FESTIVAL DELLO SPORT

Conte, assist al Napoli? "Mi piacerebbe prendere una squadra che ha già vinto"

Il tecnico salentino al Festival dello Sport: "Quando tornerò, per tutti gli altri sarà molto dura"

Ospite del Festival dello Sport di Trento, Antonio Conte ha anche fatto una battuta sul suo futuro. "Un giorno mi piacerebbe allenare una squadra che ha vinto da poco - ha dichiarato - Perché per esempio ho preso il Chelsea reduce da un settimo posto, la Juve dopo il settimo". "Dopo il Tottenham mi sono ripromesso di dedicare tempo alla mia famiglia, è una scelta di vita - ha aggiunto il tecnico italiano - Ma quando tornerò, per tutti gli altri sarà molto dura". Sul ruolo dell'allenatore ai giorni nostri: "Oggi l'allenatore incide in modo molto importante sotto ogni punto di vista. Incide, al 5/10/30 per cento, ma incide". 

"Il calcio è in continua evoluzione, come tutti gli sport. Nel calcio che ho iniziato a giocare io, con Fascetti e Mazzone come allenatori, la loro funzione era quella di secondi padri, che usavano bastone e carota - ha aggiunto Conte -. Il primo anno alla Juventus trovai molte difficoltà, ma Trapattoni per me è stato un papà: si lasciava molto spazio al calciatore e si cercava di gestire lo spogliatoio. Il primo cambiamento si è avuto con Sacchi, e con Lippi: l'allenatore iniziava a curare più aspetti, a darti più informazioni. Odio sentire che noi allenatori dobbiamo fare meno danni possibili. Se il pensiero è quello, non dovresti intraprendere questo mestiere".

Sull'allenatore perfetto. "Dev'essere come un sarto, fare il miglior vestito possibile con la stoffa che ha a disposizione. Dobbiamo mettere il calciatore nelle migliori condizioni di esprimere il talento, senza fossilizzarsi. Ho vinto a Bari due campionati col 4-2-4, quando arrivai alla Juventus volevo giocare con quel sistema di gioco e ho iniziato a farlo. Poi vedendo le caratteristiche di alcuni giocatori, tra cui Pirlo. Avevo anche Chiellini che non si sentiva del tutto di fare il terzino sinistro. E allora ho fatto 4-3-3, poi è nata la difesa a 3. Al Chelsea volevo riproporre anche lì il mio 4-2-4. Ma poi contro l'Arsenal perdevamo 3-0 a fine primo tempo. Poi cambiai modulo e vincemmo il campionato. I moduli sono tutti belli; ma un insegnante può avere tutte le conoscenze del mondo, però deve arrivare alla testa e al cuore degli alunni. Allo stesso modo gli allenatori coi calciatori".

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L'allenatore non deve essere integralista. "Se io vado in una squadra dove ci sono esterni bravi nell’uno contro uno punto su di loro, se c’è un solo attaccante forte provo a metterlo nelle migliori condizioni. La flessibilità prima di tutto. Diventa fondamentale anche saper leggere la partita perché in 90 minuti ha diverse fasi. Glielo dico sempre ai miei calciatori, e se non lo capiscono glielo dico io. Dal 70' in poi subentra la lettura dell’allenatore: capire se puoi vincere, se rischi di perdere. L’essere stato giocatore aiuta nell’aspetto gestionale e so cosa dire al calciatore e come arrivare nella sua testa, sia per un qualcosa di positivo che di negativo".

Conte e l'importanza della mentalità vincente: "Quando sento dire che la storia non conta, per me è una grande bugia. Quando entri nella sede, nel centro sportivo, e ti giri e guardi... essere contornato da trofei, da coppe, comunque ti porta a dire 'questi ce l'hanno fatta, sono qui per cercare di ripetere quello che è stato fatto in passato'. Quando c'è la storia, anche se c'è della polvere sopra, la mentalità vincente la trovi e il percorso si fa meno complicato. Quando mi chiedono 'Mister, ma come si fa ad avere una mentalità vincente?, rispondo 'Vinciamo!'. Quando si vince si capisce cosa porta la vittoria, l'essere celebrati e scrivere la storia; poi hai voglia di ripeterti e fatichi ad accettare la sconfitta". 

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