TATTICA

La forza dei principi di gioco: il calcio "funzionale" di Spalletti

L'organizzazione collettiva è stata fondamentale per la conquista del tricolore da parte del Napoli

di Andrea Cocchi

Il modo di giocare del Napoli, per buona parte della stagione, ha colpito molti per la capacità di combinare i risultati con un più che elevato livello estetico. Spalletti ha, probabilmente, realizzato il suo capolavoro. Ha saputo creare un mix quasi perfetto tra i suoi principi e le caratteristiche dei giocatori a disposizione. Ne è venuta fuori una squadra capace di dominare il campionato e di dare spettacolo fino agli ottavi di Champions League compresi. 

Per capire l'organizzazione di gioco del Napoli bisogna uscire dalle normali logiche basate sui numeri. Certo, il sistema di partenza è il 4-3-3 con qualche virata verso il 4-2-3-1, ma i neo campioni d'Italia hanno una base di principi, oliati nelle sedute di allenamento, che consentono alla squadra di Spalletti di leggere le varie situazioni che si presentano in partita e di adattarsi di conseguenza. Nella fase di costruzione si preferisce l'impostazione dal basso, con i due centrali difensivi aiutati da Lobotka e dagli esterni bassi che si piazzano in linea con il regista. Lo sviluppo può prevedere il superamento della linea avversaria con una rotazione della catena esterna (Di Lorenzo, Anguissa e Politano-Lozano a destra e Mario Rui, Zielinski e Kvaratskhelia a sinistra), che si scambiano la posizione per avanzare verso la trequarti avversaria, che può essere raggiunta anche con l'avanzamento delle mezze ali alle spalle del centrocampo dei rivali. 

L'alternativa sempre valida è il pallone lungo verso la corsa di Osimhen, capace come pochi di sfruttare la profondità, sia cercando direttamente la porta, sia difendendo il pallone per lo scarico verso gli esterni alti o chi arriva da dietro. Una delle poche giocate codificate prevede la ricerca di Politano sulla destra che di prima intenzione cerca una verticalizzazione per il nigeriano che, aiutato dal movimento a rientrare di Anguissa che porta via un centrale avversario, si ritrova a sfruttare l'uno contro uno con il difensore rimasto. Fondamentali sono le letture degli esterni bassi che arrivano spesso a dare una mano in fase di rifinitura, sia sfruttando le sovrapposizioni, sia accentrandosi sulla trequarti, creando così continui dubbi ai laterali avversari. Il tutto nasce da principi condivisi e dalla capacità di riconoscere gli spazi che, come dice Spalletti, vanno ricercati tra i giocatori rivali e non tra le linee.

C'è qualche principio del gioco di posizione, ma quello del Napoli è più classificabile come "funzionale", una filosofia che sta sempre più prendendo piede nel calcio mondiale. I migliori interpreti sono il Fluminense di Diniz in Brasile e il Benfica di Schmidt in Europa. "La mia scelta è più aposizionale. I calciatori si muovono. È un gioco più libero, di settori, i giocatori possono cambiare in ogni settore, cambiano posizione", questa la definizione dell'allenatore brasiliano. Rispetto a questa idea, in verità, nel Napoli ci sono anche giocatori che mantengono una posizione più o meno fissa, come Kvaratskhelia o Politano e Lozano, che garantiscono l'ampiezza, concetto fondamentale in questo Napoli, per sfruttare gli uno contro uno, la velocità in dribbling, in progressione o il taglio verso il centro con o senza palla. 

In fase difensiva il Napoli può pressare l'impostazione bassa avversaria, può aspettare con un blocco medio, con Zielinski che si allinea a Osimhen nel caso gli avversari impostino a quattro (e a quel punto si struttura in un 4-4-2), riaggredisce secondo i principi del gegenpressing appena perde palla, anche in zona avanzata, e sa spezzare la linea facendo uscire i centrali difensivi a seguire gli attaccanti che retrocedono. Un bagaglio di conoscenze, insomma, che ha saputo esaltare le qualità tecniche di un gruppo straordinario.