TRAILRUNNING

Valtellina Wine Trail: Amici Miei tra vigneti, castelli e tentazioni enogastronomiche

Ritorno alla prova marathon per Sportmediaset.it nella classica autunnale valtellinese che taglia il traguardo delle sue prime dieci edizioni

di
© ENDUpix

“Grazie di tutto quello che stai facendo per il nostro sport!” Ben al di là (ma ci vuole poco…) della mia performance sportiva tra vigneti e cantine, castelli e frutteti, è questo il mio più bel ricordo della decima edizione di Valtellina Wine Trail. Il complimento viene dall’amico Fabio Cavallari che chiuderà nella top 100 (su oltre mille partenti e oltre ottocento finisher) la prova marathon da Tirano a Sondrio. Parole che mi risuonano nella testa (e di continuo mi rimotivano) per tutta la durata della gara, pronunciate mentre entrambi eravamo intenti agli ultimi preparativi pre-partenza al calduccio dello storico Caffè Lucignolo di Tirano. Parole che mi tengo strette ancora adesso, come una delle più belle soddisfazioni della mia carriera (da giornalista, più che da sky e trailrunner). Anche perché quello stesso sabato 11 novembre e poi anche nei giorni successivi, attestati di stima del genere ne arriveranno altri.

© ENDUpix

Take me down to the river bend
Take me down to the fighting end
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again

Fly me up on a silver wing

And drop me down to the dream below

'Cause I'm only a crack in this castle of glass
Hardly anything there for you to see 

Da Tirano a Sondrio, da Cavour a Garibaldi, nel senso delle piazze risorgimentali. Ah no, quest’anno si parte da Piazza Marinoni della cittadina che sorge a ridosso del confine di stato, lì dove la Confederazione Elvetica si insinua tra le montagne della Valtellina. Noi però ignoriamo il cambio di programma e - per cambiarci - puntiamo al tradizionale e caldo salone della filiale tiranese di Banca Popolare di Sondrio che affaccia proprio sull’ex luogo di partenza di Piazza Cavour. Ad aprirci l'ingresso di servizio della banca stessa (detto così sembra che ci prepariamo ad assaltarla!) è il suo stesso direttore Dino Pelizzatti: lui pure in gara (e finisher) nella 42 chilometri. Finisce che siamo una trentina al massimo di "irriducibili" a goderci poltrone, bagni e soprattutto tepore del salone negli anni scorso preso d’assalto (ecco!) da centinaia di trailrunners. Mi attacco come la classica cozza al calorifero (la giornata è bellissima ma molto fredda) e lì vorrei rimanere ma poi… il piacere mi chiama. C’è una maratona da affrontare a mezzacosta lungo il versante retico: una manciata di ore di corsa e cammino per coprire una distanza che - poco fa sulla “tradotta” delle Ferrovie Nord - abbiamo coperto in mezz’ora.

Ok, mi stacco a fatica dal calorifero (se non si è capito sono freddoloso: nei prossimi mesi correrò preferibilmente in Liguria e poi la Mezza Maratona di Barcellona…) e raggiungo tutto rattrappito Piazza Marinoni. Il sole non ha ancora toccato i tetti di Tirano, quindi dopo il riscaldamento (sono monotono, lo so) mi infilo nel Caffè Lucignolo di cui all’inizio e scopro che siamo quasi tutti lì. Titolari e personale non fanno differenza tra chi consuma e chi semplicemente scrocca qualche grado in più. Ospitalità tiranese e valtellinese nel suo senso ampio e inclusivo: sono orgoglioso in misura uguale di essere brianzolo per nascita e malenco (valtellinese!) di adozione. In un angolino nascosto, seduta per terra, c’è Elisa Desco che si sta preparando. Tra meno di cinque ore salirà il red carpet di Piazza Garibaldi, vincendo la sua quinta Valtellina Wine Trail. La lascio tranquilla e - a petto in fuori per il complimento di Fabio di cui sopra - affronto il gelo della piazza. Sollevo lo sguardo verso l’alto. L’edificio al cui pianterreno sorge il Caffè è quello della storica Stazione Perego, costruito nel 1926 e quindi prossimo ai cento anni di vita. Al centro della facciata che accomuna stili diversi (Liberty, tardo storicismo architettonico e Art-Déco) occhieggia la scritta “Labor”. Dal latino all’italiano: compito, opera, abilità, energia, impegno, prova, fatica, sforzo. Ok, tutta roba che trattiamo qui, adesso, le prossime tre quattro cinque sei sette ore, i prossimi quarantatré chilometri e mezzo!

