Sono passati 50 anni da quella che è passata alle cronache come la strage di Monaco di Baviera, quando per la prima volta il terrorismo sconvolse per sempre le Olimpiadi. Erano le 4.30 del 5 settembre 1972 quando otto guerriglieri palestinesi appartenenti all’organizzazione Settembre Nero entrarono nella palazzina del villaggio olimpico che ospitava gli atleti israeliani. I terroristi uccisero subito due israeliani e ne presero in ostaggio nove. Circa 20 ore dopo, il sequestro si sarebbe concluso con la morte di tutti gli atleti e di un poliziotto tedesco. Morirono anche cinque terroristi palestinesi.
Il commando chiese la liberazione incondizionata di 234 ‘fedayn’ palestinesi, di due terroristi tedeschi e pretese anche due elicotteri, e una volta ottenuti, saliti tutti a bordo, rapitori e ostaggi raggiunsero il vicino scalo di Furstenfeldbruck. Da qui il terroristi credevano di poter raggiungere facilmente l’Egitto, ma non avevano fatto i conti con le forze di sicurezza della Baviera, che intervennero. Fallito il loro tentativo di salvataggio in extremis, si aprì un conflitto a fuoco: nella sparatoria rimasero uccisi cinque rapitori palestinesi e gli ostaggi israeliani. Questi i loro nomi: Moshe Weinberg, Yossef Romano, Ze’ev Friedman, David Berger, Yakov Springer, Eliezer Halfin, Yossef Gutfreund, Kehat Shorr, Mark Slavin, Andre Spitzer, Amitzur Shapira.
Per la Germania, i Giochi di Monaco erano un'ottima opportunità per correggere l'immagine dei Giochi Olimpici di Berlino del 1936, svoltisi all'ombra del regime nazista razzista e violento di Adolf Hitler. Per 50 anni, le famiglie degli undici atleti uccisi hanno chiesto che i governi tedeschi si assumessero la responsabilità della loro incompetenza e dei loro fallimenti. Hanno anche chiesto la pubblicazione dei documenti secretati e la descrizione dettagliata dell’accaduto per una piena trasparenza, nonché pubbliche scuse e un adeguato risarcimento, ma tutte le richieste di queste famiglie sono state respinte e accolte con indifferenza. Solo negli ultimi mesi, dopo nuove forti pressioni delle famiglie e dei media tedeschi e israeliani, l'atteggiamento tedesco è cambiato.