“Wherever you are from… come on! You are looking good!”. L’incoraggiamento più azzeccato nel momento più impegnativo della Mezza Maratona di Barcellona arriva da un attempato gentleman che - con un meraviglioso accento londinese - ci incita a… spingere a fondo, da qualsiasi parte del mondo veniamo (a proposito, cosa ci fa lui qui?), ricordandoci che... stiamo andando bene. Mente sapendo di mentire ma non importa! Siamo nel breve tratto di collegamento tra la Diagonal presa verso ovest e il ritorno nella sua direzione opposta e l’incoraggiamento from England è un vero e proprio “lancio” verso il finale della eDreams Mitja Marató Barcelona by Brooks, alla quale il brand americano ci ha invitato per una running experience che - trovandosi al di fuori dalla nostra comfort zone sky e trail - stiamo preparando ormai dallo scorso autunno. Un’occasione davvero internazionale per contesto, atmosfera e contenuto. Il focus della nostra tre giorni nella seconda città della Spagna è il lancio della Glycerin 21 che - come nostro costume - decidiamo di sottoporre ad un running test agonistico “out of the box”. Senza girarci troppo intorno, se non... alla stessa Barcellona.
Oops, we did it again! Sulla scorta di quanto fatto all’inizio della scorsa estate con la Cascadia 18 nella Livigno Skymarathon, anche a Barcellona diamo alla Glycerin 21 il battesimo della strada direttamente in gara. Per l’occasione, abbiamo scelto la versione GTS con sistema di supporto Guiderails. Prima della… prima, solo una leggera sgambata di vigilia lungo lo scorrevole percorso tra la torre dell’Hotel Arts che ci ospita al Port Olimpic e la spiaggia di Barceloneta, fino alla spettacolare “vela” di vetro e acciaio di W Barcelona.
Siamo pronti a schierarci al via della trentaquattresima edizione della prestigiosa “mezza” catalana, momento clou di un weekend fitto di appuntamenti, incontri, preziose e imperdibili occasioni di interazione professionale ma anche convivialità e amicizia per più di duecento di noi tra ospiti, stampa specializzata e retailers. La maggioranza dei quali hanno incorniciato il fine settimana barcellonese attaccando il pettorale e prendendo parte alla sua Mitja Marató.
Ho abbandonato otto anni fa la mia predilezione per questa distanza, a favore di un percorso agonistico “alpino”, ma il ritorno one-off all’antico amore (chissà che non sia un ritorno di fiamma!) apparecchia la tavola ad un test privo di sovrastrutture di sorta e quindi in qualche modo più spontaneo e “user friendly”, nel senso del semplice amatore. Credo che la missione sia quella giusta anche dal punto di vista di chi mi ha coinvolto in questa operazione.
Non stiamo comunque andando allo sbaraglio. Per competenza ed esperienza ma poi anche perché - come anticipato - la mezza maratona della quale Brooks è title sponsor per il 2024 e il 2025 è stata preceduta da due intere giornate di full immersion… nell’azzurro. Con un ricco “speech” di presentazione della Glycerin 21 andato ben oltre la strettissima attualità e una visita approfondita all’Expo che fa da quartier generale all’evento e in particolare al grande spazio Brooks che sta al suo centro e offre una visione panoramica e al tempo stesso approfondita e capillare sull’heritage Brooks, sul suo presente estremamente vivace e su un futuro di fatto già iniziato.
Lo scambio di informazioni e punti di vista tesse una rete virtuosa che non smette mai di riannodarsi e di rinsaldarsi, anche durante la visita allo spettacolare e in qualche modo onirico Parc Güell, progettato dal grande architetto catalano Antoni Gaudí e inaugurato nel 1926, ormai quasi un secolo fa.
Particolarmente interessante - sotto questo aspetto - l’incontro con Gerard Klein, dalla scorsa estate Footwear Merchandising Director di Brooks Running EMEA. La conversazione con il manager olandese ci permette di ampliare la conoscenza specifica della Glycerin 21 e soprattutto della filosofia che l’ha ispirata: sia a livello di tecnologia, sia di visione e di proiezione verso un futuro che è già iniziato e potrebbe a medio termine offrire novità significative, visto che il massimalismo attualmente imperante è vicino al suo punto culminante, come esige la ciclicità che influenza e ispira le aziende ben al di là delle mode.
Le Brooks con le quali correremo tra tre-cinque anni sono già pane quotidiano degli esperti del brand e dell’intero settore ed è in qualche modo significativo pensare che - nel vero senso della parola - il punto di contatto tra la nostra passione e il suo teatro d’operazioni, tra la nostra passione e il terreno sul quale si esprime (mentalmente e fisicamente), sia già oggetto delle cure quotidiane di chi ha fatto della nostra passione il suo lavoro.
