La sconfitta di Belgrado, con un vantaggio di 15 punti dilapidato in un quarto e mezzo con un parzialone di 31-4 subito senza opporre resistenza, è solo l’ultimo episodio di una stagione fin qui fortemente negativa per la squadra di Ettore Messina.
I NUMERI - Da ottobre 2022 a oggi l’Olimpia ha giocato 47 partite in Eurolega, con un bilancio fortemente negativo per essere una squadra con la chiara intenzione di stabilizzarsi tra le big d’Europa: appena 19 vittorie e ben 28 sconfitte. Tra le big o presunte tali, e comunque tra le squadre con un certo budget a disposizione, è nettamente la peggiore. I numeri di questa stagione sono altrettanto impietosi: 24 partite ufficiali, 9 vittorie e 15 (quindici) sconfitte.
L’ANNO SCORSO – Un anno fa, con l’handicap di infortuni pesanti, dopo 13 giornate si trovava all’ultimo posto insieme all’Alba Berlino con un poco dignitoso record di 3-10, quest’anno il record è di 4-9 che vale il sedicesimo posto. La prolungata attesa per il recupero di Pangos, che non avrebbe poi mai pienamente convinto, ritardò l’arrivo di un nuovo playmaker.
Shabazz Napier firmò a fine gennaio, quando l’Olimpia era ultima a 6-15. E fu troppo tardi: a nulla servì lo sprint finale (9 vittorie e 4 sconfitte),
playoff falliti e misero dodicesimo posto finale. Un fallimento con poche attenuanti, perché bisogna chiamare le cose col loro nome, nascosto dalla vittoria del campionato a gara 7 contro la Virtus.
IL CASO PANGOS – Il mercato, a oggi 8 dicembre, è un flop clamoroso. A partire dalla gestione di
Kevin Pangos. Firmato nell’estate 2022 con un biennale pesante, frenato da vari infortuni, mai in grado di mettere le mani sul volante della squadra (per dirla alla Messina), panchinato – anzi tribunato – durante la finale scudetto. In una sola parola,
silurato. Ma, proprio per il suo contratto oneroso difficile da transare, in costante bilico per tutta l’estate. Quando l’Olimpia ha cercato invano di arrivare a un profilo di
point guard di livello superiore, in grado di assumere la leadership della squadra. Risultato: una serie di obiettivi non centrati (da
Darius Thompson a Kostas Sloukas, per citare i due casi più eclatanti) e la conferma forzata di un giocatore palesemente sfiduciato. Che infatti dopo un mese e poco più è stato
messo ai margini dallo stesso Messina nonostante la mancanza di un’alternativa subito disponibile sul mercato.
IL MERCATO - Attorno a Pangos è stata costruita una
squadra chiaramente sbilanciata, con un reparto di esterni (che aveva l’incognita dell’infortunio di Baron che non si è ancora visto in campo) in cui il solo
Shavon Shields ha la certificazione di top player. E con una batteria di lunghi infinita, senza un centro vero e proprio di spessore. Non lo è
Melli, che regala il meglio quando viene impiegato da ala forte. Lo è stato
Hines, ora non più. Lo sarà, forse,
Kamagate che fatica però a entrare nelle rotazioni. E non lo è
Poythress, fin qui il più deludente in assoluto.
MIROTIC
– C’è poi il
caso Mirotic, il più grande colpo di mercato dell’estate biancorossa e probabilmente non solo. Il suo arrivo ha acceso gli entusiasmi di molti. Il livello del giocatore è indiscutibile e infatti il suo avvio di stagione, numeri alla mano, è stato da MVP totale. Il problema però è come (non) si sia incastrato col resto della squadra. Da 4, il suo habitat naturale,
toglie spazio nel ruolo a Melli e pure Voigtmann che sono due eccellenti opzioni nello spot di ala grande. Ecco allora la famosa (e discussa)
metafora del divano di Ettore Messina. Che per farci sedere un po' tutti ha spesso schierato l’ex Barcellona da ala piccola. Con risultati scadenti, mettendo in difficoltà Mirotic (ora peraltro ai box e chissà per quanto) nella metacampo difensiva contro attaccanti di stazza e agilità ben diversa dalla sua.
LE PROSPETTIVE – Inutile girarci attorno. L’Olimpia sta buttando a mare una stagione nel giro di poche settimane.
Serve fare qualcosa, alla svelta. La proprietà ha ribadito l’assoluta e incondizionata fiducia in Ettore Messina? Bene, allora serve un intervento (o due?) sul mercato per correggere un roster costruito male. Fin qui i profili analizzati non hanno convinto il club a finalizzare quel colpo nel reparto esterni che servirebbe come l’ossigeno (ma non era proprio possibile
fare uno sforzo per Kendrick Nunn?).
ETTORE MESSINA – E’ il nome in cima alla lista dei responsabili dell’attuale situazione. Perché
di questa squadra è il coach e anche l’architetto. Quello che ha l’ultima parola su tutto. Su questioni di campo e in sede di mercato, di scelta dei giocatori.
L’Olimpia gioca complessivamente male, perde anche in Italia contro squadre molto meno attrezzate. Domenica al Forum arriva la Virtus che potrebbe dare il colpo di grazia alle possibilità dell’Olimpia di arrivare persino a giocarsi le Final Eight di Coppa Italia. Impensabile solo fino a qualche settimana fa. E allora l’interrogativo finale non può che essere questo.
Se è vero che per due volte nell’ultimo mese ha presentato le dimissioni da coach della squadra, come fa ad avere dentro di sé la convinzione di poter ancora salvare questa stagione?
Gira tutto intorno alla risposta, che solo lui può conoscere. Ma intanto il tempo passa e la situazione generale della squadra precipita sempre più. Così come il patrimonio di entusiasmo e credibilità costruito in anni di lavoro.