Serviva una scossa, una risposta immediata al brutto stop di Bologna, simbolo di una stagione di alti e bassi. Di prove esaltanti e di flop inaspettati. E l'Inter non ha fallito, dopo una settimana di confronti tra la dirigenza e Simone Inzaghi, tra lo stesso tecnico e la squadra, chiamata da qui fino a fine stagione a prestazioni all'insegna della 'continuità'. Quella che è mancata finora. Per non fallire gli obiettivi, il secondo posto e la qualificazione alla prossima Champions League prima di tutto. Due gol al Lecce e una vittoria che vuol dire soprattutto tre punti guadagnati sul Milan sconfitto a Firenze e un secondo posto di nuovo in solitaria a -15 dal Napoli capolista, a + 2 sulla Lazio e + 3 sui rossoneri appunti e sulla Roma.
La partita contro il Lecce ha ribadito ancora una volta il ruolo di leader di Lautaro Martinez. Con un Dzeko in debito di ossigeno e a digiuno di gol dal 4 gennaio e con un Lukaku ancora lontanissimo dal Big Rom trascinatore dell'anno dello scudetto, l'argentino fa attacco da solo: sono 14 i gol in 25 giornate (nell'anno del titolo a questo punto erano 13), di cui 9 nel 2023. Ma il 'Toro' è anche altro, non solo bomber (ha trovato il gol per tre gare interne di campionato di fila per la prima volta da dicembre 2021). Lotta per tutta la partita su tutti i fronti e fa il capitano - non solo per la fascia al braccio - quando difende Dumfries dai mugugni della Curva dopo l'assist per il suo gol. Le sue parole a caldo dopo la sconfitta con il Bologna avevano fatto rumore. Ed ecco la reazione giusta.
Tra le note più positive di questa Inter che ha collezionato otto clean sheet casalinghe (nessuna squadra ne conta di più in questo campionato) un Myhitaryan sempre più determinante e di cui Inzaghi non può più fare a meno (sempre in campo nel 2023) e un Gosens in netta crescita e più vicino che mai al 'formato' Atalanta.