L'EDITORIALE DI BRUNO LONGHI

L'editoriale di Bruno Longhi: al gioco delle tre tavolette vince solo l'Inter

Il brutto ko del Napoli e la sterilità del Milan lanciano la volata nerazzurra

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© Getty Images

E’ come il gioco delle tre tavolette. Una vince, le altre no. Vince l’Inter, dimostratasi da scudetto nel primo tempo della gara col Verona. E nei numeri che ne confermano la superiorità nel fare gol e nel non subirne: ha il miglior attacco e la miglior difesa. Ed è ritornata a essere padrona del proprio futuro. Non vince il Milan, nella Torino granata, dove il football è un lontanissimo parente di ciò che è la Premier.

E’ il gioco delle coppie, come nei “mitici” anni Sessanta. Ma già lo si sapeva. La somma degli undici duelli a tutto campo tra Milan e Torino (includiamo pure quello a distanza tra Maignan e Berisha) produce uno sterile 0-0, che al Toro va benissimo ma che in casa rossonera induce a una profonda meditazione: giusto, a questo punto, pensare in grande, un po’ meno se l’attacco va segno solo due volte negli ultimi 360 minuti. Ma se il Milan non vince, il Napoli addirittura perde. Il silenzio surreale del Maradona, interrotto dai piccoli cori della sparuta minoranza della tifoseria viola, le lacrime dei giocatori del azzurri, la gioia di Italiano e dei suoi. I vincitori e i vinti che si confondono in un lungo abbraccio. Mors mea, vita tua. E’ il calcio, che nulla di nuovo aggiunge alla sua storia. Un film già visto che va in scena quando il ricordo dell’indimenticabile Napoli-Fiorentina del 10 Maggio 1987, (partita del primo storico scudetto azzurro), sembra essere di buon auspicio. E invece no. Ecco che sullo stadio riaffiorano i fantasmi di un altro psicodramma, datato 1981, sempre ad aprile e nei dintorni di Pasqua. Quando il Napoli di Rino Marchesi, primo a pari punti con Juventus e Roma (anche allora c’era un trio d’aspiranti allo scudetto) crolla in casa col Perugia, ultimo in classifica, per via di un autogol di Moreno Ferrario al primo minuto. E’ il sogno che muore. Ieri come oggi. Non la speranza, che è l’ultima Dea, alla quale la squadra di Spalletti non può far altro che aggrapparsi perché non è mai finita finché non è finita.

Purtroppo, ancora una volta il Napoli ha toppato. Clamorosamente. E’ ricaduto, come già contro il Milan, quando doveva spiccare il volo. E ancora nel suo stadio, dedicato al Mito, e per la quinta volta in questo campionato. Contro una grande Fiorentina, che l’aveva già buttato fuori dalla Coppa Italia. Ma l’attenuante della forza altrui non regge quando si è nel pieno della bagarre, ed è iniziata la volta finale verso il traguardo. La Viola può guardare con ottimismo a una posizione Uefa anche se le romane non mollano. La Roma vince a fatica contro l’ultima, la Lazio a Genova è travolgente come il suo bomber Immobile. Ha ragione Sarri quando afferma che Ciro fa notizia solo quando non segna. Ma è nella logica delle cose. Se uno è capocannoniere (ed è stato “Scarpa d’oro”) deve sempre dimostrarlo coi gol. Mica con le sostituzioni. Elementare, Watson. Ah, dimenticavo il Sassuolo. Ha ceduto Bogà all’Atalanta. E per dimostrare quanto la società neroverde sia abile nel business, la batte con due gol di Traore. Che già c’era, ma che con la partenza del connazionale può ora dimostrare appieno di essere diventato un altro pezzo pregiato da collezione.

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