Faraway, So Close! La doppia citazione (musicale e cinematografica) identifica con buona approssimazione senso e contesto della nostra esperienza alla sesta edizione di Villacidro SkyRace, sui monti della Sardegna sudoccidentale: geograficamente parecchio lontana dal nostro abituale raggio d'azione, intimamente vicina però... e già cara al cuore. Di più ancora: simile a tante ma uguale a nessuna e - per quanto riguarda la sfera personale - provvidenzialmente necessaria a un rilancio dopo i due passaggi a vuoto (di stomaco e per diretta conseguenza di testa) del mese di aprile al Trail dei Corni di Valbrona (Lecco) e al Colmen Trail di Morbegno (Sondrio), spesi a raschiare il barile e plafonato nei bassifondi delle classifiche.
Il weekend… salvifico di Villacidro, cittadina di tredicimila abitanti appostata come una sentinella, di guardia sul bordo orientale del gruppo montuoso granitico del Monte Linas (là dove si spegne al contatto con la pianura del Campidano), “muove” da un sabato diverso, che già inquadra l’evento VSR, lasciandomene intuire le peculiarità e - più esattamente - l’insularità rispetto al mio "storico" nella corsa.
Vengo invitato a dare il mio contributo come relatore ad un convegno su sport e comunità moderato dalla collega Stefania Pusceddu e impreziosita dalla presenza di Stephanie Jimenez (madrina dell'evento) presso l’ex-Mulino Cadoni che fa da base logistica all’evento, con l’impegnativo compito e la responsabilità di tirare le somme dei tanti e competenti interventi che precedono il mio. Tra questi, quello del collega e amico ferrarese Francesco Pompoli, trailrunner long distance di vaglia e amante (di altrettanto lungo corso) della Sardegna, con al suo attivo già diverse gare sull’isola e fedeltà assoluta a questo evento. Lui sarà al via della Linas Ultra Skymarathon da 58 chilometri e 5000 metri di dislivello positivo, io mi metterò più modestamente alla prova sulla Skyrace da 22 chilometri e quasi duemila metri di dislivello positivo, scelta dopo aver… resistito all’invito di Paolo Curridori - frontman dello staff organizzatore di Margiani Team ASD - di tentare subito la prova ultra. “Un altr’anno, Paolo. Fammi prima fare una ricognizione agonistica nella skyrace. Poi magari nel 2024, forse, se mi allunghi il tempo massimo e mi garantisci... l'impunità!"
L’insularità di cui sopra non è un concetto vago, tantomeno astratto. La avverto sensorialmente per tutto il fine settimana e mi tolgo subito il dubbio: non è isolamento ma unicità. Fatta e finita. Bella e buona: molto bella e molto buona, per la precisione. Di luoghi, di contesto, di intuizioni, di profumi, di ispirazione ma soprattutto di persone. Ospite insieme a Francesco di Matteo Cabriolu e della sua famiglia (che ci hanno messo a disposizione un intero appartamento fornito di ogni ben di Dio), trascorro una notte molto tranquilla e - domenica mattina sul presto - espleto in ordine esatto tutte le consuete procedure e mi incammino dopo una ricca colazione tra le vie del paese (già in salita!) in direzione di Piazza Giuseppe Dessì, dedicata da Villacidro allo scrittore che ne è il figlio più illustre, nonché autore del romanzo “Paese d’ombre”, vincitore mezzo secolo fa del Premio Strega. Prima di arrivarci, getto uno sguardo interessato alle montagne intorno, sulle quali immagino in azione (e lo sono davvero!) già da prima dell’alba i colleghi della Ultra Skymarathon. Un po’ di invidia ma tenuta a bada. Perché poi - come premesso al paragrafo precedente - non è proprio il caso di improvvisare. Sufficiente e necessaria: questi i segni caratteristici della mia missione odierna. Meglio attenersi al piano.
