Ditegli quello che volete, ma non provate a dirgli che ha fatto un miracolo. E come si fa a dargli torto? La traiettoria di Stefano Pioli alla guida del Milan è tutto fuorché miracolosa: è anzi frutto di lavoro e dedizione, applicazione, idee, attenzione, acume, leadership, misura e convinzione. La convinzione detta e ripetuta, tra orgoglio e un pizzico di stizza, di essere alla guida "di una squadra forte". E il punto è proprio questo: il lavoro di Pioli, alle prese con un gruppo di giovanotti e una manciata di spalle di esperienza (Ibra, Giroud, Kjaer e Florenzi), è stato fatto soprattutto sulla testa. Perché in questo modo si crescono i ragazzi: all'inizio pochi dettami tattici - la certezza, che mancava, di avere giocate automatiche -, quindi piccoli progressivi passi con l'intento principale di alimentare l'auto-convinzione e fare gruppo coinvolgendo tutti, infine l'equilibrio, la sintesi perfetta tra il desiderio di sognare in grande e la necessità di avere i piedi sempre ben piantati per terra. Il suo Milan è tutto qui, nel lavoro quotidiano, nelle parole quasi mai sbagliate - un solo scivolone, sugli arbitri, verso la fine del campionato, ndr - nella sintonia clamorosa e verticale dal punto più alto della piramide, Gazidis, Maldini e Massara in testa, fino alla base della sua costruzione, e, infine, nel senso imponente di appartenenza.
Il giorno X, nonostante quello che lo stesso Pioli va ripetendo da mesi, non è stato quello di Atalanta-Milan 5-0. Il giorno X è preciso, circoscritto, logico e, fortunatamente saggio: 22 luglio 2020. Erano le settimane di Rangnick, della rivoluzione stile Lipsia, dei respiri europeizzanti. Una specie di ossessione indirizzata da una proprietà che ammirava, giustamente, il modello Red Bull, e che voleva provare a replicarlo in casa Milan affidando le chiavi della squadra a Rangnick, appunto, il simbolo di un calcio dato in pasto a giovani che sarebbero diventati risorse.
In quei giorni, sempre senza dire una parola fuori posto, Pioli costruì il suo futuro: vittorie su vittorie, equilibrio, intelligenza, la sensazione sempre netta di avere a che fare con una brava persona prima ancora che con un bravo allenatore. Una persona che aveva conquistato la squadra, un padre mai padrone molto amato ieri come oggi, il leader, insieme a Ibrahimovic, riconosciuto e riconoscibile. Confermarlo sembrava ovvio e invece sembrò allora la scelta più coraggiosa e rivoluzionaria. E oggi, che quella rivoluzione è finita in trionfo, non si può non notare quanto Pioli sia stato centrale e centrato. E quanto sia stato decisivo, nel futuro di quel Milan, il 22 luglio 2020.
Poi certamente c'è dell'altro. Pioli è ed è sempre stato un tecnico preparato, ha messo insieme la miglior media punti tra gli allenatori dell'attuale campionato di Serie A dal post lockdown a oggi, ha costruito una squadra con un impianto tattico preciso ma in grado di variare adattandosi alle avversarie, ha messo sempre l'interesse della squadra davanti alle convinzioni personali (non banale per un allenatore), ha gestito con autorità ma anche complicità campioni importanti, ma anche ingombranti come Ibrahimovic o Giroud o Kjaer, gli uomini che hanno collaborato più attivamente alla costruzione del suo progetto di calcio. Ha, infine, sposato la linea societaria diventando tutt'uno con la dirigenza. E' stato un uomo Milan e sarà un uomo Milan. Senza fare miracoli, che non sono il suo mestiere, ma allenando, allenando bene, allenando meglio degli altri.
I NUMERI DI STEFANO PIOLI
- Numero panchine: 134
- Vittorie, pareggi, sconfitte: 75 vittorie, 34 pareggi, 25 sconfitte
- Media punti (Serie A): 2.06 (mai più di 1.7 in precedenza in carriera, con l’Inter nel 2016/17)
- Miglior striscia positiva (Serie A): 27 partite dal 22 giugno 2020 (4-1 a Lecce) al 3 gennaio 2021 (2-0 a Benevento)
- Miglior striscia di vittorie: 7 partite dal 22 settembre 2021 (2-0 al Venezia) al 31 ottobre 2021 (2-1 a Roma con la Roma)
- Successo più ampio: 7-0 in casa del Torino il 12 maggio 2021
- Sconfitta più pesante: 0-5 in trasferta con l'Atalanta il 22 dicembre 2019
Stefano Pioli ha una media di 2.06 punti a partita nelle 105 panchine con il Milan in Serie A: nella storia del club rossonero, solo Lajos Czeizler dal 1949 al 1952 ha fatto meglio (114 panchine, 2.13 punti a partita).