CICLISMO

Ciclismo, Colbrelli si ritira: "Togliere il defibrillatore? La vita è troppo preziosa"

Il 32enne corridore: "I miei figli guardano la mia foto alla Roubaix coperto di fango, per loro sono un supereroe"

Sonny Colbrelli, attraverso il suo team Bahrain Victorious, ha ufficializzato il ritiro dall’attività agonistica. Il 32enne corridore lascia all’apice della carriera, dopo che a marzo gli era impiantato un defibrillatore sottocutaneo che interviene in caso di aritmia in seguito all'arresto cardiaco nella prima tappa della Volta Catalunya in Spagna. "Sì, ho pensato di togliere il defibrillatore per poter provare a tornare a correre. Ma sarebbe stato un rischio troppo grande - ha scritto Colbrelli - . Ho sempre sperato di tornare a fare il corridore, abbiamo parlato anche con il medico del calciatore Eriksen, che è tornato a giocare. Ma il calcio non è il ciclismo, si gioca in uno spazio in cui in caso di emergenza ci sono i medici che intervengono. Il ciclismo si corre sulle strade, ti trovi spesso da solo per ore. Quel defibrillatore è un salvavita per me, toglierlo sarebbe stato un rischio troppo alto, e non posso permettermelo".

IL COMUNICATO DI COLBRELLI
"Un anno fa, in questo periodo - le sue parole - ho trascorso le mie giornate a celebrare la vittoria più importante della mia carriera, la Parigi-Roubaix. Non avrei mai pensato di ritrovarmi un anno dopo ad affrontare uno dei momenti più difficili che la vita mi ha messo di fronte. Ma è la mia vita di cui voglio essere grato, una vita che ho rischiato di perdere e che mi ha dato una seconda possibilità. Quella di essere qui oggi, per ricordare che sono uscito dall'Inferno del Nord da vincitore, e l'ho fatto in un modo leggendario, che rimarrà nella storia e che potrò continuare a raccontare ai miei figli. È a loro, alla mia famiglia e a tutte le persone a me più vicine che devo questa mia nuova vita. Da loro traggo la forza per accettare questo momento della mia carriera sportiva che mi vede qui oggi per rinunciare a poter aggiungere al mio Palmares una vittoria in un Grand Tour o nelle Fiandre, un sogno di una vita. Dopo quanto successo in Catalunya, la speranza di poter continuare a essere un ciclista professionista non mi ha mai abbandonato, seppur minima. Sapevo che la via del ritorno sarebbe stata difficile con un defibrillatore. In Italia non è consentito dalla legge. Con il supporto dello staff medico della squadra, diretto dal dottor Zaccaria, non mi sono arreso comunque. Ho ripreso a pedalare sotto stretto controllo medico e ho subito diverse visite e consulenze con specialisti del settore. Tra questi, il direttore della Clinica Universitaria di Padova, Prof. Corrado, che ha seguito l'impianto del defibrillatore. E una valutazione è stata fatta anche da chi ha seguito casi simili, come il calciatore Christian Eriksen, che, come me, ha il defibrillatore e ha ripreso la sua carriera professionale. Ma il ciclismo non è calcio. È uno sport diverso; guidi per le strade. Non si gioca su un campo da calcio, dove, in caso di necessità, gli interventi dell'equipe medica possono essere tempestivi. Le loro attività di allenamento si svolgono in un'area circoscritta, mentre nel caso di un ciclista ti ritrovi spesso solo per ore su strade poco trafficate. Proprio questo è ciò che rende più complicato intraprendere un'altra strada per poter nuovamente competere. Rimuovere il defibrillatore. Ammetto di averlo considerato. Ma come accennato, il ciclismo è diverso dal calcio. Per i motivi citati, ma soprattutto, anche per l'intensità dello sforzo. Ma prima di tutto rimuovere il defibrillatore è contro la pratica medica e significa rimuovere un salvavita necessario come prevenzione secondaria. Un rischio troppo alto. Un rischio che non posso permettermi di correre. Per me, per l’opportunità che la vita, Dio in cui credo, mi ha dato. Per Adelina, per Vittoria e per Tomaso. Per i miei genitori". 

Colbrelli ha annunciato che rimarrà nel mondo delle corse. "Dico addio al ciclismo e provo a farlo con il sorriso per il bene che mi ha dato, anche se dire addio dopo una stagione come l'anno scorso fa male. È stata la cosa migliore della mia carriera. Ho imparato cosa offre la vita e cosa ci vuole la vita. Ma restituisce anche in una forma diversa. Sono pronto a continuare a cercare di essere un campione, come sulla moto. Rimarrò nel ciclismo con il Bahrain Victorious, che mi è stato vicino come una seconda famiglia e mi accompagnerà in questo periodo di transizione da pilota a un nuovo ruolo che si evolverà quotidianamente. Sarò un ambasciatore per i nostri partner, lavorerò a stretto contatto con il gruppo delle prestazioni e condividerò la mia esperienza con i miei compagni di squadra", rimarcando che "sono stato felice di vedere come i bambini mi hanno preso come modello negli ultimi mesi. Forse, mi dico, perché l'uomo coperto di fango sembra un po' un supereroe. Per loro vorrei fare qualcosa prima o poi. Nel frattempo avrò anche l'opportunità di essere un riferimento per il Team Bahrain Victorious e le squadre di sviluppo: Cycling Team Friuli e Cannibal U19. Nuove sfide mi aspettano e con coraggio mi preparo ad affrontarle. Voglio farlo con il sorriso sulle labbra. Continua a gioire di ogni corsa che farò, anche solo per divertimento e non più per competizione".

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