© S. Gatti

Mi attardo per un’ultima foto ricordo davanti alla gabbia di partenza con l’amico Paolo Taglietti, che ha corso tutte le dieci edizioni di Valtellina Wine Trail e per questo (invidia!) sfoggia un pettorale speciale come solo pochi altri possono fare e tra di loro Vittorio Pedrazzoli, mio compagno di squadra della Sportiva Lanzada. Solo che poi - con Paolo - non abbiamo più modo di fare il giro e ci tocca prendere posto in mezzo ai top runners che sgaseranno al tre per mille giù lungo il “chilometro orizzontale” (e obliquo) della Statale dello Stelvio che taglia in due la cittadina e che dovrebbe (ma non lo fa mai) sgranare il gruppo in vista delle prime rampe. “Paolo, allo sparo buttiamoci verso le transenne o ci travolgono senza tanti complimenti!”

Partiti! Passano da tutte le parti ma almeno non dovrei trovarmi in coda al gruppo dalle parti del Santuario della Madonna di Tirano. Gli organizzatori hanno aggiunto una variante di percorso tra le via cittadine prima di arrivare al Santuario ma non ce n’è: appena abbandoniamo l’asfalto per salire a strette svolte tra i vigneti verso la millenaria chiesetta di Santa Perpetua, il “mostro” si aggroviglia su se stesso. Si rallenta fino a procedere a passo d’uomo prima, poi di lumaca, fino a fermarsi quasi del tutto: un tappo che non vuole saperne di saltare. Siamo troppi? Si dovrebbe partire a più scaglioni come al TOR? Forse sì ma non sarebbe la stessa cosa, vuoi mettere il plotone che fa tremare l'asfalto? Mah, per adesso portiamo pazienza. Arrivati in quota il “mostro” si stiracchia, si riallunga ad elastico e si può tornare a correre e a corricchiare. Molto bene ma diciamo la verità, dai: a molti di noi (io alzo subito la mano: presente!) non è affatto dispiaciuto tirare il fiato nell’ingorgo dopo la sparata iniziale!

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Cerca i tuoi demoni
E poi affrontali

("Mondo Panico" - Ex-Otago feat. Fabri Fibra)

La prima missione è quella di raggiungere senza troppi danni il passaggio-chiave di Teglio, dove la valle scavata dal fiume Adda e prima ancora dal suo ghiacciaio svolta decisamente: dall’andamento nordest-sudovest a quello est-ovest, all’inseguimento del tramonto. Tra vigneti da attraversare diligentemente, assecondando le linee precise dei filari, e le rampette che portano da un livello a quello superiore (o anche inferiore) non ci allontaniamo mai troppo rispetto al fondovalle principale ma il menu è già lì sotto le suole delle mie affidabilissime ASICS GEL-Trabuco 11, alla ultima prova della loro carriera (sei o sette gare trail e sky piuttosto impegnative, le loro eredi sono già pronte ai box), oltre che dentro i polmoni. Ed è un menu piuttosto indigesto: gara largamente e lungamente corribile, spezzata però da rampe molto secche: terra, cemento, prato, asfalto nel passaggio dei centri abitati che regolarmente tocchiamo. Mi sa che è una giornata storta: le salite mi sembrano… più salite che in passato. Sono alla terza “Wine” 42K ma è la prima da quattro anni a questa parte. L’anno scorso e due anni fa - al rientro da altrettanti infortuni estivi - mi ero dovuto limitare alla 21K al via da Chiuro. Avevo troppa voglia di rimettermi alla prova sulla “lunga” ma forse la preparazione non è adeguata o forse qui si corre troppo rispetto alle mie amate “sky”! Fatto sta che al traguardo di Sondrio rimarrò un’ora abbondante sopra al mio PB (si fa per dire…) del 2019. Quindi… sì: giornata… no!

