Trentacinque anni fa, 29 giugno 1987, si concludeva il Mundialito 1987, terza edizione dello spettacolare torneo estivo creato – ad uso televisivo - da Silvio Berlusconi sei anni prima. Nel 1981 vinse l’Inter, con Evaristo Beccalossi miglior giocatore della manifestazione e con la chicca della breve (e dimenticabile) esperienza di Johan Cruyff in maglia Milan. Nell’83 trionfo Juve con Michel Platini – ça va sans dire – stella incoronata del torneo e licenziamento in tronco di Rino Marchesi da parte del presidente interista Fraizzoli per consegnare la panchina nerazzurra a Gigi Radice.
Quella dell’87 non è un’edizione banale. Perché, sia pur non trattandosi di una competizione ufficiale, quella coppa sarà la prima dell’era Berlusconi a essere messa in bacheca nell’allora sede milanista di via Turati. Poi di trofei – tra Italia, Europa e Mondo – ne arriveranno altri 29 per incoronare Re Silvio come il più vincente tra i presidenti. Ma torniamo a quel Mundialito ’87. San Siro ha ancora due anelli, si riempie di passione e di spettatori a più di un mese dall’epilogo di un campionato che vede per la prima volta il Napoli cucirsi sul petto lo scudetto e a pochi giorni dalla Coppa Italia che Maradona e compagni conquistano a Bergamo.
A differenza che nelle due prime edizioni, vi prendono parte soltanto squadre europee. C’è il Porto fresco campione d’Europa che mette in vetrina gli autori dei gol del 2-1 in finale di Coppa Campioni contro il Bayern Monaco (Madjer il “Tacco di Allah” e Juary, l’ex di Avellino, Inter e Ascoli), il 21enne talento Futre e il promettente centravanti brasiliano Casagrande... C’è il Barcellona ancora alla caccia della prima Coppa Campioni ma comunque finalista (e sconfitto ai rigori dalla Steaua) nell’86: Lineker, Zubizarreta, Julio Alberto, Calderè e Hughes sono i “pezzi forti” dello squadrone blaugrana. C’è un Psg non ancora “sceiccato” ma comunque con ottime individualità come il portiere Joel Bats e l’attaccante Safet Susic. E poi c’è l’Inter reduce da un discreto terzo posto nella prima stagione di Trapattoni sulla panchina nerazzurra e con un tris di campioni del mondo come Altobelli, Tardelli e Passarella. Il Milan è diretto in panchina da Fabio Capello che un paio di mesi prima aveva debuttato da allenatore dei “grandi” sostituendo Nils Liedholm e portando la squadra in Coppa Uefa dopo la vittoria nello spareggio di Torino contro la Sampdoria.
Arrigo Sacchi (spettatore interessato in tribuna) è già stato designato tecnico per la stagione successiva. Così come sono già decisi, in quel giugno del 1987, i nomi dei due nuovi stranieri: i “tulipani” Ruud Gullit e Marco Van Basten. L’acquisto del Cigno di Utrecht dall’Ajax viene chiuso a febbraio con il versamento di 1 miliardo e 800 milioni di lire di indennizzo Uefa. Gullit viene acquistato ufficialmente il 22 marzo dal Psv Eindhoven sottraendolo alla Juventus per una decina di miliardi. In realtà al Mundialito il Milan schiererà altri tre stranieri: un inglese, un olandese e un argentino. Sono Ray Wilkins, 30 anni, centrocampista ormai sul piede di partenza dopo tre dignitose stagioni in rossonero; Frank Rijkaard, 24 anni, difensore-centrocampista in prestito dall’Ajax; Claudio Borghi, 22 anni, centravanti arretrato, primo straniero dell’era Berlusconi che il Presidente “soffia” alla Juventus dell’Avvocato Agnelli dopo la fantasmagorica prestazione di Tokyo nella finale Intercontinentale del dicembre 1985 tra Juve e Argentinos Juniors. Il suo passaggio al Milan era già stato formalizzato nella primavera ’86, poco prima dell’inizio del Mondiale che l’Argentina vincerà in Messico.
A parte l’avvicendamento in porta tra Nuciari e Giovanni Galli, il Diavolo si presenta praticamente al gran completo. E proprio Rijkaard, opzionato per la stagione successiva, e soprattutto Borghi, già sotto contratto e dirottato poi in prestito al Como nel campionato 1987-88, saranno le stelle di quel Milan versione Mundialito con il talentuoso sudamericano che vincerà il premio come Mvp del torneo.
Contro il Porto re d’Europa il Milan saggia il suo spessore internazionale: un rigore che Donadoni si procura dopo illuminante lancio di Borghi e che Virdis trasforma dal dischetto e un diagonale di destro dell’argentino suggellano il 2-0 su un Porto dove il giovane Futre strappa applausi a scena aperta. Contro il Paris Saint Germain è ancora Borghi a dare spettacolo: regala “rabone” e giocate di qualità e a cinque minuti dalla fine ispira il gol di Massaro per l’1-0 finale. Tanti calci e poco calcio nel derby, con l’Inter che perde i suoi pezzi pregiati e il Milan che deve fare a meno di Rijkaard per un contenzioso con la Federcalcio olandese. Sessantamila gli spettatori sugli spalti, 0-0 il risultato finale. Borghi assaggia le rudezze del calcio italiano e, stretto nella morsa Baresi (Beppe)-Passarella, deve abbandonare il campo infortunato. Basta un pari ai rossoneri nell’ultima sfida del torneo, quella contro il Barcellona. Ma la squadra di Capello vuole vincere e ci riesce sciorinando anche grande calcio. Borghi imbecca Virdis che si procura un penalty che poi trasforma. Sempre l’argentino regala tre assist al bacio a Wilkins, al suo passo d’addio, ma il gol non è nelle corde dell’inglese che avrebbe voluto salutare con una firma importante il suo pubblico. Finisce 1-0, finisce con il trionfo del Milan.
Quelle contro Psg e Barcellona sono anche le prime partite internazionali di Alessandro Costacurta, uno che qualcosa avrebbe poi vinto in giro per l’Europa e per il mondo… E il Mundialito è anche il debutto in campo internazionale del Capello allenatore. Che proprio contro il Barcellona, sette anni dopo, salirà sul tetto d’Europa ad Atene umiliando lo squadrone guidato in panchina da Cruyff.
Il talento e la fantasia di Borghi, pupillo e primo acquisto della presidenza Berlusconi, non conquisteranno mai fino in fondo Sacchi. Mentre il tecnico di Fusignano si avvia a vivere la sua prima annata milanista culminata con il rocambolesco scudetto con rimonta finale sul Napoli, Borghi in prestito al Como viene messo ai margini da due allenatori non propriamente amanti del calcio offensivo: Aldo Agroppi prima e Tarcisio Burgnich poi. Viene quindi richiamato alla base rossonera dal presidente nel febbraio ’88, alla fine del girone di andata, per allenarsi a Milanello con quelli che sarebbero stati i suoi futuri compagni. Nonostante ottime prestazioni nelle amichevoli post scudetto (memorabile la doppietta a Old Trafford contro il Manchester United), le strade di Borghi e del Milan si divideranno per sempre. Sacchi si impunta e pretende da Berlusconi l’arrivo di Rijkaard. Nella festosa e piovosa sera del 19 maggio dell’88, con gol in un San Siro esaurito nel 2-1 amichevole contro il Real Madrid, cala il sipario sul Borghi rossonero. A meno di un anno da quel vittorioso Mundialito. Primo trofeo di una lunga serie del presidente Berlusconi, unico sorriso dell’effimera permanenza al Milan di Claudio Borghi.