In una MotoGP sempre più sofisticata, nella quale ogni minima sfumatura di motore, telaio, gomme, elettronica e temperatura dell’asfalto può determinare la prestazione, per vincere bisogna buttare sulla pista ogni briciola di cognizione, con il pilota che diventa il terminale di un lavoro pazzesco fatto dagli ingegneri (compresi quelli che lavorano a casa) e da tutti i tecnici.
In questo c’erano pochi dubbi sulle capacità di Andrea Dovizioso, uno degli “analisti” più precisi che ci siano. Il terzo trionfo stagionale il Dovi lo ha costruito usando tutte le armi a disposizione, selezionandole volta per volta. Nella prima parte di gara, a parte un paio di affondi per stare là dove contava, è stato un fiorettista, studiando le successive mosse con una gestione perfetta della gomma posteriore morbida che il più delle volte nel finale di gara non ce la fa più.
Stavolta Andrea il calcolo lo ha fatto alla perfezione, sapendo di dover fare i conti con uno dei mastini, anzi, con il mastino più pericoloso. Un testa a testa con Marc Marquez per la vittoria esige per forza la…forza, e lasciato perdere il fioretto Dovi si è messo in spalla un bel bazooka, per ribattere a dovere. In effetti, all’ultima staccata, sono tornati buoni calcolo e furbizia, con l’incrocio magico che ha condannato il 93 alla sconfitta, mentre Andrea si lasciava andare ad un gesto per lui plateale, una specie di "Ma va là…". È questo il segno di un pacchetto pilota-moto-squadra ottimo, imbattibile al Red Bull Ring, ma pur sempre migliorabile su altri tracciati meno favorevoli, perché qui ormai si ragiona di lotta per il titolo fino alla fine.
MotoGp, il commento: Dovizioso, prima il fioretto poi il bazooka
Gara perfetta del pilota Ducati, capace di gestire le varie fasi alla perfezione
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