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Ci arrampichiamo fino alla scenografica Torre de li Beli Miri e - al ristoro - tiro il fiato e mi concedo un-minuto-uno di relax musicale con una band assoldata proprio per aiutare i trailrunners a distrarsi dalla loro fatica (il labor” della Stazione Perego). Doppiata la boa del paese che dà il suo nome alla Valtellina stessa ed è considerata la patria dei pizzoccheri (piatto forte del “terzo tempo” di Sondrio che ci stiamo meritando spingendo sui garretti), ci lanciamo in un veloce trasferimento a mezzacosta in direzione della temuta salita che - via Chiuro - arrampica fino a Ponte in Valtellina. Passaggi tortuosi tra vigneti e frutteti si alternano ad altri in mezzo alle case delle frazioni di alcuni degli undici (vado a memoria) comuni interessati dall’evento VWT. Una signora ci offre delle mele coloratissime e sicuramente succosissime ma… proprio non ce la faccio: stomaco già un po’ sottosopra e primi brividi di freddo. Tocca rinunciare, nei ristori successivi, anche a un calice di rosso e addirittura alla birra e ai taroz, prelibatezza della cucina valtellinese! A scaldarmi ci sono i passaggi all’interno delle aziende vitivinicole, con i loro giganteschi silos, i cunicoli stretti e le scalette, la pavimentazione in piastrelle di cotto rosso che fa pendant con il vino prodotto in quegli antri un po' magici. Soprattutto quell’aria così greve e umida (ma inebriante!) che sembra addirittura frenare l’avanzamento, tanto è densa!

Chiuro è finalmente aggiunta tra un stordimento enologico e l’altro ma proprio qui inizia la tormentosa salita verso Ponte e poi - appena più in là - lo strappo che ci porta brevemente al di sopra della quota dei terrazzamenti e dentro il… freddo bosco. Ne sbuchiamo fuori abbastanza in fretta. Rasentano ormai lo zero le possibilità di scaldarsi le ossa ai raggi di un sole pieno ma ormai prossimo a nascondersi dietro alle montagne. Ho freddo allo stomaco e una sensazioni di aghi che mi pungono il basso ventre come quando hai la temuta pubalgia (già dato, speriamo basta!). Dev’essere da queste parti che vengo raggiunto dall’amico Ivan Crippa, la cui conoscenza (come lui stesso mi ricorda) risale ad una Sky del Canto di quattro o cinque anni fa. Ci facciamo a vicenda da punto di riferimento per tre o quattro chilometri, poi lui mette una marcia in più… o forse sono io che mollo ulteriormente gli ormeggi. Comunque sia, bravo Ivan e alla prossima!

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Uno dopo l’altro (ma fin troppo lontani per i miei gusti) ecco all’orizzonte gli ultimi due passaggi-chiave della maratona: il Santuario di Nostra Signora di Loreto (detto anche la Santa Casa) di Tresivio e poi - oltre Poggiridenti e Montagna in Valtellina - il promontorio sul quale sorgono le rovine di Castel Grumello, a precipizio sulla periferia est di Sondrio. Laggiù a quest’ora è già nei pressi del traguardo l’amico Diego Gianoncelli che realizza un tempo finale che a me è riuscito solo quattro anni fa. Un paio di giorni dopo Diego mi scriverà così sui social: “Grazie Stefano. Giuro che se non avessi letto ogni tuo post in questo periodo non sarei neanche partito. Il tempo non conta, l’importante è divertirsi. Ti sembrerà un po’ strano ma questa ‘Wine’ la devo un po’ anche a te”.

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Ci siamo insomma, o quasi. La traccia di gara infatti snobba ancora il fondovalle e i tetti del capoluogo valtellinese, puntando invece tra allunghi e strappi sulle sue frazioni più alte e in particolare sulla spettacolare Passerella delle Cassandre che collega le località di Ponchiera e Mossini, scavalcando il profondo canyon (le Cassandre, appunto) scavato - appena prima di sfociare nell’Adda appena ad ovest di Sondrio - dal torrente Mallero che raccoglie le acque del massiccio del Bernina, di quello del Disgrazia e di quello dello Scalino. La geografia è sempre stata una delle mie materie preferite a scuola... e anche dopo.

