INTER

Inter, Marotta: "Skriniar e Lukaku delusioni, Lautaro non è come loro"

L'ad nerazzurro a tutto campo: "La Juventus è la favorita per lo scudetto, a un'altra finale Champions ci credo"

"Dico no all’eccesso di prudenza e di umiltà. Se sei all’Inter, devi essere ambizioso, l’asticella deve essere alta. Noi ci dobbiamo credere. Diverso è dire “siamo i migliori”: quella sarebbe arroganza". L'ad nerazzurro Beppe Marotta ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport in cui ha toccato diversi argomenti a partire dalla corsa scudetto, che per l'Inter sarebbe quello della seconda stella: "Ho vinto il mio primo scudetto a Torino con Antonio Conte senza impegni europei. L’esperienza mi dice che poter pianificare la stagione solo con campionato e la Coppa Italia è un vantaggio. Ecco perché dico che la Juventus è la favorita per lo scudetto". 

"È stato l’anno del maggiore cambiamento della rosa, sono arrivati 12 giocatori nuovi. Nonostante questo, giudico il nostro avvio molto positivo - ha proseguito Marotta, che di certo non si tira fuori dalla corsa - Perché ci sentiamo forti e abbiamo una grande considerazione di noi stessi, frutto dei risultati in Europa della scorsa stagione. E sappiamo quanto i tifosi tengano a questo scudetto, che coincide con la seconda stella". 

Problemi in attacco? "Se guardiamo i numeri, il reparto ha funzionato alla grande: non c’è stata neppure una partita in cui siamo rimasti a secco. Piuttosto, abbiamo incassato gol evitabili. E lo scudetto si vince con la migliore difesa". 

Lukaku, rimpianto o delusione? "È il passato, Lukaku è il passato. Non c’è una componente societaria che ancora pensi a lui. Nessuno, dico nessuno. Poi, da uomo di calcio, sono dinamiche che devi mettere in preventivo, non è mica la prima volta che mi capita...". Il riferimento è evidentemente a Milan Skriniar: "Ho provato un forte sentimento di delusione. Perché quando un giocatore non rinnova, non va contro la classe dirigenziale o contro il presidente, ma va proprio contro la storia e il valore del club. Ha fatto un torto all’Inter, non alle persone. Avrebbe potuto rinnovare, gli abbiamo proposto tante soluzioni del genere, anche quella di fissare una clausola rescissoria che tutelasse sia lui sia le esigenze dell’Inter. Ma ha sempre detto no". 

Lautaro rinnoverà? "È giusto che la società faccia attenzione alle situazioni dei propri giocatori: da una parte si tutela l’asset, dall’altra si rafforza il senso di appartenenza. Lautaro non è come Skriniar: se manifesta la volontà di allungare, che corrisponde anche alla nostra, vuol dire che siamo sulla strada giusta e il matrimonio può continuare a lungo. Avere calciatori fidelizzati è un valore aggiunto: se manca il senso di appartenenza, un giocatore non capisce neppure cosa vuol dire giocare o vincere un derby. Il massimo, per una società, è avere un calciatore che rinuncia ad andare in squadre più importanti pur di rimanere legato al suo club. Ha ragione Baggio, in Serie A non c'è nessuno come lui". 

Per gennaio si parla di Taremi. "Non credo. Però siamo l’Inter e siamo sempre attenti a ogni situazione. E ci tengo a dire una cosa: prima i giocatori erano restii ad accettare l’Inter, adesso in tanti vogliono venire, la scorsa estate abbiamo dovuto dire parecchi no. Thuram, Sommer e Pavard ci hanno scelto, vuol dire che l’Inter è considerata credibile". 

Il mercato degli algoritmi? "L’innovazione ti obbliga ad aprire la mente, si sta facendo largo ovunque l’idea dell’intelligenza artificiale. Ma alla base di tutto ci sarà sempre il fattore umano. La scienza non si può sostituire all’uomo". 

Un'altra finale di Champions? "Sì, ci credo. Perché a differenza dello scudetto, dove vince sempre il più forte, la Champions è un po’ come la Milano-Sanremo nel ciclismo: contano anche le circostanze favorevoli". 

Sul caso scommesse - "Sono molto dispiaciuto di quel che sta succedendo. Ma la classe dirigenziale, le società e le istituzioni fanno troppo poco per acculturare i nostri giovani, che sono i calciatori del domani. Non è ammissibile che ancora oggi si debba convivere con un fenomeno del genere".