numero 10 che in qualche modo avrebbe scandito la carriera dei tre (ma soprattutto quella del Pupone) era spesso e volentieri sulle spalle di un altro ’76 dalla classe cristallina, il bergamasco Tomas Locatelli. Ancora più breve il cammino di quella Nazionale, affidata sempre al santone dal cuore granata Vatta: fuori nel doppio confronto degli ottavi di finale con la Russia (vittoriosa 2-0 a Mosca e 1-0 a Bergamo). Siamo nell’aprile del ’94. Nel frattempo Totti frequenta già da tempo il palcoscenico della Serie A con la Roma, Morfeo in A ha già segnato i suoi primi gol e Pirri è nel giro della prima squadra della Cremonese allenata da Gigi Simoni.
Flashback in tinta grigiorossa. Il rendimento nelle giovanili della Cremo è altissimo e gli vale nell’estate del ’93 la convocazione per il ritiro estivo a Cavareno, in Trentino. In realtà un altro Pirri, il fratello Josè, centrocampista classe ’73, si era già affacciato alle porte della prima squadra della Cremonese collezionando due panchine in A nella stagione 1991-92. Poi però Josè viene ceduto in prestito alla Centese (in C2) e Gigi Simoni punta forte sul Pirri jr, Alessio. Il più giovane per distacco dei 24 convocati, due anni in meno di Vanni Pessotto (classe ’74, fratello minore del più noto Gianluca). Nel maggio ’94 la Juventus “prenota” il suo cartellino per una carriera che promette grandi cose. L’esordio in Serie A viene però rinviato alla stagione successiva, quando nel frattempo è tornato alla base anche Josè, alias Pirri I come da almanacco Panini. E’ Pirri II però a cominciare l’annata 1994-95 alla grande: esordio in A il 18 settembre ’94 a Firenze al 65’ al posto dello sloveno Florijancic, tre giorni dopo primo gol “da grande”. Succede a Lecce in Coppa Italia: al minuto 57 subentra a Eligio Nicolini e nel secondo tempo supplementare disegna una splendida parabola su punizione che vale il secondo gol cremonese, con il 2-2 finale che qualifica i grigiorossi agli ottavi di finale per la regola dei gol segnati in trasferta a parità di differenza reti. Tra la fine del ’94 e l’inizio del ’95 Alessio Pirri dà il meglio e conquista titoli sui giornali e servizi in tv. Contro il Milan (25 settembre ’94) Simoni lo butta dentro a inizio ripresa tra la sorpresa generale al posto del difensore Dall’Igna. Il Milan è in 10 uomini per l’espulsione di Panucci e l’allenatore emiliano della Cremo si gioca la carta fantasia per conquistare la vittoria. Missione compiuta. Alessio entra subito benissimo in partita con un dissacrante tunnel ai danni di Franco Baresi che gli costerà una “cazziata” da parte dell’infuriato capitano rossonero. Poi al 15esimo finta e controfinta ai danni di Donadoni, cross calibrato al centro per la testa di Gigi Gualco che batte Sebastiano Rossi per il gol vincente ai danni dei campioni d’Europa in carica allenati da Fabio Capello. La settimana successiva, sempre allo Zini, ecco il primo gol in A: anche qui con la maglia numero 16 (entrato a inizio della ripresa al posto di Davide Lucarelli), gol di rapina da centravanti vero su assist di Enrico Chiesa nella sconfitta (1-3) della Cremonese contro il Foggia di Catuzzi. Saranno tre in totale le reti di Alessio nel suo primo torneo di A: dopo quello al Foggia arrivano il gol (destro comodo da distanza ravvicinata su assist di Tentoni) che apre il 3-0 sul Torino e quindi il rigore segnato in casa del Padova (fallo su Chiesa). E rimarranno, ahilui, anche gli unici. In tempi di numerazione tradizionale (solo nella stagione successiva le maglie sarebbero state personalizzate) Simoni gli consegna di frequente la numero 10 ma nella seconda parte del torneo Alessio è più spesso in panchina che in campo. A fine campionato la Cremonese conquista la salvezza e la metà del cartellino di Alessio passa alla Juventus in cambio del coetaneo Enrico Fantini, attaccante della Primavera bianconera. Dopo il ritiro precampionato con la Cremonese a Spiazzo, a fine agosto Pirri passa in prestito alla Salernitana, in B. Decisione condivisa da Juve e Cremonese che decidono di mandare il ragazzo a “farsi le ossa”.
