L'INTERVISTA

Desco: "Più amiche che rivali tra le mie colleghe. Alle ragazze di oggi dico di lanciarsi: serve coraggio"

Nostra intervista-conversazione con una delle campionesse più complete degli ultimi quindici anni di corsa sui sentieri a livello mondiale

di
© Archivio Elisa Desco

Le classifiche sono fatte di ore, minuti e secondi. La classe invece non ha tempo. Dove può stare la sintesi? Una risposta possibile: Elisa Desco. Con l'aggiunta di una semplicità disarmante e di una modestia apparentemente... non giustificata dal ricco palmares dell'atleta bormina (di origini piemontesi) che forma con Marco De Gasperi una coppia che ha saputo mettere d'accordo sport e famiglia, impegni (e successi) sportivi con un'armonia familiare invidiabile. In occasione della recente Livigno Skymarathon abbiamo avuto l'occasione di fare una bella chiacchierata con Elisa, che vi riportiamo fedelmente e integralmente.

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SM: Elisa, che inizio d'estate per te! Due volte sul podio nel giro di cinque giorni alla fine di giugno: seconda nello SkyTrail di Livigno, prima nella Lavaredo 20K di LUT a Cortina d’Ampezzo. Poi qualche giorno per tirare il fiato e una nuova affermazione nella Skymarathon di Pizzo Stella Skyrunning in Valle Spluga la seconda domenica di luglio...

ED: A Cortina in effetti ero un po’ provata… Ho ripreso solo da due mesi, dopo otto di stop a causa di problemi alla schiena che rimangono un po’ misteriosi. Gli esami clinici non hanno evidenziato nulla di particolare ma ho dolori forti. Dopo tanti anni di carriera, e aggiungendo un equilibrio instabile, postura e corsa non perfette, beh forse a forzare di dargliele, è possibile che il mio fisico mi stia presentando il conto! Prima di Livigno (sabato 17 giugno, ndr) avevo preso parte solo alla gara corta di Garda Trentino Trail con il neonato Trail Youth Team Italia di SCARPA. Vivo abbastanza alla giornata, tra alti e bassi, dolori che vanno e vengono, perciò non mi sto ponendo grandi obiettivi. Non farò tante gare quest’anno, come idea. Poi magari invece… chissà! (La nostra intervista è stata registrata alla fine di giugno, prima della vittoria di Elisa domenica 9 luglio a Fraciscio/Campodolcino, ndr)

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SM: Ci sarà più spazio per la famiglia?

ED: Quello c’è sempre, c’è sempre stato. Le mie due figlie ci hanno sempre seguito alle gare. Io mi alleno al mattino, quando loro sono a scuola e all’asilo. Così poi al pomeriggio sono a loro disposizione: per fare i compiti insieme, ad esempio. Durante la settimana mi alleno per conto mio perché Marco lavora in SCARPA ad Asolo. Diciamo che la quotidianità è un po’ più difficile da gestire. Però faccio la mamma a tempo pieno, quindi… è fattibile. Anche perché la più grande è una ragazzina e mi aiuta con la piccola di famiglia.

SM: Ora fai la mamma ma in passato ti sei dedicata anche ad altro…

ED: Sì, una gelateria a Bormio: dal 2015 al 2018. Era stata un’idea di Marco e di un suo amico. Poi sono subentrata io, dopo aver fatto un corso, ma mi è sempre piaciuto: sono golosa…! È stato divertente e interessante e potrei rifarlo in futuro. Ho dovuto smettere per via delle bambine e perché mi piaceva troppo la corsa… Tutto insieme non era possibile.

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SM: Tu e Marco vivete con le bambine in Alta Valtellina ma le tue origini sono diverse…

ED: Sì, sono originaria della Valle Po, ai piedi del Monviso, in provincia di Cuneo. Ho vissuto lì fino al 2007, poi con Marco abbiamo abitato un anno e mezzo a Bergamo prima di salire a Bormio.

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SM: Bormio che non dista molto da Livigno. Hai un rapporto particolare con il Piccolo Tibet?

ED: A me la montagna piace tutta. A Livigno mi sono sempre allenata, ci ho fatto anche vari raduni ma sempre nella zona del fondovalle o sui sentieri poco sopra il paese. Ad alta quota da queste parti sono salita solo quando Marco ha ideato la Skymarathon che… mi è piaciuta subito!

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SM: Se ripercorri la tua carriera, c’è una gara che rappresenta per te qualcosa di speciale? Non per forza una vittoria: anche solo una sensazione, un ricordo particolare, un aneddoto.

ED: A livello di sensazione sicuramente la Sierre-Zinal del 2013. È stata la gara della mia rinascita: chi conosce la mia storia sa cosa ho passato. Tornare alle gare, aumentare chilometraggio e vincere quella gara (Marco ci era riuscito l’anno prima e me ne aveva parlato con toni entusiastici) è stata una grande sorpresa. Per me e anche per lui: è stato un bellissimo regalo. Poi in seconda battuta c’è il successo alla Marathon du Mont-Blanc di Chamonix del 2014. Se però devo scegliere… sicuramente Sierre-Zinal!

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SM: Le avversarie che sfidi in gara sono solo questo oppure c’è posto anche per l’amicizia?

ED: Credo che in questo ambiente l’amicizia venga ancora prima. Poi, si sa, tra le donne purtroppo c’è più rivalità. Però in gara ci si sostiene… un pochino, ci si incoraggia e magari ci si dà anche una mano. Io almeno la vedo e la vivo così, in base alla mia esperienza. Di colleghe nel corso degli anni ne ho conosciute tante. Tra le mie coscritte, quelle con cui correvo dieci anni fa, sono una delle poche ancora in attività. Non sto a farti dei nomi ma posso dirti che di amiche in questo ambiente ne ho tante.

