L'ANALISI

La nuova Italia verticale dura un tempo, ora il Mancio deve riflettere

Schierata con il 3-5-2 e con l'idea di andare subito in profondità, la nazionale affonda nella ripresa

di Andrea Cocchi

La domanda è vecchia come il calcio: quanto è giusto mantenere i propri concetti di gioco e quanto ci si deve adattare all'avversario? Mancini ha capito che l'idea che ha portato alla vittoria di Euro 2020 non può prescindere da certi interpreti che, per età o per involuzione personale, non sono più adatti a certi livelli. E i sistemi di gioco, si sa, dipendono dai singoli. Anche, inevitabilmente, le loro interpretazioni.

Contro una Spagna che cerca incessantemente il possesso mantenendo la difesa alta, il c.t. ha pensato di schierare i suoi con un 3-5-2 basato su un centrocampo con due incursori (Frattesi e Barella) innescati dai lanci di chi, come Bonucci e Jorginho, ha la capacità di pescare i compagni al di là della linea avversaria. Con un giocatore come Zaniolo, abile sia a venire incontro che a lanciarsi in verticale, aggiunto a Immobile al centro dell'attacco. Il primo tempo azzurro, pur funestato dall'errore iniziale di Bonucci, è stato assolutamente positivo. Costruzione bassa per eludere la pressione spagnola e, una volta conquistato spazio, ricerca dello strappo o della giocata in profondità sfruttando gli inserimenti e le lacune nell'applicazione dell'elastico difensivo da parte del reparto arretrato della Roja. Il tutto unito a un pressing, spesso orientato sull'uomo, quando la Spagna era in possesso.

Nella ripresa il castello è crollato. Sono stati concessi troppi metri alla squadra di De la Fuente e Mancini non è stato particolarmente incisivo nei cambi. Chiesa è stato scelto come punta centrale per aumentare l'efficacia delle giocate verticali. Il problema, però, è che c'erano troppi metri da fare, visto che l'Italia è stata costretta ad abbassarsi di fronte allo spazio conquistato dal palleggio spagnolo. Nel dopo partita Mancini ha parlato di errori nella scelta del sistema di gioco a partita in corso, lasciando intendere che sarebbe stato meglio tornare al 4-3-3, il sistema di gioco che ci ha regalato l'Europeo. 

Allora, però, c'era una logica mandata a memoria da un gruppo costantemente alla ricerca di un gioco propositivo, capace di attaccare posizionalmente, in una sorta di 3-2-2-3 in fase offensiva che sfruttava i tagli di Insigne, gli inserimenti di Spinazzola sulla sinistra, la verve di Chiesa a destra, la doppia regia di Jorginho e Verratti e una difesa di ferro in cui spiccavano Chiellini e Bonucci. Tra chi non c'è più per limiti di età e chi non è più quello di due anni fa, diventa complicato riproporre lo stesso spartito, messo a punto da Mancini, con l'ausilio di un gruppo di analisti (guidati da Antonio Gagliardi), sintetizzato nell'acronimo CARP (Costruzione, Ampiezza, Rifinitura e Profondità). Certi concetti non sono più riproponibili, soprattutto vista la rosa attuale a disposizione del c.t. E' comprensibile pensare allora di adattarsi alle singole esigenze della partita. Un principio tanto più valido se si pensa a quanto sia complicato dare un gioco strutturato a una selezione nazionale.

Per i grandi traguardi, però (l'Europeo insegna), ci vogliono concetti condivisi e principi che il gruppo riconosce e sa mettere in pratica. La strada, insomma, è ancora lunga e, svanito l'obiettivo Nations League, c'è da pensare ad arrivare a Germania '24 e a difendere nel miglior modo possibile il titolo di campioni d'Europa.