DOPO LE QUERELE

Caso scommesse, Fabrizio Corona indagato a Milano per diffamazione aggravata

L'inchiesta è scattata dopo le querele di Casale ed El Shaarawy

Fabrizio Corona è stato iscritto dalla procura di Milano nel registro degli indagati per diffamazione a mezzo stampa, dunque aggravata, in relazione alle querele sporte nei giorni scorsi da Stephan El Shaarawy e Nicolò Casale in seguito allo scoppio del caso scommesse. Il fascicolo è in mano al procuratore capo di Milano, Marcello Viola, e al procuratore aggiunto Letizia Mannella, ma non è escluso che venga assegnato a un terzo pm in affiancamento. Al momento, per le accuse pubbliche della settimana scorsa fatte a Striscia la Notizia e sulla testata Dillingernews.it è indagato solo l'ex re dei paparazzi.

Corona, in quell'occasione, aveva fatto i nomi del difensore della Lazio e dell'attaccante della Roma, oltre a quello di Federico Gatti. In Procura a Milano non risultano al momento denunce presentate dai legali del centrocampista dell'Inter, Nicolò Barella, coinvolto nella vicenda da un articolo de La Verità. Nelle querele i legali degli sportivi chiedono di esplorare anche l'ipotesi di reato di calunnia e rivelazione di segreto in relazione ai verbali resi da Corona alla squadra mobile di Torino che indaga sulla vicenda scommesse.

"Benché sia poco incline a espormi pubblicamente, la mia reazione non può che essere fermissima. Quella che è avvenuta è stata, senza mezzi termini, un'operazione infamante e, cosa ancora peggiore, chirurgicamente orchestrata", ha scritto El Shaarawy nella querela depositata venerdì scorso dai suoi legali, gli avvocati Matteo Uslenghi e Federico Venturi Ferriolo. "A tutela mia, della società a cui sono legato e, in definitiva del calcio italiano - ha spiegato ancora il calciatore giallorosso - i suoi autori devono senz'altro risponderne ed essere distolti da eventuali analoghe iniziative".

Risalente invece a giovedì scorso la querela di Casale. "Nicolò non ha mai scommesso su un evento sportivo ed è inaccettabile la gogna a cui è sottoposto sulla base della parola di un delinquente conclamato, pronto a tutto pur di avere visibilità mediatica", ha spiegato l'avvocato Guido Furgiuele.