Ha vinto Messi, finalmente, non ha perso Mbappè. La “Noche qatarina del Diez” ha regalato emozioni, gol, spettacolo. Ma ha eletto l’Argentina, capace di vincere tre mondiali, e capace anche di vincere per tre volte la stessa partita contro la Francia: prima nei tempi regolamentari quando per 80 minuti aveva dominato, quasi ridicolizzato l’avversario Campione uscente. Poi nei supplementari quando quel destro sporco della Pulga pareva averle regalato definitivamente il titolo. E infine ai calci di rigore. Dove la Seleccion ha avuto la precisione mancata invece clamorosamente agli uomini di Didier Deschamps. Messi ha vinto quel mondiale che pareva essergli negato dagli Dei del calcio e che invece gli stessi Dei gli hanno concesso più o meno con le stesse modalità con cui, 36 anni prima, avevano benedetto a Città del Messico l’estro mancino di Diego Armando Maradona: la certezza di aver vinto, in virtù del doppio vantaggio e poi,attraverso un saliscendi di adrenaliniche emozioni, il trionfo che lo premia unitamente alla squadra più meritevole.
Leo Messi, a 35 anni, arriva laddove Diego era arrivato quando era ancora venticinquenne. Mostrandosene degno erede. Con la comprensibile differenza scandita dai 10 anni in più. In Messico Maradona era stato incontenibile, incontrollabile, devastante. In Qatar Messi, eletto quale miglior giocatore del torneo (con tanto di investitura), ha usato la tecnica, la classe e l’esperienza. Elementi indispensabili per essere di supporto vincente alla sua squadra. E’ stato sé stesso, ricordandoci Diego in occasione di quell’inarrestabile serpentina che aveva fatto da prologo al gol di Alvarez contro la Croazia. Ma anche se non avesse vinto la Coppa, sarebbe stato sempre e comunque Leo Messi. Già, non si dovrebbe giudicare un calciatore per i calci di rigore…. Così come Maradona rimarrà per sempre Maradona. Inutile e ripetitivo scomodare paragoni dai quali non se ne esce. Non ha sconfitto la Francia. Ma un’ossessione che lo tormentava da tempo immemorabile. Da quando dicevano di lui - e con valide argomentazioni - che fosse solo buono per il Barcellona e non per la Seleccion.
Ha vinto lui, ha vinto Mbappè, miglior goleador del Mondiale e capace di tenere in vita la partita con tre gol in una finale, come prima di lui era capitato - e vado a memoria - a Geoff Hurst nel ’66 a Londra, Inghilterra-Germania 4-2. E’ stato uno dei protagonisti di questo incredibile e forse irripetibile show calcistico. Negli abbondanti 120 minuti e durante la cerimonia della premiazioni in cui la Fifa e il Qatar (e il Psg) hanno potuto esporre con immenso orgoglio i loro gioielli. Lui e Leo Messi. E non avrebbero potuto chiedere di più. Inutile rivangare ora ciò che le tante partite hanno proposto durante la stessa partita. L’ora sublime di Di Maria, i cambi di Scaloni e di Deschamps, i momenti di piccola gloria di Lautaro e di Dybala. La paratona di Emiliano Martinez all’ultimo secondo. Insomma, tanta e tanta roba. A Buenos Aires è festa. Ma anche a Napoli. Nel ricordo che il primo storico scudetto era arrivato subito dopo il secondo titolo mondiale dell’Argentina.