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SM: Veniamo alle tue attuali avversarie. Tra le ragazze emergenti ce n’è qualcuna che ha i numeri per ripetere una carriera lunga quanto la tua oppure oggi non ce ne sono le condizioni?

ED: Secondo me oggi è tutta questione di coraggio: occorre lanciarsi, osare, anche all’estero. Da questo punto di vista c’è sempre un po' di paura, una sorta di freno. Sto notando che qualche italiana inizia a buttarsi in gare come Zegama, Sierre-Zinal oppure Chamonix. Prima c’eravamo solo io e pochissime altre e si parlava di mancanza di un ricambio. Lo ripeto: per me è una sorta di timore, di freno. Le cose però forse stanno cambiando e parlo di ragazze come Fabiola Conti e Martina Cumerlato che stanno mostrando di avere coraggio, ci stanno provando. Ed è proprio quello che ci vuole!

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SM: Al culmine della tua carriera, da quali nazioni venivano le avversarie più forti?

ED: Beh, innanzitutto dagli USA e due in particolare: Megan Kimmel e Stevie Kremer. E poi dalla Spagna. Anzi, le spagnole ci sono sempre state. Anche giovanissime. Alla Lavaredo 20K di fine giugno dietro di me sono arrivate due ragazzine di venti e diciannove anni e ne ha diciassette la loro connazionale che mi ha battuto pochi giorni prima a Livigno! Ecco, per tornare a quanto appena detto, la Spagna ha una cultura diversa dalla nostra in questo sport e i suoi atleti hanno più coraggio. Non li spaventa affrontare gare di lungo chilometraggio. Attenzione, anch’io come tanti credo sia sbagliato che una ragazzina corra gare da ottanta chilometri. Venti però sì! È una questione di cultura e di scuola: Spagna e anche Francia hanno una mentalità più aperta.

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Poi è vero: loro hanno un grande bacino di atleti emergenti e organizzazioni ben strutturate che investono su di loro, portandoli in giro tutto l’anno. L’ho appunto visto di persona con il team catalano a Livigno e Cortina. Poi certo, servono anche disponibilità economiche. Resta il fatto che la Spagna porta ogni anno i suoi atleti junior ma anche senior a fare esperienza in giro per l’Europa. Marco sta cercando di fare qualcosa del genere con il nuovo Trail Youth Team Italia di SCARPA che ha atleti che gareggiano durante l’anno nelle gare nazionali di Italia, Francia e Svizzera ma si troveranno tutti insieme per la finale alla fine di agosto nella YCC (Youth Chamonix Courmayeur) dell’UTMB, l’Ultra Trail du Mont-Blanc di Chamonix.

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SM: Ho ancora un paio di curiosità che vorrei soddisfare. La prima, non particolarmente originale: durante le gare ufficiali, hai modo di… guardarti in giro e di goderti il paesaggio?

ED: Dipende molto dalle avversarie, dalle sfide di quel giorno. Ovviamente nei tratti tecnici è sempre bene concentrarsi su dove si mettono i piedi! Però ti racconto un’occasione particolare: nel 2020 penso di aver avuto la fortuna di correre Cortina Trail - una gara bellissima - in modo virtuale. Nel senso che quell’anno la gara vera e propria venne cancellata a causa dell’emergenza sanitaria ma in una decina di atleti abbiamo avuto la possibilità di correrla ugualmente. Me la sono proprio goduta proprio e mi sono detta: devo assolutamente tornarci per la gara “vera”, perché so già cosa mi aspetta. A volte poi capita di vedere foto o video di gare che hai fatto e di chiederti: ma io sono davvero passata da lì? Ti dicono: ma tu non hai visto che c’era…? No, non ho visto niente perché ero concentrata! Poi esistono gare appena appena meno impegnative di altre e allora riesci ad alzare lo sguardo e a fermarti un secondo a guardarti attorno. Però sono casi molto rari: devi essere davvero superiore alle tue avversarie. Altrimenti il panorama lo ammiro quando faccio il giro della gara in allenamento!

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SM: Seconda curiosità e domanda finale della nostra intervista: ti è mai capitato che i colleghi maschi da te battuti in gara… l’abbiano presa male?

ED: Beh, presa male… Diciamo che a volte agli uomini dà fastidio correre contro un donna forte… Capita di chiedere permesso ad un rivale che ti precede e di non avere subito via libera, con il rischio di rompere il tuo passo e di perdere contatto con le dirette rivali che ti precedono oppure essere raggiunte da quelle che ti inseguono. A volte i colleghi maschi sono un po’ “orgogliosi” e… permalosi. Ma non è sempre così: capita invece che ti sostengano e in un certo senso ti diano una mano, addirittura contenti di essere lì a correre insieme a te!

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Non amiamo particolarmente tenerci l'ultima parola al termine di un'intervista: preferiamo lasciarla al nostro interlocutore. Questa volta però dobbiamo proprio fare eccezione, cara Elisa, per confermarti che - a proposito della tua ultima risposta - noi propendiamo per l'opzione finale. È stato così anche per noi, qualche anno fa lungo l'interminabile rettilineo... iniziale di Tirano, Valtellina Wine Trail nel formato marathon. È durato molto poco ovviamente (fino alle prime rampe) ma che soddisfazione scortarti per un breve tratto, provare a stare il più a lungo possibile nella tua scia, sperando che ti... lasciassi dietro un po' della tua classe e della tua ferrea volontà. 

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