Sinisa Mihajlovic racconta la sua versione dei fatti dopo il licenziamento da parte del Bologna, il tecnico serbo lo fa con una lettera pubblicata su La Gazzetta dello Sport e indirizzata a città, tifosi e società: "Non sono un ipocrita, accetto l'esonero ma non lo capisco. In tre anni e mezzo abbiamo raggiunto - nonostante tutto - sempre salvezze tranquille cercando di fare un calcio propositivo e offensivo, lanciando giovani e permettendo al club di guadagnare col mercato in uscita come dimostrano le ultime sessioni. Potevo fare meglio, forse, ma ho dato tutto me stesso e guardo tutti a testa alta senza rimproverarmi nulla".
Mihajlovic poi sembra voler mettere a tacere le malelingue che spiegano l'esonero puntando il dito verso le sue condizioni fisiche: "Sono buone e in costante miglioramento. Non sto più curandomi, solo controlli salutari e ho seguito tutti gli allenamenti a Casteldebole queste settimane, non sono mai mancato un giorno e nulla mi impedisce di lavorare e di andare in panchina".
Inevitabile poi parlare del rapporto con Bologna nei momenti difficili della leucemia: "La mia avventura qui non è stata solo calcio. È stata un’unione di anime, un camminare insieme dentro un tunnel buio per rivedere la luce. Ho sentito la stima per l’allenatore e quella per l’uomo. Salutare tifosi, giocatori, società, città per dire addio è una cosa normale nel calcio, nulla è eterno ma stavolta il sapore che mi lascia il mio voltarmi indietro un’ultima volta è più triste".
Infine, un grande grazie: "Ai tifosi, alla società (anche se Sinisa specifica "con qualche mia lecita esclusione", per esempio non menziona il responsabile dell'area tecnica Sartori e il ds Di Vaio), al settore medico, al mio staff, ai miei giocatori e all'ospedale Sant'Orsola".