Chiedo a Gerard come sia possibile far combaciare il business aziendale con la responsabilità verso il consumatore finale che è nelle linee guida di Brooks, nel suo stesso DNA. La risposta è circostanziata ed esauriente e ha in qualche modo a che fare con la sottolineatura che - su precisa domanda di Rosario Palazzolo, direttore di Runner’s World Italia con il quale divido lo slot dell’intervista - Klein fa parlando del passaggio di consegne tra il vecchio motto (o claim, visto il contesto sovranazionale) “Run Happy” e il nuovo “Let’s Run There”. Come dire tra una corsa (giustamente) spensierata e che tale rimane e un’evoluzione più focalizzata, matura e - appunto - responsabile.
Volendo invece scendere sul piano della tecnica, trovo al tempo stesso straniante e inaspettatamente intrigante il parallelismo tra il mondo del running e quello… della Formula Uno, tra l’ultima nata di Brooks e una Red Bull (nel senso della monoposto). Parte tutto dalle presentazioni iniziali, dalla nazionalità del mio interlocutore (olandese come il tre volte campione del mondo Max Verstappen) e la mia specializzazione motoristica. In fondo - anzi, sul fondo - il differenziale (drop) dell’intersuola tra la parte posteriore (tallone) e la parte anteriore (punta) delle scarpe da running (quello delle Gly 21 ammonta a 10 millimetri) non è concettualmente molto diverso dall’effetto "rake" delle Red Bull da Gran Premio. Una regolazione quest’ultima molto aggressiva (assetto "picchiato", il retrotreno dell'auto notevolmente più alto da terra rispetto all’avantreno), efficace però solo se il prodotto - auto oppure… scarpa - è sostenuto da un’ispirazione vincente e subito dopo da un progetto globale di altissimo livello in ogni sua componente.
Okay, ora ne sappiamo abbastanza per affrontare con la consapevolezza necessaria la Mezza Maratona di Barcellona by Brooks, la più importante della Spagna su questa distanza e la seconda in Europa. La parola passa quindi alla strada, anzi alle strade della Ciutat Comtal (Città dei Conti) e alle mie Glycerin 21 in versione GTS, con sistema di supporto Guiderails.
Visto che ci è stata assegnata la stessa wave di partenza, con Rosario e con l’altro collega e amico Daniele Milano ci diamo appuntamento per… cavalcare l’onda insieme, almeno al via che però - nella fiumana non così ordinata (come dovrebbe essere) che precede il momento di entrare in azione - ci coglie un po’ di sorpresa. Si passa insomma senza un semaforo verde vero e proprio dalle chiacchiere pre-gara al momento di menare le gambe e riservare ad altro il fiato! La circostanza mi lascia perplesso ma forse è anche in qualche modo imparabile, dato che dalle parti del Parc de la Ciutadella siamo più o meno in ventottomila (nuovo record, un quarto degli iscritti in più di un anno fa) al particolare "via" della prova.
Con Rosario ci diamo una mano a distanza (poca!) nei primi chilometri, facendoci da punto di riferimento (prima io a lui, poi lui a me) grossomodo lungo tutto il primo terzo della distanza: quello che punta ad ovest, proprio come ci indica… Cristoforo Colombo dal punto più alto del monumento a lui dedicato. Raggiunte le… Colonne d’Ercole di Plaça Espanya (chilometro 4), si inverte la rotta puntando sul rettilineo infinito (a noi però ne toccano “solo” tre chilometri”) della Gran Via, che abbandoniamo all’altezza dell’Arc De Triomf (chilometro 7, se la matematica non è un’opinione), a poca distanza dall’arrivo: tanto è vero che si sentono benissimo le voci del traguardo, anche perché a quest’ora i top runners stanno chiudendo la loro prova.
A proposito, in gara-uomini il keniano Kibiwott Kadie (già primatista iridato su questa distanza) taglia per primo il traguardo con trentotto secondi di anticipo sullo scoccare dell’ora di gara, precedendo di un solo secondo lo svedese Andreas Almgren, mentre Roncer Kipkorir Ronga (lui pure keniano) sigilla con il tempo finale di 59 minuti e 28 secondi un podio tutto sotto i sessanta minuti di gara.
