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Jacobs esclusivo: "Volevo mollare tutto, adesso tornerò più forte di Tokyo"

L'intervista dell'azzurro a Sportmediaset: "Voglio e posso tornare molto più forte di Tokyo. Quando le cose van male facile essere attaccati" 

"Non ritornerò il Marcell di Tokyo ma posso tornare a essere molto meglio". Terminati i Mondiali di atletica a Budapest, Marcel Jacobs non molla. Anzi rilancia con un solo obiettivo in testa: "Il mio obiettivo è quello di arrivare a Parigi l’anno prossimo da campione olimpico e voglio andarmene da Parigi da campione olimpico nuovamente - le parole del 28enne rilasciate in esclusiva a Sportmediaset -. Gli infortuni? Il corpo mi dava dei segnali, e io non li ho ascoltati. Pensavo fosse solo una cosa mentale. C’è stato un momento in cui ho avuto un blackout, in cui non capivo neanche io cosa dovessi fare. La parte più difficile è stata il primo mese perché non si capiva quale fosse l’infortunio".   

Impossibile non tornare sulle critiche ricevute dopo la medaglia d'oro ottenuto a Tokyo nei 100 metri: "Ci sono persone che si sentono sempre in diritto di poter dire la loro pensando che a noi non arriva niente di tutto questo, quando invece questa è la parte più difficile: cercare di estraniarsi da tutto, non vedere queste cose anche se poi è difficile far finta che non esistano - ha proseguito Jacobs -. Ho cercato di resettare, ho fatto una settimana in cui veramente non volevo più saperne niente, in cui volevo mollare tutto perché non stavo bene. Invece poi, da un giorno all’altro, ho capito che non potevo arrendermi in quel modo, dovevo continuare a spingere perché sapevo benissimo che questo non ero io e sapevo che potevo tornare a essere anche migliore rispetto a prima. Così mi sono rimesso in gioco, mi sono rimesso in linea sia a livello mentale che fisico. Ho ricominciato ad allenarmi e a fare tutto quello che potevo fare per portare a casa il miglior risultato. Le persone parlano ma Tokyo non è stato un episodio, è stato un evento che ho costruito in anni di lavoro, di difficoltà, di infortuni, di problematiche e delusioni. Lì a Tokyo stavo bene, a livello mentale e fisico, non avevo problemi e riuscivo a essere me stesso".

"Gli americani che parlano sempre di me? "Devo dire che è il loro modo di fare e di essere, perché comunque devono attirare l’attenzione su di loro, devono cercare di essere un po’ i duri della situazione, quelli che non hanno paura di niente - il commento del 28enne -. Poi però appunto, come hai detto tu, fa ridere che nominano sempre me, che gli fanno sempre una domanda su di me perché io sono quello che ha vinto l’Olimpiade dopo Bolt e sono quello che ha vinto la medaglia nei 100 metri. Sia Kerley lo scorso anno che Lyles quest’anno hanno vinto ma con un tempo più alto rispetto al mio di Tokyo, quindi, è normale che loro vogliano sempre mettermi in mezzo, o cercare di sminuirmi, ma sanno benissimo che quando io sono in forma, rischiano".

Infine un messaggio a chi dire che non vincerà più i 100 metri: "Quando qualcosa va male, essere attaccati è una cosa che viene facile da fare ma bisognerebbe mettersi nei panni di quella persona e provare a capire perché è successa o non è successa quella cosa. Bisognerebbe capire che dietro quello schermo c’è comunque una persona fisica che legge e che vive di emozioni, di gioie, di paure e di tensioni. Bisogna sempre ricordarsi sempre questo. Nella mia testa c’è la voglia di tornare a vincere ma non voglio continuare a dirlo, voglio dimostrarlo e quando lo dimostrerò rifaremo l’intervista e ti dirò che sono tornato a vincere".