Quattro giorni. Quattro soli giorni, finalmente, al termine di questo incubo chiamato calciomercato estivo. Una follia, un non senso in termini generali – ma può durare tre mesi e rotti, esondare sull'inizio del campionato? – e un'agonia per quanto riguarda certe squadre, tipo il Milan. Personalmente, non mi iscriverò al club del last minute, del presunto pathos per presunti colpi da piazzare in extremis. Sono due mesi e forse anche di più che viene evocato il nome di Correa, “rilanci” e “aperture", “volontà del giocatore” e “formule”, non se ne può più, ora basta, dai. Se il Milan avesse avuto la forza di prenderlo, lo avrebbe già preso e in ogni caso la logica vorrebbe che una società con idee e mezzi consegnasse gli uomini all'allenatore prima dello start del campionato.
Così non è andata in casa rossonera, e abbiamo già visto come questa incompiutezza si sia riversata in maniera negativa sull’inizio della stagione ufficiale; adesso, si cerca appunto di mettere la pezza delle ultime ore, cambierà un poco la sostanza – forse – ma non il significato, il messaggio su questa prima campagna condotta dal trio Boban-Maldini-Massara, e non può essere che un messaggio di difficoltà dovuta all'inesperienza. C'erano due gran premi della montagna, da scalare, e purtroppo la nuova diligence milanista ci si è impiantata: i paletti economici imposti dalle ragioni del bilancio e la merce obiettivamente non di primissima qualità messa sulla bancarella delle vendite. Lo sappiamo tutti, è il leit-motiv fin dalle prime battute della sessione: la proprietà ha messo a disposizione un budget e tutto il resto va ricavato dalle cessioni. Ma vendere è un'arte, specie se il tuo prodotto non lo vuole nessuno, almeno al prezzo a cui lo vorresti mollare tu. Ancora prima che nella colonna degli acquisti, la panne milanista va letta dall’altra parte: Cutrone al Wolverhampton, a una cifra che molto ha fatto discutere, e il prestito di Laxalt.
Cutrone fatto grazie a Jorge Mendes, alla cui superpotenza la squadra di Casa Milan si è affidata nella consapevolezza della necessità di avere un alleato forte, uno che sul serio muove i fili. Un mercato quasi totalmente appaltato al superagente portoghese, insomma, e non ha funzionato: non si è mai seriamente lavorato a un'alternativa a Correa per non spezzare l’asse, ma nemmeno il controllo totale di Wolverhampton, Monaco e l'influenza fortissima su Atletico Madrid e altri club tipo Porto, o Sporting ha consentito di piazzare a pagamento le eccedenze. Andre Silva non lo vogliono neanche i parenti, Kessié ha detto no a Wolves e monegaschi, Castillejo lasciamo perdere. E dietro a questo scenario, la realtà del vuoto totale di offerte vere, esterne al giro Mendes, anche su giocatori di cui si poteva considerare il sacrificio in caso di entrata importante, vedi alla voce Suso, Calhanoglu, Rodriguez. Niente da fare, non sono elementi che hanno mercato, e ormai è tardi. Grande direttore sportivo è chi sa cedere, mi ricordava qualche settimana fa un importante addetto ai lavori, comprare è facile, se hai i soldi. Una lezione, un’esperienza negativa che sicuramente verrà imparata dalla troika rossonera. Nessun processo, e ora si provi a costruire con quello che c'è: e tanto per cominciare, il 3 settembre sarà comunque una giornata di sollievo.