Stimolato a più riprese dall’unicità di questa occasione, accolgo con piacere la… normalità delle occupazioni pre-gara: mi guardo intorno, controllo di avere tutto il necessario ma soprattutto… obbligatorio (nel senso del materiale, che infatti viene scrupolosamente controllato), poi entro nella gabbia di partenza e lì rimango, muovendomi in modo studiato e un po’ inquieto tra il gonfiabile La Sportiva (main sponsor di VSR) e quello di CRAZY Skyrunning Italy Cup by FISky, il circuito federale del quale Villacidro SkyRace rappresenta la seconda tappa.
Siamo poco più di centoventi e ci muoviamo alle nove in punto, sotto un cielo perfettamente sereno e davanti (anzi sopra la testa...) la prospettiva di una giornata che evolverà nel senso di un rapido innalzamento delle temperature. D’altra parte, come assicurano i locals, maggio quest'anno si è mosso con un bell’anticipo, si è montato la testa e si è vestito... da giugno. Molto bene, con il caldo vado meglio che con il freddo. Sì insomma, meno peggio. Basta un chilometro - metro più metro meno - per lasciarci alle spalle il centro abitato: tra viuzze, selciato, gradini e le prime rampe asfaltate. Mettiamo piede sul sentiero sterrato, smarchiamo il passaggio nei pressi della chiesetta del Carmine e poi, già ben selezionato dal primissimo scorcio di gara, il gruppo affronta in fila indiana un tratto in single-track dentro la pineta tutto saliscendi e strappi nervosi. Il profilo altimetrico si impenna senza fretta. Si procede spediti dentro il fresco bosco del Parco di Castangias, nel cui folto (e all’improvviso) il tifo indiavolato di un gruppo di volontari indica l’inizio di una discesa dritto-per-dritto giù per la china della montagna.
Le sensazioni - come dicono quelli che la sanno lunga - sembrano buone ma cerco di non esagerare e combinare qualche guaio. In questo primo tratto la traccia dell’itinerario mi ricorda quello di alcune gare da me affrontate sulle Alpi. Succederà ancora, a più riprese. Un senso di familiarità piuttosto confortante. D’altra parte però ho già realizzato che ad “accendermi” oggi è invece la diversità (l’insularità, again) di questa prova rispetto a tutto ciò di cui ho fatto esperienza sull’argomento negli ultimi sette anni, ad eccezione della Transgrancanaria di quattordici mesi fa e del Trail del Ciapà di Cervo (Liguria) dello scorso mese di dicembre. Non a caso due eventi - per quanto di livello molto diverso tra loro - in ambiente extra-alpino.
La discesa precipitosa e adrenalinica termina con un tratto di falsopiano nella pineta lungo il quale incrociamo le traiettorie con i colleghi in gara sullo Short Trail “d’ingresso” da sette chilometri. Tocca di nuovo ad un gruppo di super appassionati volontari introdurci al bivio che - subito in salita - dà il via alla prima salita davvero impegnativa verso Monte Omu: un vertical "bello" duro che - superata la quota del bosco - prevede una serie di svolte sempre più secche e ravvicinate dentro un piccolo e suggestivo canyon: un paesaggio che mi richiama alla memoria certi sentieri e anfratti della “mia” Valmalenco. Metto mano alla scorta di gel ("uno ogni cinquanta minuti", risuona la voce di coach Bonarini), mi disseto a piccoli sorsi ma a intervalli regolari, sento crescere la consapevolezza che oggi si può fare bene. Oltrepasso un paio di colleghi che marcavo stretto fin dal via, poi scelgo quello che ritengo sia il “treno” giusto da seguire e doppio il punto più alto di Monte Omu tra roccette e bassi cespugli di vegetazione mediterranea, a tratti stordito dal profumo intenso e penetrante.
Prendo un po’ di distacco dalle mie due “guide” nella discesa verso la diga di Coxinas. È uno dei tratti più movimentati della gara: sostanzialmente nel bosco, ma su terreno vario e tecnico, con passaggi “obliqui” su grossi massi. Al punto di ristoro (all'altezza dello sbarramento artificiale) mi fermo solo un paio di minuti. Più che altro per riordinare le idee, guardarmi intorno, studiare gli avversari, decidere la strategia: "Vai tranquillo, è ancora presto per scoprire la carte, jolly a disposizione non ne hai molti...".
