Potrà non piacere agli esteti ma piace tanto ai suoi tifosi. La Roma di Leverkusen diventa ancora più difensiva del solito, non tira mai in porta, si fa schiacciare dal Bayer ma difende il gol di Bove dell'andata e guadagna la finale di Budapest. Esattamente il piano di Mourinho, in una riedizione della semifinale di Champions del 2010 con l’Inter a Barcellona. Lo Special One si guadagna la sua sesta finale europea. E le altre cinque le ha vinte...
Mou lo aveva detto e sembrava un modo per mettere le mani avanti. Non c'è dubbio, però, che la Roma attuale, senza alcuni giocatori chiave, sia effettivamente un'intrusa nei piani alti del calcio europeo. Se è arrivata così in alto lo deve alle armi a disposizione e cioè al sacrificio di tutti i suoi giocatori e a un'applicazione difensiva ferrea. Oggettivamente non si può pretendere un calcio troppo diverso da una squadra che ha il suo giocatore di maggiore qualità costretto alla panchina per tutti i novanta minuti. Dybala out, Smalling entrato a partita in corso dopo tanto tempo ai box, Spinazzola che si deve arrendere prima della fine del tempo e un esterno riadattato centrale di difesa, Celik, costretto a uscire e a trasformare Bove in laterale di destra.
Parlare di emergenza è quasi riduttivo. Non lo è, invece, usare il termine impresa. Perché è quello più adatto a questa Roma che a Budapest affronterà il Siviglia nella finale di Europa League. Mou sceglie un 3-5-2 con due punte pure, Belotti e Abraham, costretti a ripiegare dietro la propria metà campo. In fase difensiva la linea è a 5 e copre l'ampiezza su cui si dispongono gli attaccanti di un Bayer votato all'attacco. I centrocampisti si spostano orizzontalmente con scalate che non concedono tempo e spazio agli avversari. Dall'inizio del secondo tempo, poi, entra Wijnaldum per Belotti e la Roma si dispone con un 3-5-1-1 che copre ogni centimetro del campo. Mou, così, vola in finale a modo suo. In questo modo ha alzato fior di trofei. Difficile, a questo punto, contestargli qualcosa...