Datome, lo chef tristellato
La faccia dell’Olimpia tristellata è la sua. Alta cucina cestistica, che usa ingredienti rari, in via di estinzione con caratteristiche che la distinguono. Ci sono qualità e genialità, tutto è presentato nella giusta maniera scenografica. Gigi Datome, lo chef. Gigi Datome, il capo. Il sangue che Dan Peterson chiedeva ai suoi di sputare, gli esce dal sopracciglio. E’ il sangue dei vincenti, quelli che al momento giusto ci sono sempre. Gigi ci aggiunge pure un dito piegato. MVP delle finali l’anno scorso, lo stesso in quest’anno travagliato, passato in gran parte a combattere un nemico oscuro che gli toglieva le forze. Battuto anche lui con quello spirito di un sardo nato in Veneto, caparbio e operoso.
Dopo Roma e Istanbul anche Milano è ai suoi piedi e al Forum il culto più praticato è la religione Datome. “Statua per Datome in Piazza del Duomo”, “Esce Datome, applaude anche la Madonnina”, “Datome Santo subito”, “Per vincere bastava un quintetto composto da Datome, la sua barba, il suo cerotto, il dito a 90 gradi, la canotta numero 70”, “Datome potrebbe fare anche il Ponte di Messina”, breve sunto della marea di post social dedicati a Gigi durante gara-7 con Bologna. Lui da sempre dice: “Se rinasco, rinasco Gigione”. Tutti quelli che lo ammiravano mentre lottava sul parquet come Rambo 1, 2 e anche 3, hanno pensato la stessa cosa.