Cavallo di ritorno. Minestra riscaldata. Scegliete pure la metafora che preferite. L’argomento è, ça va sans dire, il possibile (probabile?) ritorno di Antonio Conte sulla panchina della Juventus. Al di là dell’oneroso e ancora lungo contratto che lega Allegri al club bianconero (7 milioni all’anno più 2 di bonus fino al 30 giugno 2025), l’impressione è che l’avventura juventina del Max-2 sia agli sgoccioli. Difficilmente, cioè, al tecnico livornese basterà un eventuale trionfo in Europa League (sempre che la Juve preceda il Maccabi Haifa e si piazzi al terzo posto nel girone di Champions) o un’altra qualificazione in extremis alla prossima Champions.
Così – complici anche i primi capricci londinesi di Conte al Tottenham – l’ombra dell’allenatore leccese aleggia dalle parti dello Stadium. Per la gioia di molti juventini nostalgici e per lo sconcerto di tanti altri fans della Signora che ancora non hanno perdonato la “fuga” di Conte nell’estate 2014, a preparazione pre-campionato da poco cominciata. Con quella famosa litania del “ristorante da 100 euro con 10 euro a disposizione”. Peraltro smentita pochi mesi dopo, quando Allegri (non Mourinho né Ancelotti…) sfiorò il Triplete arrivando alla finale Champions di Berlino (persa contro il Barcellona dopo aver eliminato in semifinale il Real Madrid di Cristiano Ronaldo) dopo aver vinto scudetto e Coppa Italia.
Allora, probabilmente, il “re dei piagnoni” diventò il “re dei rosiconi”, visto che il successore era riuscito al primo colpo nell’impresa di arrivare in finale in quella manifestazione che a lui aveva (e avrebbe) riservato solo amarezze e brutte figure. Da quell’estate del 2014, in ogni caso, di strada ne ha fatta e di titoli (locali) ne ha vinti Antonio Conte: Premierleague nel 2017 e FA Cup nel 2018 con il Chelsea, scudetto con l’Inter nel 2021. Ovvio che in caso di secondo matrimonio con la Vecchia Signora l’obiettivo di Conte sia quello di rimpinguare il suo bottino di italici scudetti e puntare al pokerissimo dopo i tre vinti in bianconero e quello conquistato due stagioni fa in nerazzurro.
Negli ultimi 50 anni sono stati tre i ritorni sulla panchina bianconera. Tutti prestigiosi, non tutti vantaggiosi. La bilancia pende infatti più dalla parte dei flop. Fallimentare fin qui l’Operazione Ritorno di Max Allegri (zero tituli lo scorso anno e possibilità di bissare il percorso netto nella stagione in corso). Poca gloria nelle tre stagioni dal 1991 al ’94 per Giovanni Trapattoni: mai in lotta per lo scudetto (in epoca di dittatura del Milan targato Capello) ma vincitore comunque nel ’93 di una Coppa Uefa griffata Roby Baggio, Luca Vialli e Andreas Moeller. L’unico bis positivo il triennio di Marcello Lippi dal 2001 al 2004: due scudetti (e quello del 5 maggio 2002 nell’immaginario collettivo dei tifosi vale triplo…) e la finale Champions di Manchester nel 2003, con quel derby italiano perso ai rigori contro il Milan.
E curiosamente Conte ha vissuto da calciatore entrambi i ritorni: prima con Trapattoni da giovane recluta (fortemente richiesto proprio dal Trap, con la Juve che lo acquistò dal Lecce in B nel novembre del ’91), poi con Lippi da vecchio gladiatore (ultima partita giocata in carriera il 4 aprile 2004 a San Siro, vittoria Inter 3-2, subentrando a venti minuti dalla fine a Camoranesi).