La Wada torna a pronunciarsi su Alex Schwazer e allontana nuovamente l'ipotesi di una manipolazione delle provette in merito alla seconda positività al doping del marciatore altoatesino: "L'Agenzia mondiale antidoping prende atto dei risultati di ulteriori indagini svolte nell'ambito del caso Schwazer, che confermano che il campione prelevato il 1° gennaio 2016 da World Athletics non è stato sottoposto ad alcuna manipolazione", si legge in una nota ufficiale.
Il 18 febbraio 2021 il Gip del Tribunale di Bolzano aveva disposto l'archiviazione del procedimento penale per "non aver commesso il fatto", ritenendo accertato "con alto grado di credibilità razionale" che i campioni di urina fossero stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta e del suo allenatore, Sandro Donati.
La Wada aveva già contestato le conclusioni a cui era giunto il giudice italiano, parlando di "errori e fraintendimenti" all'interno della sua ordinanza di archiviazione e dicendosi "sconcertata" per la gravità delle accuse.
Ora, l'agenzia rincara la dose: "Il gip Walter Pelino ha affermato che il campione del signor Schwazer era stato probabilmente manipolato e riteneva che la concentrazione di DNA trovata fosse troppo alta per essere fisiologicamente possibile - si legge ancora nel comunicato -. Su richiesta della Wada, il professor Martial Saugy, un medico antidoping dell'Università di Losanna, in Svizzera, ha valutato lo scenario di manipolazione descritto nella decisione del giudice Pelino. Nella sua relazione il professor Saugy dimostra che uno scenario del genere non è assolutamente plausibile e che non è supportato da alcuna evidenza analitica. Inoltre, dalla dichiarazione della Wada dell'aprile 2021, l'Athletics Integrity Unit (Aiu), che dal 2017 ha supervisionato la lotta al doping per conto di World Athletics, ha chiesto all'unità di genetica forense di Losanna, un laboratorio che detiene l'accreditamento Iso nell'analisi del Dna, di condurre uno studio basato sull'analisi delle concentrazioni di Dna su 100 campioni di atleti di resistenza. I risultati dimostrano in modo conclusivo che la concentrazione di Dna misurata nel campione di Schwazer rientra nel normale range fisiologico. In questo studio sono stati identificati diversi valori significativamente più alti, anche dopo anni di conservazione del campione. Circa il 20% dei campioni analizzati aveva concentrazioni di Dna più elevate di quelle di Schwazer. La concentrazione più alta, misurata in un campione conservato per tre anni, era quasi dieci volte superiore alla concentrazione più alta rilevata nel campione di Schwazer. Pertanto, la premessa dello scenario di manipolazione (cioè, concentrazione di Dna fisiologicamente impossibile) è viziata".
"La Wada ha sempre sostenuto che la tesi della manipolazione difesa dal giudice non era compatibile con i fatti, ha dichiarato il direttore generale, Olivier Niggli. I risultati dello studio del Dna, così come l'esame del fascicolo da parte del professor Saugy, corroborano la nostra posizione e invalidano completamente la teoria del giudice Pelino, che si basava su diversi falsi presupposti. Alla luce di questi nuovi rapporti, la Wada e l'Iau hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dettagliata in cui si spiega come la tesi sulla manipolazione non regga al controllo. Lo studio ha coinvolto 85 campioni separati, di cui 15 sono stati analizzati per le fiale A e B", conclude la nota.