Dopo una lunga astinenza da vittorie, l'Italia è tornata al successo in un match ufficiale, ponendo fine a un periodo che durava da ottobre (2-1 al Belgio nella finalina di Nations League). Lo ha fatto contro l'Ungheria nel più giovane dei tornei dell'Uefa per nazioni, dopo aver dovuto fare i conti con i fantasmi della Macedonia del Nord da marzo, essere stata umiliata dall'Argentina e aver iniziato a rialzarsi contro la Germania. Soprattutto lo ha fatto giocando bene, con tecnica e cuore, divertendo e divertendosi con la testa sgombra. Nel momento più buio della sua gestione, il ct Mancini ha avuto il coraggio di cambiare. Iniziare a mettere da parte il trionfo inglese e i suoi senatori (o almeno una parte di essi) per provare a costruire qualcosa di nuovo. Senza buttare quello che di buono era rimasto, ma chiudendo le porte alla riconoscenza.
Così ha fissato alcuni paletti, anzi, alcune fondamenta, su cui costruire la nuova Italia. A partire da "capitan" Gigio Donnarumma, che avrebbe potuto alzare bandiera bianca dopo l'infortunio alla mano e invece ha voluto esserci anche al termine di una stagione per lui davvero stressante a Parigi. Per poi proseguire con l'insospettabile Leonardo Spinazzola, alla prima da titolare dopo il grave infortunio che ne aveva interrotto il sogno europeo sul più bello e subito capace di trascinare. E soprattutto ha affidato il ruolo di leader caratteriale del centrocampo a Nicolò Barella. Senza avere l'esperienza internazionale di Verratti e Jorginho, l''interista sta continuando la sua crescita esponenziale da due anni a questa parte.
E se l'attacco deve ancora definire i suoi contorni, ci pensano i suoi gol a fare la differenza. Non a caso è il miglior marcatore della Nazionale dell'era Mancini insieme a Belotti e Immobile a quota 8 reti. Adesso bisogna trovare l'assetto giusto per il reparto offensivo, l'unico dove i dubbi sono più delle certezze. Almeno per quanto riguarda i "bomber", i "9" da area di rigore, visto che da Chiesa a Zaniolo, da Berardi a Insigne, le alternative di alto livello non mancavano e non mancano quando si parla di esterni offensivi o trequartisti.
Intanto, però, i vari Bastoni, Pellegrini, Tonali e Raspadori, stanno ritagliandosi lo spazio necessario, perché tra poco saranno loro a doversi sobbarcare l'eredità di chi ha fatto la storia del calcio tricolore. Il tempo delle belle speranze (e dei rimpianti per quello che poteva essere e invece non è stato) è finito, ora deve iniziare quello delle certezze.