la storia

Il ricordo di Julia Ituma: "Sognando, sulle orme di Egonu"

Nata in parrocchia e cresciuta sui campi da pallavolo, la 18enne è morta a Istanbul dopo essere caduta dall'hotel in cui alloggiava

di Giacomo Magnani

© Club Italia

È il 2019 quando nel mondo della pallavolo giovanile cominciano a sentirsi le prime voci: "C'è una ragazza dalle doti fisiche prorompenti, uniche al mondo". Una giovane sognatrice: era Julia Ituma. "Titu" - come la chiamavano le sue compagne - viene notata una piccola palestra parrocchiale di Milano, all'oratorio San Filippo Neri di via Gabbro. Gli occhi di un dirigente del Comitato Territoriale di Milano Monza Lecco cadono su di lei. Impossibile non notarla, perché abbondantemente più alta delle sue compagne.

 La domanda è prevedibile: “Di che anno è?”. La risposta, invece, no: “2004”. Il telefono di Michele Fanni, vice-allenatore del Club Italia, squilla più forte del solito. Due semplici parole: “Devi vederla”. E fu così che il giorno dopo, Julia Ituma si ritrovò a respirare per la prima volta l’aria del Centro Federale Pavesi, la scuola del volley che è poi diventata la sua casa.

Milanese, è nata l’8 ottobre 2004 da genitori nigeriani. Impara il gioco anche osservando il suo idolo: Robertlandy Simon. Una sorella, un fratello, un amore: la pallavolo. Non aveva un carattere timido, ma era molto riservata. Quando si metteva in testa qualcosa, ci dava dentro finché non riusciva a realizzarla. In una parola: perfezionista. Ma per la sua età non è quasi ingiusto essere così dediti al lavoro? “Come consapevolezza e professionalità è molto più avanti di altre colleghe più grandi di lei", diceva Massimo Bellano, tecnico del Club Italia. "Ha già l’idea chiara di dove e come vuole arrivare. Giorno dopo giorno si mette a disposizione per capire e apprende molto velocemente attraverso il suo talento. Si capisce perché nel giro di pochi mesi ha fatto un salto di qualità così importante”.

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A proposito di salti, Julia nonostante i soli 15 anni già non scherzava. Alta 191 centimetri, in elevazione toccava 3 metri e 35. Valori antropometrici sballati, fuori dalla norma. Per intenderci: le compagne che oggi calcano i taraflex della Serie A1 non arrivano così in alto. Elena Pietrini raggiunge quota 322 centimetri, poco sotto a Sylvia Nwakalor (324). Più di 10 centimetri di differenza rispetto ad atlete che oggi ricoprono ruoli da protagonista nei propri club.

Nel giro delle Nazionali, con l’Italia Under 16 ha conquistato la medaglia d’argento negli ultimi Europei di categoria a Trieste. “Ha qualità fisiche non comuni per la sua età, quasi da atleta evoluto", sosteneva il c.t. Pasquale D’Aniello. "Di ragazzine ne ho viste tante, ma lei ha qualcosa in più. La prima volta al Pavesi, senza mai aver allenato la tecnica del salto, ha fatto dati impressionanti. Nel giro di un anno e mezzo è diventata una delle giocatrici più importanti in questa categoria”.

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Nessuno voleva farsi scappare un talento così. E lei stessa non poteva scappare dal paragone che peserebbe per qualsiasi ragazza, quello con l’opposto più forte del mondo: Paola Egonu. Il confronto è spontaneo, ma chi la conosce bene rallenta. L’augurio di Massimo Bellano, suo allenatore al Club Italia: “Se una è davvero un talento, ha una specificità che non la fa assomigliare a nessun’altra. I grandi campioni dello sport somigliano a loro stessi. Julia non deve correre dietro a Paola”. Concetto sposato anche dal c.t. D’Aniello: “Per lei Paola deve essere un punto di riferimento, così come per chiunque metta la maglia Azzurra. Paola è un’atleta di importanza mondiale e per Julia sarà una bella stella polare da raggiungere”. Questa è stata Julia Ituma. 18 anni, una carriera ad alto livello durata poco, ma ricca di risultati, riconoscimenti, sogni e speranze.

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