Una vita da mediano. A recuperar palloni. Con il numero 4 sulle spalle. Ma anche una vita da “numero 8” o da “numero 7” (come lo utilizzava Nils Liedholm alla Roma). E un pomeriggio da leone con la numero 10 blucerchiata sulle spalle. Loris Boni, classe 1953. Capelli e baffi biondi, sguardo da duro, buona tecnica e grande corsa. Si racconta - l’ex tra le altre di Sampdoria, Roma, Pescara e Cremonese - in “Io, Loris”: autobiografia scritta con Pasquale Musmanno, che ha collaborato per la stesura del testo e l’organizzazione delle interviste ai tanti ex compagni di squadra. Il libro – la cui prefazione è affidata al radiocronista Rai Emanuele Dotto, che ha visto muovere i primi passi di Boni in A con la maglia della Sampdoria - è arricchito da una notevole quantità di foto, per vivere le storie e gli aneddoti con una sorta di “specchio” reale rivolto direttamente al passato.
Tra i temi affrontati nell’autobiografia: l’infanzia da Remedello nel bresciano a Legnano, i primi calci al pallone nella Mocchetti di Legnano, quindi il passaggio dalla piccola Solbiatese alla Samp che ha determinato il suo “salto” tra i grandi qualche stagione prima di essere acquistato poi dalla Roma di Anzalone per la bellezza di 800 milioni di lire nell’estate del 1975.
Il ricordo dei tanti (troppi) amici, allenatori e compagni che non ci sono più come Nils Liedholm, Agostino Di Bartolomei, Heriberto Herrera e Mario Maraschi. La sua amicizia con Marcello Lippi. Quel gol indimenticabile al Comunale di Torino contro i granata che diede la salvezza ai blucerchiati nel maggio del ’73: un coast to coast degno dei grandi artisti del pallone fors’anche ispirato da quello sporadico numero 10 sulla schiena. E poi i suoi tre anni in giallorosso, con un grave infortunio al ginocchio nel derby di ritorno del suo primo campionato da romanista (marzo 1976) e l’autore del fallaccio ai suoi danni (Chinaglia: non citato per eccesso di eleganza da Boni…) che mai gli ha chiesto scusa. Quindi il passaggio al Pescara e le stagioni a Cremona, agli inizi degli anni Ottanta, dove avrebbe “guidato” un giovanissimo Luca Vialli ai primi successi e ai primi gol in Serie B.
Quindi, una volta appesi gli scarpini al chiodo, la carriera di allenatore (in questa seconda vita ha guidato anche il Mantova e il Sassuolo). E l’attualità, che lo vede fare la spola tra l’Italia e la Norvegia dove ha una scuola calcio e da dove aveva invano “sponsorizzato” alla Roma qualche anno fa l’acquisto di un giovanissimo e ancora sconosciuto Erling Haaland…
“Io Loris” racconta insomma il calcio… che fu. Quello semplice, quando i giocatori non erano stelle e personaggi dei social ma nella stragrande maggioranza ragazzi semplici, impegnati a coronare il sogno di giocare in Serie A.