Le dimissioni di Roberto Mancini hanno reso ancora più infuocata un'estate già caldissima. Il suo addio alla Nazionale è arrivato come un fulmine a ciel sereno, ma la decisione è frutto di un malessere che l'ormai ex ct coltivava da tempo. Già ad aprile-maggio, il Mancio avrebbe fatto sapere ai suoi più stretti collaboratori il desiderio di tornare ad allenare un top club e ha sperato in una chiamata mai arrivata del PSG. Ora potrebbe anche esserci dietro una super proposta dall'Arabia, ma le tensioni nascono da scelte non condivise sul riassetto dello staff. La riorganizzazione voluta dal presidente federale Gravina, nonostante abbia riservato un ruolo di coordinatore a Mancini, lo ha privato di fatto di tutti i suoi storici collaboratori. Tranne il solo Salsano, unico rimasto nel nuovo staff della Nazionale, sono andati via Evani, Nuciari e Lombardo (diventato allenatore dell'Under 20): al loro posto Bollini (uomo della Federcalcio), Barzagli e Gagliardi.
Già al termine della Nations League, dopo la sconfitta in semifinale contro la Spagna, il clima non era più serenissimo a Coverciano e Mancini si era lasciato sfuggire più di qualche indizio sulla sua insofferenza. Stanchezza che non si è tramutata in un addio immediato ma in una lunga pausa di riflessione, forse anche troppo, visto che a settembre la Nazionale è attesa da due gare di qualificazioni a Euro 2024 contro Macedonia del Nord e Ucraina. I primi scricchiolii, però, risalgono al giugno 2022, dopo le clamorose 5 sberle rimediate dalla Germania in Nations League.
Mancini ha collezionato 61 panchine azzurre (39 vittorie, 13 pareggi e 9 sconfitte), con la perla della vittoria di Euro 2020 e con due qualificazioni alle finali di Nations League. Il punto più basso la mancata qualificazione ai Mondiali 2022.
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