Vent'anni senza Pantani, il desiderio di mamma Tonina: "Voglio verità, non vendetta"
La mamma del campione ha lanciato un appello per scoprire quanto sia accaduto la notte del 14 febbraio 2004
Due ruote e infiniti sogni: questa era l'essenza delle imprese titaniche di Marco Pantani, le quali hanno marcato nitidamente la storia del ciclismo mondiale. Una carriera colma di traguardi e soddisfazioni superlative, ma su cui ha pesato l'ombra di quel controllo non passato a Madonna di Campiglio nel 1999. Da lì una parabola discendente culminata con la morte il 14 febbraio 2004, ma che non ha mai cancellato l'amore dei suoi tifosi. A distanza di vent'anni il ricordo è ancora vivo come dalla mamma Tonina che continua la sua battaglia per conoscere cos'è successo quella notte. "Non voglio vendetta, voglio solo la verità. Voglio sapere solo cosa sia successo - ha spiegato la mamma in un'intervista rilasciata a Davide Dezan per Sportmediaset -. Nella mia testa lo so già, ma quello che desidero è che venga riscritta la storia, non quella che troviamo ora".
Numerosi i ricordi apparsi in occasione dell'anniversario a partire da quello dell'ex commissario tecnico Davide Cassani che ha conosciuto da vicino Marco. "Se fosse stato un professionista avrebbe avuto il desiderio di vincere il Giro d'Italia e il Tour de France nello stesso anno come ha fatto, altrimenti sorprendere tutti e andare a vincere la Milano-Sanremo. Marco amava le imprese, non impossibili, ma difficili. Quando aveva 17 anni amava prendere le salite in coda per raggiungere e staccare tutti gli altri - ha spiegato l'ex ct intervenendo a A Tutto Sport su Cusano News 7 -. Di sogni ne aveva tanti, come tutti noi che sognavamo di diventare professionisti, lui aveva il sogno di vincere un Giro d'Italia e il Tour de France, in pratica di riempire le giornate con qualcosa di bello. Lui amava andare al massimo e quando si è reso conto che la bicicletta lo poteva portare in cima al mondo l'ha cavalcata e ci è arrivato. Purtroppo poi pero' sappiamo com’è andata".
Cassani ha parlato anche delle sue numerose cadute, fra le quali spicca senza dubbio quella di Madonna di Campiglio dove, alla vigilia della penultima tappa, il Pirata non superò i controlli del sangue e venne sanzionato con quindici lunghi giorni di sospensione. L'esito dei controlli ha rilevato l'ematocrito elevato e così, la luce della stella del ciclismo stava lentamente iniziando a svanire. Il rancore e la depressione hanno rappresentato un punto di non ritorno, un ostacolo ben più potente della sua determinazione.
"Se adesso dopo vent'anni siamo ancora a parlare di Marco Pantani vuol dire che ci ha lasciato qualcosa. Da quando se n’è andato la gente non si è dimenticata di lui, anzi, è continuamente a ricordarla. Pantani ha fatto innamorare milioni di persone e continueremo a parlare di lui e delle sue storie fantastiche - ha sottolineato l'ex professionista bolognese -. Io mi auguro tanto che le illazioni su di lui si interrompano, ma sarà sicuramente cosi' perché restano le sue imprese, il bello è ricordare e soprattutto avere quella dolce malinconia di ricordare Pantani che sia ancora in mezzo a noi. Io se chiudo gli occhi mi viene da sorridere alle imprese di Pantani e sono impresse nella mia mente e come di tanti altri".
Tra polemiche e perplessità, il sipario è calato inaspettatamente il 14 febbraio 2004, nella solitudine di una stanza di un residence di Rimini, dove il Pirata è stato ritrovato senza vita e su cui ancora oggi si stende un lungo velo di mistero.