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Giunti qui, ormai agli ultimi due chilometri di gara, aprendo doverosamente una finestra spazio-temporale, mi sembra giusto fermare un attimo la corsa e (chi legge penso lo farà volentieri con me) per ricordare Mario “Zenin” Conti, il "Ragno" di Lecco che solo un paio di giorni dopo il passaggio della "Wine" è scomparso da queste parti, nel corso della sua camminata quotidiana sui sentieri della parte iniziale della Valmalenco. Mario, proprio lui, protagonista con i "Ragni della Grignetta" della spedizione al Cerro Torre dell’estate australe del 1974 (mezzo secolo fa esatto il prossimo 13-14 gennaio) che vide lo stesso Corti e il capospedizione Casimiro Ferrari firmare quella che è ormai universalmente accettata e riconosciuta come prima salita ufficiale dell’Urlo di Ghiaccio della Patagonia, subito seguiti in punta dalla seconda cordata formata da Daniele Chiappa e Pino Negri. Anche l'alpinismo è una delle mie materie preferite ma stavolta avrei fatto volentieri a meno di trattarne.

Attraversata la Passerella, giù per i tornanti d’asfalto che conducono attraverso un sentierino nel bosco fino alle prime case di Sondrio e al suo caratteristico centro storico, mi imbatto nella comitiva di “La vita è bella Run” from Ardenno: Guenda, Assunta, Giampiero, Aldo, Jlenia ed Elio (Bondanza), con il quale scambio quattro chiacchiere dopo che lui mi ha riconosciuto, tributandomi un altro attestato di stima e di riconoscenza per questi racconti di viaggio. Raggiunto l’asfalto, il gruppetto si ferma per ricompattarsi e tagliare il traguardo insieme. Lo devono a loro stessi e alla loro missione.

© S. Gatti

Prima di… avviarmi al traguardo, ospito le parole di Elio. Lui e i suoi compagni di viaggio se lo meritano: "La vita è bella Run è una gara non competitiva di trail running nata nel 2019 per ricordare Daniele Bertolini, figlio di uno di noi, scomparso poco più di cinque anni fa a causa di un incidente stradale e fortemente voluta, patrocinata e sponsorizzata dalla Fondazione Pro-Valtellina che - con la partecipazione della Prefettura di Sondrio - ha costituito il fondo di beneficenza La voce di Daniele, del quale La vita è bella Run (giunta la corsa estate alla sua quinta edizione) rappresenta la principale fonte di finanziamento. La gara si svolge la seconda domenica di agosto a Buglio in Monte (provincia di Sondrio) su un percorso di 10 chilometri per 700 metri di dislivello positivo. Grazie alle somme raccolte durante l’evento e confluite nel fondo La Voce di Daniele, Fondazione Pro-Valtellina ha contribuito al finanziamento di iniziative rivolte all’ambito scolastico e a quello della fragilità sociale. Stiamo valutando la possibilità di rivolgere la nostra attenzione ad un importante progetto culturale e di divulgazione scientifica, attualmente allo stato embrionale. La denominazione La vita è bella Run è stata scelta come inno alla vita e alla gioia".

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Torniamo a noi. Ultimo chilometro tutto a svolte secche sul selciato e tra le viuzze del bellissimo centro storico, in mezzo allo struscio del sabato pomeriggio, con gli abitanti di Sondrio che incoraggiano, incitano e spingono a dare fondo alle ultimissime energie. Fino a traguardo, passando per Piazza Campello, occupata al suo centro dalla Collegiata dei Santi Gervasio e Protasio. Collegata (scusate il gioco di parole) a Piazza Garibaldi dal breve ma memorabile allungo "liberatorio" tra le transenne di Corso Italia. È andata anche questa: mi avvio “bello” infreddolito verso l’area-cambio appena fuori dalla piazza, mi metto addosso qualcosa di caldo e soprattutto di asciutto, poi resisto non so come (anzi sì) alla tentazione dei pizzoccheri. Mi attendono nell’ordine il ritorno nel mio buen retiro di Lanzada (nella vicina Valmalenco) e una doccia che non  sarò solo caldissima: di più! A quel punto sarà la volta del gran finale: una sostanziosa cena di compleanno in famiglia a base di… ogni ben di Dio della cucina valtellinese, cucinato negli ormai apprezzatissimi lavéc di Arianna e Nicola!

© ENDUpix

Bring me home in a blinding dream
Through the secrets that I have seen
Wash the sorrow from off my skin
And show me how to be whole again

'Cause I'm only a crack in this castle of glass
Hardly anything there for you to see 

("Castle Of Glass" - Linkin Park)

© S. Gatti
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