Spalletti: "Vedevo sempre il Napoli di Sarri e mi alzavo in piedi ad applaudirlo"
L'allenatore della capolista ha parlato alla vigilia della partita con i biancocelesti guidati dall'ex tecnico degli azzurri
Le difficoltà nel far mantenere alta la concentrazione dei suoi e di affrontare la Lazio dell'ex Sarri, nelle parole di Luciano Spalletti nella conferenza stampa della vigilia della partita del 'Maradona': "Ci portiamo dietro una cultura di lavoro iniziata anche da altri, un modo di stare in campo che era una caratteristica di alcuni giocatori precedenti. Sarri ha delle cose che sono simili, piace andare entrambi in tuta, a me anche quando passeggio mi piacciono le scarpette, poi l'idea di voler comandare il gioco".
"E' stato anche un tema nell'ultimo periodo, possesso palla o non possesso - ha aggiunto Spalletti-. Il possesso ti fa decidere dove vuoi giocarla, poi è fondamentale saper alternare ritmi e dimensioni del possesso, ma qui poi si va in discorsi più profondi. Si dice gioco verticale, anche quello si deve alternare perché dipende se gli altri ti vengono a prendere o meno, se vengono a prenderti la difesa deve salire. Sarri è stato un po' un Masaniello calcistico, si è reso capopopolo di una rivolta del modo di vedere il calcio. Io a casa sceglievo sempre di vedere il suo Napoli e lo applaudivo in piedi. Non m'importa meglio o peggio, ho preso quello che volevo prendere, quando ho potuto sono andato a vedere le partite e sui campi di Castel Volturno ancora ci sono le linee di passaggio del suo calcio. Poi non mi fregano i paragoni".
"L'attesa della città? Sicuramente c'è qualcosa di diverso - ha proseguito - una maggiore maturità, dovuta a una conoscenza del calcio in generale, una maturità di saper valutare le cose come funzionano nella vita. E' fondamentale che non vadano ad aspettarci all'arrivo, ma che scendano in campo con noi a ogni partita. Non date retta a chi vuole farci togliere le mani dal volante, farcele alzare in segno di vittoria quando abbiamo tante curve da affrontare!".
"Per me è facile lavorare con ragazzi che hanno qualità, attitudine all'ascolto, all'apprendimento perché c'è sempre la possibilità di andare avanti. Prova a intervistare Demme o chi gioca meno e vediamo, è uno di quelli che meriterebbe di giocare per qualità, esperienza. Li ringrazio, ma sono sempre loro gli artefici di quello che sta succedendo. Chiunque faccia questo mestiere sogna il massimo, poi c'è anche altro che dà soddisfazione. Non sono tra quelli del vincere a tutti i costi e poi l'anno dopo fallire. Mi piace collaborare con la società per fare un discorso corretto per gli obiettivi comuni".
"La partita dell'andata svolta stagionale? Non credo. Secondo me invece la svolta l'hanno data le due gare precedenti, perché è rimasta la stessa mentalità, hanno creato disponibilità al sacrificio e poi se continui, non essendo a quel livello un giorno ti svegli, riprovi e sei a quel livello lì con la costanza. Succede sempre, altrimenti non avrebbe significato il modo di lavorare".
"La differenza tra il mio calcio e quello di Sarri? Non so definire il mio, manco quello di Sarri, perché lo sa lui. Dipende chi sei, dove vuoi andare, che calcio vuoi fare, ci sono davanti sempre delle persone. Dipende se ti stimola di più dare le bastonate davanti o comandare lì in mezzo, secondo me è più stimolante la seconda e percorriamo ciò che ci piace. A me non piace il calcio tutti dietro davanti alla difesa, eppure l'ho fatto e ho perso spesso, quando non mi piace non lo sanno fare neanche i ragazzi. Se giochi a pallone c'è sempre lo step successivo alla bellezza, a ciò che piace alla gente. Quando sono arrivato la mia battaglia era riportare gente allo stadio, fare qualcosa per creare emozione".
"Lo scudetto perso in albergo nel 2018? Bisognerebbe chiederlo a Sarri, anche se il risultato di quell'Inter-Juve lì ha influito sulla corsa, secondo lui molto. Io prendo sempre me come riferimento per le cose che non vanno, non altri, la stavamo vincendo, ho fatto sostituzioni che hanno determinato quella roba lì perché poi tutti vanno a finire lì, ma io le rifarei perché eravamo molto sofferenti in quel momento in 10 uomini, ma io responsabile di quello che ha fatto il Napoli... Mi date troppa responsabilità. L'errore di Orsato? Non ne parlo, io scelgo sempre me come responsabile di ciò che non è andato. Sbagliammo dei gol, potevamo avere un atteggiamento diverso, il responsabile ero io e si poteva fare quello che ha fatto il Napoli a Empoli anche se di fronte c'era la Juve, la più forte".
"Senso di rivincita perché anche i tifosi dell'Inter ora mi considerano un maestro? Io non alleno per rivincite verso nessuno, io penso a far bene il mio lavoro, non devo fare altro. Sono i risultati del calcio giocato che fanno la differenza. Mi fa piacere. Mi ricordano con piacere e lo stesso faccio io. Ma non c'è rivincita, io ho sempre dato il massimo, anche quando ho litigato l'ho fatto per il bene della società e della squadra, difendendo il lavoro".
"Campionato di basso livello? Io non ci penso, penso a occupare il tempo con le cose che dobbiamo fare noi, poi valuteremo le differenze con gli avversari. Stiamo facendo cose importanti, straordinarie e i ragazzi hanno meriti. Non è una gara che vinci o una coppa con 3-4 partite, qui è la continuità con cui scendi in campo. Il +18? Non lo consideriamo, noi dobbiamo valutare le partite ed essere gli stessi, quello che fa la differenza, giocarle allo stesso modo, anche in 10 a Empoli dando il rispetto all'avversario. Può succedere di tutto, basta un dettaglio per invertire tutto, funziona così".
"Se possiamo aprire un ciclo? Ci sono basi buone, un gruppo forte, sano, roba fresca che può esploderti in mano e può durare negli anni. Qui la società è stata brava, Giuntoli bravissimo a sceglierli, individuarli, poi funziona così che tramite i suoi collaboratori tira fuori una serie di nomi poi c'è da vedere se la società te li compra o meno, tenendo conto le possibilità che giustamente un Presidente attento ha come riferimenti. Può succedere di aprire un ciclo, ci sono ragazzi fuori che hanno giocato poco ed hanno qualità enorme e che ogni volta che ne scelgo 11 mi piange il cuore, Elmas va fatto giocare, lui non è mai venuto ma se venisse a chiedermi cosa deve fare per giocare io sarei in prigione, non saprei cosa rispondere. C'è Raspadori, il presidente ce l'ha messo a disposizione, sembrava difficile, è arrivato, è il futuro dell'Italia e non l'ho fatto giocare, c'è Gaetano, stravedo per lui, Zerbin che ha disponibilità, Zedadka non l'avete mai visto ma mi avrebbe fatto piacere passare in Coppa per farvelo vedere".