Attraversiamo il bacino asciutto e attacchiamo la salita verso Monte Margiani. Superata la quota della vegetazione d'alto fusto, mettiamo piede nella pietraia. Sale il sentiero, crescono fiducia e motivazioni. Lassù sembra la cima. Invece no, falso allarme: solo un breve appoggio in falsopiano prima della rampa finale, ma serve a tirare un attimo il fiato. Il collega che mi precede rallenta al punto che in un paio di occasioni (mentre procedo a testa bassa) finisco quasi per sbattergli contro. Si offre di farmi strada, prendo ancora tempo. "Ci siamo, quasi".
Poi la traccia si fa meno evidente e obbligata. "Ora!". Mi affianco e passo. Raggiungo rapidamente (si fa per dire) il cumulo di rocce della cima, getto un rapido sguardo alla pianura del Campidano (l’unica della Sardegna) che si estende grossomodo da Oristano a nordovest fino a Cagliari a sudest. Poi inquadro la cresta che si abbassa in direzione occidente su terreno aperto, piuttosto tecnico e dal mio punto di vista molto accattivante.
Aggiorno il piano di battaglia. Mi lascio alle spalle anche la “locomotiva” del mio trenino (grazie del gancio, vi ho succhiato le ruote a sufficienza) e prendo l’iniziativa, rompendo gli indugi. Metà distanza è ormai alle spalle, le buone sensazioni iniziali trovano passo dopo passo solide conferme. Il morale è alto più delle montagne che ho intorno e là davanti ci sono un bel po’ di prede da mettere nel mirino: proviamoci!
Tra Monte Margiani e il GPM di giornata ai 1062 metri di Punta Santu Miali è tutto un succedersi di saliscendi tra boschetti e vegetazione più rada. Inizia qui il tiramolla con Priamo Casula, con il quale ci daremo… più volte il cambio a tirarci a vicenda per tutta la parte centrale della gara. Raggiungo un collega, poi un altro e poi ancora uno un bel po’ più giovane di me. Mentre mi allontano, lo sento sussurrare: “Niente da fare, oggi le gambe non girano”. Ti capisco, fratello! La fatica inizia a presentare il conto ma non sembra più così salato. E non sono certo allucinazioni da Tor des Géants e consimili le due… banane gonfiabili giallo canarino legate agli alberi che - lì e solo lì (sì ma lì dove?) - sostituiscono le consuete bandelle La Sportiva ugualmente gialle…
Nuovo punto di ristoro ben rifornito di tutto il necessario, mi limito però a succhiare un paio di spicchi d’arancia e poi via, dopo aver rantolato un riconoscente “grazie…” ai volontari. Ci mette un po’ più di quanto vorrei, ma la macchia mediterranea lascia finalmente spazio al tratto finale della salita tra prateria e roccette. Come sul Margiani, anche qui breve valletta infossata e insaccata tra la penultima e l’ultima rampa (stavolta non mi freghi…). Mi sembra di essere sul pratone di vetta del Monte Rai, GPM del Trofeo Dario e Willy di Valmadrera che ha aperto la Coppa Italia FISky che oggi per la sua seconda tappa dalle Prealpi Lecchesi si è come detto sopra spostata in Sardegna. Metto un paio di altre crocette alla voce “sorpassi fatti” e, doppiato il punto più alto del panettone di Santu Miali, imbocco la discesa finale (per modo di dire) verso la meta. In realtà la calata su Villacidro (i cui tetti diventano mano a mano più grandi) è interrotta da qualche breve risalita: troppo breve ormai per far male davvero.
