Il vero Ironman è giapponese: Hiromu Inada, a 84 anni impresa esemplare alle Hawaii

Nel 2015 fuori tempo massimo per 6 secondi: ora ha chiuso in 16 ore e 49 minuti

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Resilienza. Fino a pochi anni fa un termine per "iniziati", preso in prestito dalla metallurgia e adattato al campo della psicologia non solo sportiva. Oggi una parola sulla bocca di molti se non dei più, sopratutto grazie al "boom" degli sport di endurance. Concetto semplice nella sua definizione (prendiamo in prestito, per la sua chiarezza ed essenzialità, quella data da Pietro Trabucchi: "La resilienza psicologica è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino"), splendidamente esemplificato - secondo noi - dalla figura di Hiromu Inada.

Ma chi è Hiromu Inada? E' un atleta giapponese, un triatleta per maggior precisione. E soprattutto è un Ironman, uno di quei "folli" capaci di nuotare per 3.8 chilometri, pedalare per 180 chilometri e correre per 42,195. Solo che Hiromu Inada tutto questo lo ha fatto un mese fa, all'alba dei suoi 84 anni, e lo ha fatto all'Ironman delle Hawaii (il più duro in assoluto). Ma questo, se vogliamo e passateci il quasi paradosso, non è neppure la cosa più "sorprendente".

Sì, perché ciò che più colpisce è la resilienza di un uomo che ha saputo innanzitutto perseguire l'obiettivo nonostante "gli eventi negativi incontrati sul cammino (cit.)". Perché? Perché l'Ironman delle Hawaii Inada lo aveva chiuso in realtà anche nel 2015, con però sei secondi (sei!) di troppo rispetto al limite massimo di 17 ore. E, quindi, niente. Niente medaglia, niente classifica, niente riconoscimento ufficiale.

Regole da rispettare e regole allora caparbiamente rispettate 365 giorni più tardi: le tre fatiche chiuse infatti in 16 ore, 49 minuti e 13 secondi. Il giapponese ha nuotato i 3.8 chilometri nell’Oceano Pacifico in 1 ora, 41 minuti e 54 secondi, i 180 chilometri in bici in 8 ore, 6 minuti e 10 secondi e la maratona, infine, in 6 ore, 34 minuti e 1 secondo.

Finisher, dunque, e recordman. Atleta resiliente. Un esempio. Magari, però, non necessariamente da imitare alla lettera. Come fonte di ispirazione, certamente!

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