Successo made in Kenia anche tra le donne: Joyciline Jepkosgei vince con il nuovo record di un’ora, quattro minuti e 27 secondi (ventiseiesima della classifica assoluta, a cinque minuti esatti dal terzo gradino del podio maschile), seguita da Senbere Teferi (Etiopia, staccata di undici secondi dalla vincitrice, ventisettesima del ranking M/F) e dall’altra keniana Gladys Chepkurui, al traguardo con il finishing time di un’ora, sei minuti e 32 secondi (quarantanovesima). Kenia power a Barcellona insomma con Kandie e Jepkosegei, solo poche ore prima dell'incidente stradale che costa la vita in patria al loro connazionale Kelvin Kiptum, il ventiquattrenne primatista del mondo della maratona, record fissato lo scorso autunno a Chicago in due ore e 35 secondi.
Sempre a livello di classifica, da menzionare con moltissima ammirazione la grande olimpionica portoghese Rosa Mota (oro nella Maratona dei Giochi Estivi di Seoul 1988) che ritocca il primato Mondiale Master nella categoria F65 (un’ora, 24 minuti e 25 secondi, 1534esima assoluta di oltre 24mila finishers).
Tornando alla gara maschile, bella performance di Roberto Delorenzi: il forte atleta ticinese del team Brooks chiude ventunesimo in volata con il compagno di colori spagnolo Alex Garcia Carrillo, entrambi accreditati del tempo di un’ora, quattro minuti e otto secondi, azzeccando quasi al secondo il tempo che ci aveva… anticipato la sera prima in una lunga conversazione sul suo calendario 2024, nel quale la corsa su strada è funzionale ad una stagione incentrata sulla corsa in natura: Europei Off-Road di fine primavera ad Annecy (in Francia), Skyrunner World Series e Golden Trail Series. Per non farsi mancare niente!
Torniamo molto più modestamente nella pancia dell’infinito serpentone di noi amatori. La parte centrale dell’itinerario taglia la città (disposta lungo un piano inclinato che dalle colline del primo entroterra digrada verso la costa) da ovest verso est, correndo parallela al mare (ma ad una certa distanza) e sostanzialmente in piano, ma non mancano i tratti ondulati: lungo il traverso stesso e - a maggior ragione - nei punti in cui la traccia si avvicina alla costa per poi di nuovo allontanarsene.
Il dislivello complessivo sarà alla fine di poco più di centosessanta metri. Cerco di tenere d’occhio Rosario ma poi lo perdo di vista. Siamo veramente in tanti e poi lui sembra proprio averne di più: taglieremo il traguardo a un minuto di distanza. Siamo un fiume indistinto che corre verso il mare e questa per quanto mi riguarda (per altri potrebbe essere invece il suo bello) è la seconda controindicazione di un evento da grandi numeri come questo e anche in questo caso (come per la partenza “diffusa”) legata al basso “peso specifico” di agonismo…
La doppia “vasca” su viale e controviale della Diagonal è il piatto forte del tratto di gara (dal chilometro 13 al chilometro 16) che introduce il terzo finale di gara, piuttosto movimentato e vario: la prossima “fetta” di torta da tre chilometri corre lungo l’Avenida Litoral. Tocca spingere ancora e provare a garantirsi un finale di gara come si deve.
Svolta secca a destra all’altezza del nostro Hotel Arts e della torre gemella MAPFRE, di nuovo verso l’interno lungo il Carrer de la Marina. Ci si para davanti all’orizzonte da un momento all’altro la sagoma da astronave aliena della Sagrada Familia progettata dal già citato Gaudí. Lontanissima eppure gigantesca, irraggiungibile come un miraggio ma al tempo stesso lì da toccare. Sospesa a mezz’aria ma ben ancorata al suolo. È forse il solo momento di tutta la gara nel quale riesco davvero a distrarmi dalla “mezza” missione.
Senza mischiare sacro e profano, nel mio campo visivo appena sotto la grande basilica rimasta incompiuta eppure “perfetta” si staglia il doppio arco azzurro che - in entrata e in uscita - delimita il Brooks Cheering Kilometre, pensato dal team Brooks (con l’aiuto dei volontari locali e degli spettatori) per aiutare i runners a richiamare le ultime energie e spingerli a gran voce a rilanciare l’azione a poco più di un chilometro dalla meta. Attingo qui le ultime energie per mettere la freccia a sinistra sul Carrer de Pujades che delimita a nord il Parc de la Ciutadella e mette fine alla mia fatica un’ora, quarantacinque minuti e 57 sudatissimi secondi dopo il via dal vicino Paseig de Picasso.
Non resta che mettermi in fila per ritirare la mia medaglia finisher, riconsegnare il chip che si è incaricato di rilevato la mia modestissima performance e correre (ancora!) verso la doccia e poi… l’aeroporto. Felice e già oltre con la testa. Brooks: Run Happy, Run There.