Il Napoli riempie gli occhi di chi lo guarda ma non è solo un bellissimo spettacolo. I numeri parlano da soli: su 17 partite stagionali il bilancio è di 15 vittorie e 2 pareggi con 50 gol fatti e 13 subiti. Spalletti si gode il meccanismo che ha creato dopo un'estate in cui in tanti prevedevano tempi duri per una squadra che aveva perso Koulibaly, Mertens, Insigne e Fabian Ruiz. L'allenatore ci ha messo tanto di suo dopo il mercato geniale della coppia Giuntoli-De Laurentiis.
Si dice che gli azzurri giochino a memoria. In realtà c'è poco di codificato. C'è soprattutto la capacità dei giocatori, allenati a riconoscere le situazioni durante la settimana, di liberare e occupare gli spazi secondo principi ormai interiorizzati dal gruppo. Kvaratskhelia, per esempio, parte da sinistra ma si muove nelle zone di campo che ritiene più congeniali al momento. Contro il Sassuolo era in piena area in occasione del primo gol e ha attaccato in verticale una porzione di campo libera da avversari nel secondo. Raspadori fa più o meno la stessa cosa quando parte da sinistra e diventa invece un falso nueve con il compito di fare da raccordo con il centrocampo quando agisce in mezzo.
Spalletti lo ha detto in occasione della partita contro i Rangers Glasgow: a parte Simeone (l'unico che in effetti ha caratteristiche così peculiari da non poter essere spostato dal ruolo classico di centravanti) tutto il resto della squadra non ha ruoli fissi ma deve muoversi valutando lo spazio. Uno spazio da trovare non tra i reparti avversari ma tra i giocatori. Ecco perché Mario Rui diventa rifinitore in posizione centrale, Di Lorenzo attacca la profondità, Anguissa fa l'incursore e Zielinski l'intermedio o la mezzapunta. Questo per quanto riguarda la fase offensiva. In quella difensiva grande importanza ha la riaggressione. Una volta persa palla il Napoli va subito in pressione per il recupero immediato. Un meccanismo quasi perfetto che, al momento, non ha trovato avversari in grado di bloccarlo.