Mi guardo un po’ intorno senza perdere d’occhio il sentiero: per tipologia di paesaggio, a tratti sembra di trovarsi sul set di uno spaghetti western. O meglio, malloreddus western! A proposito, sono alla resa dei conti del duello con Priamo. Lo supero per l’ultima e decisiva volta (ci salutiamo chissà come perfettamente consapevoli che ormai tra noi è decisa, ci vediamo all’arrivo), poi smarco anche l’ultimo punto di ristoro, appollaiato su una selletta erbosa tra il rado bosco in località Cuccureddu. Accetto due bottigliette d’acqua: una me la rovescio tutta sulla testa, dall’altra bevo avidamente. Villacidro sparisce momentaneamente alla vista: c’è da… circumnavigare la montagnola che delimita l'abitato a sud. Si gira sostanzialmente in piano. Mi sembra di nuovo di essere da qualche parte sull'arco alpino ma non capisco bene dove... Completo con l’ultimo sorpasso una classifica finale che mi vedrà tra pochi chilometri per la prima volta da molto tempo a questa parte nella prima metà della classifica (comodamente!) e penso solo ad arrivare giù… in bello stile.
Sono immerso in questi pensieri quando - proprio all’inizio dell’ultima discesa (Villacidro di nuovo in vista) - avverto alle mie spalle l’avvicinarsi di passi imperiosi, "quadrupedi" (spoilerando la citazione equina e letteraria delle prossime righe) e decisamente più veloci dei miei. Mi tengo sulla destra e invito con l'indice della mano sinistra di sfilarmi all’interno… Sono Daniel Jung e Luca Arrigoni, ormai “rassegnati” a dividersi equamente la vittoria di Linas Ultra Skymarathon. Più che sfilarmi... mi sverniciano! Sono partiti tre ore e mezza prima di me - alla luce delle frontali - e hanno nelle gambe almeno trentacinque chilometri più di me, eppure si scapicollano giù per i tornanti della pineta a velocità doppia, lanciati al galoppo come… Zurito (questa è davvero per pochi). Provo a seguirli, più che altro per tenere alta la concentrazione. Dura due tornanti, ovviamente.
Doppio di nuovo la chiesetta del primo chilometro (di fatto chiudendo l’anello di gara) e rimetto dopo almeno tre ore piede sull’asfalto. Il finale tra le vie di Villacidro me lo godo fino all’ultimo metro: ad ogni svolta della strada, ad ogni bivio o incrocio uno degli amici e delle amiche del Margiani Team a scandire i secondi (anzi i metri) del countdown verso la linea d’arrivo. Attraverso in perfetta solitudine Piazza Dessì (ormai non servono più indicazioni, sono pratico dei posti!) e infilo completamente sollevato il varco d’ingresso nei giardini pubblici, poi il vialetto ricoperto nei cinquanta metri finali dal red carpet.
Taglio il traguardo appena sotto le quattro ore di gara e - ancora lanciato - quasi rovino addosso (praticamente abbracciandolo) all’amico dello staff Margiani che mi deve “chippare” per l’ultima volta. Chissà, forse avrei voluto proseguire ancora, prolungare questa lunga e finalmente felice corsa su e giù per i sentieri. Aspetto pochi minuti Priamo per dargli il "cinque" che ci siamo entrambi meritati. Poi mi accomodo per un pranzo post-gara che ha pochi eguali nel mio passato sportivo e - chattando con amici e colleghi rimasti… sul continente (come si usa dire da queste parti) - non ci giro troppo intorno e li invito a raggiungermi qui tra dodici mesi, casomai nella Ultra Skymarathon, dove i più tosti tra loro troveranno pane per i loro denti e companatico… anche!
Lunedì mattina: piove in modo incessante. Guardo fuori dalla finestra, osservo le montagne che abbiamo salito ieri. Da lucertola che sono, chiudendo il trolley penso: “Meno male che la gara era ieri, sotto il sole”. Sulla macchina di Paolo, che mi accompagna in stazione, lui mi invita a prendere dal sedile posteriore una copia di “Nascita di un uomo e altri racconti” di Giuseppe Dessì: è rarissimo che il pacco-gara includa un libro. Anche questa è “insularità”. Poco prima di lasciarci, senza staccare gli occhi dalla strada, Paolo confessa: “Eh, lo skyrunning… La SkyRace è un sogno, oggi si torna alla realtà”. Sono d’accordo. Allora rimettiamoci a dormire… e a sognare. Tornerò.