Al di là delle interpretazioni campanilistiche di una grande parte della stampa nostrana, la richiesta di sconto di pena inoltrata da Alex Schwazer ad AIU e WADA era destinata a fallire già dall’inizio, viste le precedenti tre squalifiche dell’atleta e la non corrispondenza con i criteri imposti dal codice mondiale antidoping per ottenere il rientro anticipato ma cerchiamo di capire nel dettaglio quali siano state le ragioni oggettive.
L’atleta altoatesino dopo l’archiviazione del procedimento penale per frode sportiva, che non ha invalidato in alcun modo la positività agli steroidi esogeni con conseguente sanzione sportiva di 8 anni, ha creduto di poter sfruttare quanto previsto dall’articolo 10.7 del codice WADA, che prevede la possibilità di riduzione del periodo di sospensione se si fornisca all’autorità antidoping collaborazione.
Molti media hanno sollevato l’opinione pubblica parlando di diritto negato e sconto dovuto, ma per capire la questione bisogna inquadrare meglio il caso ed i soggetti coinvolti.
L’attuale squalifica è stata emessa nel 2016 con sentenza del TAS di Losanna che è il massimo tribunale sportivo del mondo, ed anche con l’ordinanza di archiviazione penale del tribunale di Bolzano, le decisioni della giustizia sportiva possono essere riviste solo a seguito di richiesta di revisione del processo, che nello per sport mondiale è esclusiva competenza del Tribunale Federale svizzero il quale aveva già respinto, con sentenze motivate, i due ricorsi presentati dai legali di Schwazer nel 2020 e 2021.
Inutile quindi prendersela con la WADA, la AIU (organismo disciplinare di World Athletics) o il CIO, che non hanno potere di emettere direttamente sanzioni né di toglierle, questo compito spetta ai tribunali preposti dopo regolari processi.