CHAMPIONS LEAGUE

Napoli, da Mazzarri a Calzona la differenza è enorme e si chiama Osimhen

 La fortuna del nuovo allenatore è stata quella di ritrovare il nigeriano motivato e convinto, il pari contro il Barcellona è tutto merito suo nonostante botte prese e stanchezza

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@Getty Images

Il calcio è più semplice di quanto vogliano farci credere. Quando una squadra può contare su un fuoriclasse, i problemi si risolvono, almeno al 70-80%. Il Napoli ha tenuto testa al Barcellona, non perché è arrivato Calzona o perché c'è stata una scossa nello spogliatoio. Il Napoli se l'è giocata perché è tornato Osimhen. Non al 100%, non con tutta la sua potenza devastante, Però è tornato e tanto basta per svoltare. 

Napoli-Barça, le immagini del match

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Quando giocava Ronaldo Fenomeno, si diceva che per farlo rendere al massimo ci fosse un solo schema: palla a lui e tutti ad abbracciarlo. Osimhen è qualcosa di simile a quel patrimonio dell'umanità. Basta la sua presenza per fare la differenza. Basta dargli un pallone decente per seminare il terrore tra i difensori avversari, anche quelli bravi come i due centrali del Barcellona. Un gol come quello di Lewandowski, di pura tecnica, lo possono segnare in tanti. Un gol come quello di Osimhen lo possono segnare in pochi perché unisce forza fisica, tecnica, furbizia e istinto da killer. Un mix realizzato dopo 75 minuti di botte prese, di raddoppi di marcatura, di servizi approssimativi. Stanco e pesto, ma inarrestabile. 

Se si va ad analizzare la stagione tormentata del Napoli, per ora il periodo migliore per punti guadagnati è quello di Rudi Garcia che ha beneficiato di 6 gol del nigeriano in campionato. Mazzarri, al di là delle sue colpe, non ha praticamente mai avuto a disposizione il suo centravanti e questo ha fatto la differenza. Servivano delle idee e delle scelte, invece Simeone e Raspadori hanno avuto in maniera alternata le loro occasioni, quasi tutte sprecate. Osimhen è di un'altra categoria e nessuno può offendersi di fronte a questa affermazione. LO ha capito perfettamente Aurelio De Laurentiis, che gli versa lo stipendio più alto della storia del club e che ha tenuto duro (finora) di fronte alle lusinghe delle superpotenze economiche europee. 

Francesco Calzona è un uomo fortunato oltre che un lavoratore serissimo. Però la fortuna è importante nella vita. Arrivare a Napoli e trovare un Osimhen così motivato e così convinto di quello che fa, è davvero un bel modo di cominciare. La partita con il Barcellona è di quelle che possono togliere il sonno e che se vanno in un certo modo (tipo la prima mezz'ora) fanno scappare tra sé e sé la frase che suona come un'autocondanna: "Chi me lo ha fatto fare". Invece non è andata così. Il Napoli ha avuto la reazione che non aveva mai messo in campo in tutta questa stagione, si è aggrappata al suo fuoriclasse, ha gridato in faccia al nemico. Il risultato rende comunque difficilissimo il ritorno, ma c'è modo e modo di pareggiare in casa. La squadra azzurra l'ha fatto nella maniera più onorevole e più promettente possibile. 

Alle spalle, il nuovo allenatore ha praticamente solo un allenamento e una partita. Di fronte ha una mole di lavoro che spaventerebbe chiunque. Punto primo: bisogna recuperare Kvaratskhelia. Era stato tra gli ultimi ad arrendersi durante il decadente periodo di Mazzarri, contro il Barcellona non è stato all'altezza della sua fama, ha sbagliato molte scelte, è uscito furioso come gli era già capitato ai tempi di Garcia. Ma questo è il compito più facile, Kvara è un ragazzo di buona volontà e si metterà a disposizione. Poi sarà necessario portare il resto del centrocampo al livello interpretativo di Lobotka, che essendo il pupillo di Calzona (nelle vesti di CT della Slovacchia) ha capito prima di tutti cosa fare. Poi, per pensare di chiudere la stagione in maniera dignitosa, bisogna trovare il modo di aiutare Osimhen ad aiutare il Napoli, giocando più vicino a lui, passandogli qualche pallone che non sia uno scaldabagno arrugginito ma sia un invito a fare fuoco. Poi ci pensa lui. 

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