L'ANALISI

Juventus tra fischi e vecchi fantasmi: si salva solo la classifica

I bianconeri non avevano mai fatto così tanti punti nelle prime sei giornate dal 2019, ma limiti tecnici e soprattutto caratteriali non sono spariti. E lo Stadium...

di Alberto Gasparri

Se guardiamo la classifica, che alla fine è quella che poi fa la differenza, la Juventus è pur sempre sul podio in campionato. Di fatto è in zona Champions League, che, piaccia o meno ai tifosi, è il primo e forse più importante obiettivo dei bianconeri in questa stagione fuori dall'Europa. Importante per il prestigio e soprattutto per i conti. Sta di fatto che i numeri dicono che la Signora ha tredici punti dopo le prime sei giornate, quanti non ne aveva mai raccolti dalla stagione 2019-2020, quando ne portò a casa 16, preludio all'ultimo dei nove scudetti di fila.

Questo non vuole dire che la Juve vincerà questa Serie A, ma è comunque un segnale. Positivo. Perché quelli "negativi" non mancano e si sono evidenziati per buona parte proprio nell'ultima partita contro il Lecce. La formula allegriana del "corto muso" è tornata ad avere il sopravvento su quegli sprazzi di bel gioco che si erano visti a Udine e soprattutto contro la Lazio. Poi, la brutta sconfitta in casa del Sassuolo aveva spazzato via ogni nuova certezza, facendo ripiombare capitan Danilo e compagni nella mediocrità degli ultimi anni. Insomma, un passettino avanti in classifica, ma almeno uno indietro rispetto alle speranze di vedere una Juve diversa in campo.

Invece, i limiti palesati sono sembrati sempre gli stessi. Tecnici, è vero, ma anche di carattere, di personalità, di mancanza di cattiveria agonistica. E forse questi ultimi sono i più preoccupanti. Perché quando il gioco si fa duro, l'impressione è che siano pochi i giocatori all'interno dello spogliatoio in grado di sopportare il peso di una maglia che non è come le altre. Chiesa, Danilo e poi? Questa Juve manca di leader, quei Buffon, Chiellini, ma anche Bonucci, Mandzukic, Marchisio, che hanno fatto la sua storia recente. Si veniva dai quattro schiaffi (almeno due auto-procurati) di Reggio Emilia e quando lo Stadium ha iniziato a fischiare alla fine del primo tempo, la pressione è diventata subito insopportabile. Poi ci ha pensato il gol di Milik a rimandare i processi, ma tutti è parso chiaro che la tanto acclamata svolta non ci sia stata, in realtà.

Anche perché, bisogna dirlo, proprio il pubblico che riempie lo stadio di Torino si sta rivelando un avversario tra le mura di casa più che un supporto. In questo momento la Juve avrebbe bisogno di un sostegno costante e incondizionato dal primo all'ultimo minuto e invece mugugni e fischi arrivano al primo errore. Il decennio di vittorie, irripetibile, ha fatto male a tutto l'ambiente, che non riesce più ad apprezzare niente che non sia un trionfo schiacciante. Ma questa squadra non ha le spalla abbastanza larghe per respingere anche il fuoco amico e avrebbe bisogno, sempre, di un aiuto dagli spalti per crescere. Indipendentemente da Allegri e dal suo gioco.