In granata Pirri rimarrà poco più di due stagioni e saranno quelle contraddistinte dal rendimento più continuo. Nel 1995-96, con Franco Colomba in panchina, 34 le presenze (28 dal primo minuto) e 7 i gol: splendidi quelli realizzati al Brescia nel 5-0 dell’Arechi (stop al volo e diagonale sinistro all’angolino) e ad Ancona (strepitosa punizione mancina all’incrocio dei pali). La Salernitana arriva quinta, a soli tre punti dalla Serie A (quarta e ultima promossa la Reggiana). Nel 1996-97 le premesse sono ottime: segna in amichevole un gran gol al Napoli in uno stadio Arechi esaurito, poi però in campionato le presenze scendono leggermente (32) come anche le gare cominciate dal primo minuto (21) e cala anche il numero dei gol (3): un rigore al Foggia nella prima giornata, una fantastica mezza rovesciata all’Empoli e un altro penalty al Palermo. Si tratta, per la Salernitana, di un campionato più tormentato: in panchina a metà del cammino Colomba è sostituito da Varrella e alla fine arriva una risicata salvezza.
Nell’estate ’97 torna a Salerno quel Delio Rossi protagonista qualche anno prima del ritorno in B dei granata e di un successivo esaltante quinto posto con tanto di A sfiorata. La promozione arriverà puntuale alla fine di quel campionato ma per Pirri non sarà una stagione trionfale, tutt’altro. Il feeling con Delio Rossi non sboccia, anzi. Il credo tattico di Rossi è il 4-3-3, nel suo modulo il trequartista non è previsto. “O giochi a centrocampo o fai l’attaccante esterno”, il diktat del tecnico. Per Alessio ci sono solo panchine e spezzoni di partite tra Coppa Italia e campionato. Il suo apporto alla conquista della Serie A si ridurrà a una misera presenza (26 minuti al posto di Ricchetti in Salernitana-Reggiana 4-0 a risultato ampiamente acquisito).
A ottobre passa alla Reggina (su richiesta di Colomba: 8 presenze) e a gennaio ’98 aggiunge una vocale e si trasferisce alla Reggiana (su richiesta di Varrella: 17 presenze e 4 reti). Tre allenatori (Rossi, Colomba e Varrella) e tre numeri di maglia diversi (il 27, il 24 e il 40) per un’annata nel complesso da dimenticare. Finiti i vari si prestiti, Pirri torna senza entusiasmo alla base. Il 22 luglio del ’98 parte alla volta di Alberè di Trento per il ritiro della Salernitana neopromossa in A. Non rientra ovviamente nei piani di Delio Rossi e la società cerca per lui acquirenti. Ternana e gli inglesi del Middlesbrough fanno avances ai suoi procuratori Pasquale Gallo e Alessandro Moggi, alla fine – siamo a settembre – si chiude l’affare con il Genoa che cede alla Salernitana l’attaccante Federico Giampaolo (fratello minore di quel Marco diventato poi tecnico affermato) in cambio appunto di Pirri e del centravanti croato Vukoja. Quando Alessio arriva sotto la Lanterna la situazione nel Grifone è piuttosto confusa: il presidente Massimo Mauro (l’ex calciatore di Catanzaro, Udinese, Juve e Napoli) ha appena licenziato Bepi Pillon e assunto Gigi Cagni. Numero 20 sulle spalle, numeri genoani così così: 19 presenze e 2 gol (uno al San Paolo contro un Napoli vittorioso alla fine 2-1), qualche bella giocata e qualche rigore procurato. Tanto da guadagnarsi la riconferma per l’anno successivo.
Ma nell’estate 1999 nella Genova rossoblù arriva… Delio Rossi. Dopo un avvio incoraggiante in Coppa Italia (con tanto di doppietta su rigore al Monza) arrivano con il tecnico romagnolo le solite panchine e le solite mancate convocazioni. Così a gennaio del nuovo anno-secolo-millennio ecco il trasferimento al Savoia. Poca fortuna a Torre Annunziata: i bianchi retrocedono in C1, per Pirri 16 partite e 2 reti ma un bel po’ di assist confezionati per il centravanti Ghirardello che chiuderà il torneo con 16 centri all’attivo. Sarà, la stagione 1999-2000, l’ultima di Alessio nei calcio dei “grandi”.
Dall’estate del 2000 fino al termine della carriera ci sarà per lui solo tanta C: Reggiana (un ritorno), Padova, Spal (la parentesi più lunga e proficua: 4 stagioni, tre in C1 e una in C2, con 8 gol e qualche sprazzo di qualità che fa innamorare i tifosi del Paolo Mazza) prima di chiudere nel vicentino, a Bassano, con due campionati di C2 sotto la guida dell’offensivista Ezio Glerean in un centrocampo tutto mancino e di qualità in coppia con il lecchese Achille Mazzoleni.
Una volta chiuso con il calcio, Alessio è diventato… industriale di grido. Con i fratelli Josè (l’ex calciatore) e Alfredo gestisce la Sistemi srl, azienda specializzata in lavorazioni meccaniche di alta precisione. Un po’ com’era… il suo sinistro.
ALESSIO PIRRI 1976
Serie A: 16 presenze, 3 reti
Serie B: 129 presenze, 18 reti