MOTOGP

La legge di Pecco: Bagnaia come Rossi, come Agostini, come nessuno

Il neocampione del mondo segna una discontinuità (vincente) con la storia recente del Motomondiale

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Meglio di lui, prima di lui, avrebbe potuto fare solo Marco Simoncelli ed in fondo è stato una sorta di passaggio di testimone ad alta intensità storica ed emozionale, quello che Francesco Bagnaia ha ricevuto dal "SIC" lo scorso 23 ottobre a Sepang, a undici anni esatti dalla scomparsa del campione di Coriano. In Malesia Pecco aveva messo a segno la settima e (a cose fatte) "definitiva" vittoria stagionale, una sorta di timbro sulla patente iridata. Solo Simoncelli, dopo il nono titolo di Valentino Rossi, avrebbe potuto imitare il Dottore in tutto e per tutto: in pista e fuori. Eccezione che conferma la regola: quella esatta e vincente di Bagnaia, campione "diversamente" Valentino. Una regola ma soprattutto la sua legge, quella di Pecco.

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L'avvio a corrente alternata, il cambio di passo all'inizio dell'estate, l'irresistibile poker consecutivo della stagione calda, le ultime pennellate al clamoroso settebello di vittorie, il sigillo di Sepang, il tesissimo weekend valenciano ed il suo sbocco trionfale. Sono tanti i titoli a nove colonne del... titolo iridato del ducatista ma in questa sede (ed in questa circostanza storica) ci piace sottolineare una peculiarità dell'impresa compiuta da Bagnaia, in fondo anticipata poche righe sopra.

Dalla nidiata di giovani promesse approdata sulla scena del Motomondiale sull'onda e... nella scia dell'epopea valentiniana, ha finito per emergere e centrare il bersaglio grosso proprio il pilota che - pur ispirandosi a VR46, pur studiando alla sua scuola, pur laureandosi alla sua Academy, ha poi fatto da sé. Un pilota che ha sognato di essere Rossi ma si è poi svegliato campione "diversamente" Valentino, oltretutto (e molto significativamente) cavalcando l'unica moto con la quale lo stesso Rossi non è riuscito ad imporre la propria legge. Oltre ancora, smarcando lo strapotere di Marc Marquez al prezzo (che paghiamo senza battere ciglio) di un incedere non privo di qualche passo falso e quindi provvisto di bellissime rinascite. Ecco, senza nulla eccepire sull'immensa classe dell'otto volte iridato spagnolo, scambiamo volentieri il Cannibale con il Diablo, il suo regno a lungo incontrastato con un potenziale ed appassionante dualismo Bagnaia-Quartararo.

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Quella che il titolo di Bagnaia insegna (che Pecco insegna con la sua vicenda) è prima di tutto una lezione molto chiara e molto nitida: il passato non torna, serve al massimo da esperienza ed ispirazione. Chi tra i suoi colleghi si è "distratto" con atteggiamenti rossiani, travestimenti, capigliature, caschi speciali un GP sì e quello dopo... anche ha fatalmente perso il focus, centrando magari solo qualche successo isolato. "Vale" (letteralmente) per il recentissimo passato, vale anche per il presente con vista sul futuro.

Di Pecco ricordiamo un outfit da gara sempre uguale e d'ordinanza, accuratamente ed orgogliosamente "corporate", rare concessioni alla forma ed invece una maniacale attenzione alla sostanza, ancora più rare cadute di stile (e di gergo) davanti ai microfoni. Un certo slang e la licenza di parola...ccia in bocca a Valentino aveva il suo perché, in bocca ai suoi emuli... molto ma molto meno, anzi zero.

Bagnaia campione della MotoGP (o meglio della premier class) come Valentino, Agostini, Lucchinelli oppure Uncini ma diverso da ognuno di loro. Così come Rossi è stato un campione diverso da Uncini o Lucchinelli e questi ultimi da Agostini e lo stesso "Ago" da Umberto Masetti e Libero Liberati che negli anni Cinquanta avevano scritto i loro nomi nell'albo d'oro del motociclismo. Poi c'è Simoncelli, ma questa è davvero tutta un'altra storia, stroncata dalle parti del suo nascere dalla storia stessa, o meglio dal destino. L'eccezione che conferma la regola, la legge di Bagnaia.

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