Giovanni Galeone è un modello e una guida per tanti allenatori. Soprattutto per Massimiliano Allegri, con cui ha da sempre un rapporto speciale di amicizia e stima. Un legame che sulle pagine de "Il Mattino" lo porta ad analizzare con grande lucidità il momento di difficoltà che sta affrontando il tecnico bianconero. "La Juve è messa malissimo, pure più dell'Inter dove Inzaghi con quei cambi a Udine ha mandato segnali devastanti - ha spiegato Galeone -. Ma Max non deve muoversi da lì: gli allenatori sono lì per risolverli i problemi, non mi pare che sia lui il problema". "Ho sentito Arrivabene, dice che il progetto è di 4 anni... bel progetto: è così lungo e si mandano via tutti i più giovani per prendere calciatori trentenni? - ha aggiunto puntando il dito contro la dirigenza -. Non so se Allegri riuscirà a uscirne. Lo scudetto è una chimera: arrivi quarto a una decina di punti di distanza dal Milan, come pensi di colmare le distanze con una sola sessione di mercato?".
Quanto invece all'exploit del Napoli, Galeone ha le idee chiare sulla genesi dei successi azzurri in questa stagione e sulla centralità di Spalletti nel progetto di De Laurentiis. "È un Napoli modernissimo, avrà anche in panchina un allenatore sessantenne ma ce ne fossero di giovani con la creatività e la voglia di mettersi in discussione di Luciano Spalletti - ha spiegato -. Uno che continua ancora a carpire e a modellare e non si è ancora stancato di farlo".
"Ricordo le lezioni di Sacchi e la sua storiella dello spartito - ha proseguito Galeone -. È vero, ha ragione, è importante, ma poi mica puoi mettere a suonare uno che fa il pianobar e pensare di strappare un'ovazione". "Se hai un pianista nella tua orchestra come Pollini o Rahmanovic cambia tutto - ha continuato, esaltando i giocatori a disposizione di Spalletti -. E mi pare che il Napoli ne abbia di simili e sono Kvaratskhelia e Osimhen". "Ecco il successo di Luciano è legato al fatto che lui non si è mai affezionato a un sistema di gioco e che insiste per esaltare le qualità individuali: è uno che ha fatto una gavetta lunghissima, doveva pure prendere il mio posto a Pescara e in base a quello che ha lui si adatta", ha proseguito. "Ci sono stati anni di calciatori costruiti in batteria, ma Spalletti mette la tecnica al centro del suo progetto. Gli piace e fa bene - ha aggiunto -. L'essenza del calcio è nel non avere chissà quali dogmi e l'evoluzione deve avvenire partita dopo partita, in base a quello che ogni calciatore sa fare. Proprio come sta facendo questo Napoli".
"L'anno scorso il Napoli ha duellato a perdifiato e senza la Coppa d'Africa, io non so come sarebbe andata a finire - ha continuato Galeone analizzando l'ultima stagione degli azzurri e volgendo poi lo sguardo al futuro -. Ci è mancato davvero poco perché non vincesse il titolo: ha una base solida, un gruppo con una mentalità importante e ha indovinato il mercato. C'è Kim è mi pare un vero portento. E poi ha Spalletti che ha già capito ogni cosa di Napoli". Poi ancora grandi complimenti per il lavoro di Luciano: "Il calcio non è uguale in tutte le città, anzi è profondamente differente. E diventando grandi queste sono cose che si capiscono di più. Lui mena e accarezza, in maniera autentica. E ha compreso che in questa città basta essere se stessi, non fare l'attore, non recitare alcuna parte e tutto è più semplice. Napoli ti conquista e ti entra dentro, senza fare nulla di speciale. A me, in certi momenti, sembra un vero napoletano".
"Le nuove generazioni di allenatori devono imparare che l'essenza del calcio è nell'esaltazione della bellezza del talento. Ovviamente circondandola con le linee di un disegno preciso - ha concluso Galeone -. Come fa Spalletti: ci sono Lobotka e Anguissa che sono i registi in campo del pensiero di Luciano. A 63 anni è arrivato il momento per lui di vincere lo scudetto. Se lo merita".