Se non si può investire per crescere serve per lo meno rallentare il più possibile la decrescita: è questa, sostanzialmente, la mission del management dell'Inter che con una proprietà che non immette capitali deve per forza di cose manovrare con quanto già si trova in casa. Vendere per fare cassa, rinnovare laddove la cosa riesce, scommettere su prospetti futuribili e opportunità a parametro zero da cogliere. Alla prima voce - quella delle vendite - si è aggiunto con prepotenza il nome di Skriniar: fallito il rinnovo, rotto il rapporto con l'entourage del giocatore e forse anche con il giocatore stesso, la prospettiva di andare avanti assieme sino a giugno non piace al club. Oggi, dopo aver rifiutato in estate almeno 50 milioni, a patron Zhang ne andrebbero bene "solo" 20: il Psg, a sei giorni dalla chiusura del mercato invernale, avrebbe messo sul piatto una decina di milioni. Lo stesso Milan, nel frattempo, per quanto conscio che potrebbero non essere mesi facili quelli che gli restano in nerazzurro, sa bene che approdare sotto la Torre Eiffel da svincolato gli garantirebbe un sostanzioso premio alla firma. Soldi, tanti soldi. Decisione più che legittima. La situazione è in ogni caso in standby, dove a perderci è più di tutti e solo l'Inter che, non va dimenticato, entro fine giugno è chiamata a fare un +60 sul mercato, secondo diktat padronale. Senza gli euro di Skriniar non sarebbero così sufficienti per centrare l'obiettivo quelli messi in preventivo con la cessione di Dumfries: l'olandese partirà - non ora nonostante i sospetti per la lunga latitanza di gennaio - ma le ultime prestazioni ne hanno abbassato il valore.
Dalle cessione ai rinnovi. Quelli possibili. Escluso quello di Gagliardini e quasi escluso quello di De Vrij, la tempistica più stretta riguarda Dzeko e Darmian. A seguire anche D'Ambrosio. Discorso diverso, ma ugualmente pressante perché sempre proiettato su giugno 2023, per Lukaku, da rinegoziare nel caso l'accordo con il Chelsea, e Acerbi, da ridefinire l'accordo con la Lazio. In ogni caso "materia" di lavoro pesante. A seguire, però, situazioni non meno importanti. Due su tutte: Bastoni e Calhanoglu. Contratti per entrambi in scadenza nel 2024, da qui la necessità di provare sin da subito a imbastire colloqui proficui. Il terzo capitolo riguarda i giovani prospetti da valorizzare, Fabbian ad esempio, o i parametri zero "da cogliere", Smalling per fare un nome.Gli altri obiettivi, quelli alla Scalvini per intenderci, sono al momento delle chimere: soldi per grandi investimenti non ce ne sono (stesso discorso per Milenkovic, legato alla Fiorentina fino al 2027). Neppure per esborsi meno onerosi, alla Becao. Servirebbe un lavoro di scouting che tuttavia all'orizzonte non si vede. Per il momento almeno. Senza scordare che la condizione sine qua non che tiene in piedi l'intera architettura del discorso - e sorregge anche la panchina di Simone Inzaghi - è la qualificazione in Champions League, cosa non certo sicura. La decrescita, in fondo, non è mai felice.