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Ituma, la lettera d'addio di Virginia Adriano: "Vorrei averti stretto più forte"

L'atleta del Club Italia scrive su Instagram all'ex compagna morta a Istanbul: "Sorrido perché so che sei felice, qui non lo eri"

© instagram

Una lunga e commossa lettera d'addio, accompagnata da una fotografia in cui l'abbraccia in piscina, che poi è anche l'ultima a comparire sul profilo Instagram di Julia Ituma. Così Virginia Adriano, atleta del Club Italia, ha voluto ricordare l'ex compagna, morta a Istanbul in circostanze ancora ufficialmente da chiarire: "Mi manchi, vorrei averti stretto più forte l’ultima volta che ti ho abbracciata - le parole dell'opposto torinese -. Vorrei poterla ricordare quando chiudo gli occhi e ti penso. L’ultima volta che ti ho stretta tra le mie braccia. La vorrei ricordare. Nitida come ricordo i tuoi occhi e il colore della tua pelle. Come ricordo il tuo profumo. Mi piaceva tanto sentire il tuo profumo quando mi abbracciavi. Perché anche se non era una cosa tua, anche tu mi abbracciavi. Non so se ti piacesse, se tu abbia mai voluto farlo. Ora non lo so. Non lo so più. Se ti conosco, forse non l’ho mai fatto abbastanza".

"Non ti ho mai conosciuta abbastanza - prosegue il messaggio -. Non ti ho mai ascoltata abbastanza. Non ti ho mai capita abbastanza. Abbastanza. Tante cose, forse, non le ho fatte abbastanza .Che brutta parola abbastanza. Significa che c’è qualcosa che manca. Qualcosa che ci sarebbe dovuto essere. Di più. Forse avrei dovuto chiamarti, di più. Forse avrei dovuto stare sotto la pioggia con te, di più. Forse avrei dovuto chiederti se ti piaceva il colore del cielo al tramonto, di più. Forse avrei dovuto imparare a guardarti. Non solo vederti. Forse avrei dovuto chiederti come stessi, di più. Avrei dovuto capirti, di più. Avrei dovuto intuire. Senza forse. I forse vanno solo per le piccole cose. Quelle grandi o sono o non sono. Le tue erano tutte cose grandi. Lo erano. Erano cose enormi e importanti .Non erano mediocri o trascurabili. Forse un po’ nascoste o per lo meno offuscate, ma avrei dovuto capirle. Me ne sarei dovuta accorgere. È questo che fanno gli amici quando stanno male. Si aiutano. Vero? È così che va fatto. Si capiscono. Perché si parlano. Tu parlavi poco di te. Parlavi tanto dell’amore, tanto del futuro, delle insicurezze, delle scelte, delle occasioni, degli errori, dei problemi. Di quelli della vita, di quelli degli altri. Dei tuoi? Poco. Mai abbastanza. Di nuovo questa parola".

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"Credo che dirti più spesso che mi mancavi fosse la cosa migliore. La cosa giusta da fare. La cosa che non ho fatto abbastanza. Ho sbagliato a non venirti incontro anche quando eri tu a dovermi chiedere scusa. Ho sbagliato ad aspettare che quella volta fossi tu a risolvere le cose. Ho sbagliato a sperare ogni giorno dopo quel 18 settembre che saresti venuta tu da me. Il 18 settembre hai preso un treno e te ne sei andata dicendomi che eri stanca. Il 18 settembre mi sono arrabbiata e ho sbagliato a non accorgermi che qualcosa non andava bene. Ho sbagliato a non dirti che non mi importava e che anche quella volta ti avrei perdonata. Ho sbagliato ad aspettare te e non pensare che l’avrei rimpianto per tutta la vita. Ho sbagliato perché sarei dovuta venire, perché ti pensavo tutti i giorni e mi mancavi… Se mi mancavi. Però non sapevo, non credevo che il 18 settembre Sarebbe stato il nostro ultimo incontro. Non sapevo sarebbe stata l’ultima volta che ti avrei abbracciata. Vorrei averti stretto più forte l’ultima volta che ti ho abbracciata, ma non mi dimenticherò di farlo quando ti rivedrò. Ti abbraccerò fortissimo, piangerò quando ti rivedrò. Ma ora sorrido, perché so che sei felice. Lì sei felice, perché qui non lo eri e hai preferito andare lì. Ma se lì sei felice abbastanza, allora va bene così. Se lì sei felice esorridi, allora sorrido anche io qui. E mi ricordo di te, quando qui sorridevi anche tu. Ti amo. Tua, Neve".

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