L'EDITORIALE DI BRUNO LONGHI

Milan vs Inter: ora non conta più il gioco ma voglia di vincere e... gli episodi

Le rivali per lo scudetto hanno pregi e difetti, a tre giornate dalla fine pesa il desiderio di tagliare il traguardo a braccia alzate

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© Getty Images

A questo punto, quando mancano 270 minuti alla fine del campionato, ritengo sia superfluo addentrarci per l’ennesima volta nella disamina delle peculiarità delle squadre in lotta per lo scudetto. Il Milan è questo, l’Inter pure. Hanno pregi e difetti. La filosofia di gioco non conta più. Conta arrivare primi sulla palla, sentire dentro la voglia di non mollare. Di tagliare il traguardo a braccia alzate. E contano - eccome se contano - al di là degli schemi e della bontà della manovra, gli episodi decisivi.

Il Milan con la Fiorentina avrebbe potuto chiudere la partita con largo anticipo. Invece per vincerla ha dovuto aspettarsi un mezzo regalo da Terracciano (all’82mo minuto), dopo che Maignan era stato superlativo su una terribile incornata di Cabral. L’Inter al contrario si ritrova a inseguire per colpa di una sbadataggine di un portiere. Il suo, Ionut Radu. Capitata a Bologna più o meno allo stesso minuto di San Siro.

Ma tant’è. Il traguardo si avvicina e il Milan è sempre più padrone del proprio futuro.Il vantaggio è invariato, diminuiscono le partite. E non ha alcuna intenzione di rallentare. È la bella espressione di tutto ciò che il mondo rossonero rappresenta. E in cui confluiscono i valori della proprietà, della dirigenza, dell’allenatore, di giocatori che sembrano avere il Diavolo in corpo. Di una tifoseria passionale che sullo zero a zero, quando sembra incombere lo spettro del pareggio, non si rivolge a Leao ma all’Altissimo. Come quel tenero bimbo, inquadrato dalle telelecamere, mentre si fa il segno della croce. L’Inter non molla. Vince a Udine contro una squadra forte. Evidenzia per l’ennesima volta la sua grande abilità nel gioco aereo e nel rendere redditivi i corner. Spreca, come è sua abitudine, sia le occasioni del possibile 3-0 che quella del 3-1 che ne avrebbe azzerato l’agonia dei secondi finali. Ma rimane lì. A sperare.

Tutto invariato nelle prime quattro posizioni. Vincono tutte.E lo 0-0 della Roma contro l'"imbattibile" Bologna garantisce aritmeticamente la Champions sia al Napoli che alla Juventus. La squadra di Spalletti strapazza il Sassuolo con una goleada che anziché soddisfare i tifosi, li fa amaramente meditare su ciò che sarebbe potuto essere e invece non è stato. Quella di Allegri, senza brillare, costringe il Venezia all’ennesima sconfitta, la nona consecutiva. Nella mediocrità del lunch match ci sono spiragli di luce: i due gol di Leonardo Bonucci nel giorno del suo 35mo compleanno, il debutto da titolare del diciottenne Fabio Miretti, e il precisissimo sinistro di Mattia Aramu, un cuore Toro che si esalta, come già all’andata, contro la sua nemica di sempre. Rimanendo in ambito granata, dovrei anche esaltare l’hat-trick di Belotti a Empoli. Non lo faccio. Preferisco ribadire che non ne posso più di rigorini causati da lievissimi e involontari tocchi di mano o di braccio. Si puniscano con il fallo a due o con qualsiasi altra innovazione regolamentare. Ma il rigore, per favore, deve ritornare a essere una cosa seria.

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