Robinho non ci sta e va al contrattacco. Nel corso di un'intervista a TV Record l'ex calciatore si è scagliato contro la giustizia italiana, che nel 2022 lo ha condannato in via definitiva a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo: "Ho giocato quattro anni in Italia e ne ho visti abbastanza di episodi di razzismo - le sue parole -. Purtroppo succede ancora oggi. Era il 2013, siamo nel 2024. Le stesse persone che non prendono nessuna iniziativa per contrastare il razzismo sono quelle che mi hanno condannato. Se al mio posto ci fosse stato un italiano bianco, sarebbe stato diverso, non c'è dubbio. Con la quantità di prove che ho, non sarei stato condannato".
"Ho visto abbastanza razzismo contro i miei compagni, tipo Balotelli o Kevin Prince Boateng - ha insistito Robinho -. Hanno sofferto molto e la cosa continua ancora oggi. Cosa ha fatto la giustizia italiana? Niente".
Per l'ex Milan sono giorni caldissimi. Il 20 marzo, infatti, il Supremo tribunale di giustizia brasiliano si riunirà per decidere se omologare la condanna della Cassazione italiana e fargli scontare la pena in patria, visto che il paese, per prassi diplomatica, non concede l'estradizione. Secondo i media locali ci sono buone probabilità che Robinho finisca in carcere, anche se non è da escludere la possibilità che il processo riparta da zero in Brasile.
È proprio in questo contesto che sono state registrate le sue parole, diffuse anche sui suoi canali social e volte a cercare uno spiraglio difensivo: "L'interrogatorio è avvenuto un anno dopo l'incidente - ha raccontato -. Era il 2014 e non stavo parlando con persone affidabili. Hanno iniziato con una storia di gravidanza, poi sono passati a dire che volevano farmi pagare 60 mila euro. Ho reagito ridendo perché ero indignato. Non mi avrebbero estorto nulla. Sapevo di non aver fatto nulla, di non aver messo incinta alcuna donna. Volevo semplicemente uscire da quella situazione, perché ero sicuro al 100% che stavano cercando di estorcermi dei soldi".
A pesare sulla decisione di condannarlo anche alcuni audio in cui parlava di quanto la ragazza al centro della vicenda fosse ubriaca e di come non fosse in grado di ricordarsi di lui: "Gli audio erano fuori contesto, con persone che mi stavano molestando, che volevano prendermi dei soldi. Stavo cercando di uscire da una situazione in cui mi stavano estorcendo denaro. Quando la situazione è degenerata mi sono rivolto ai miei avvocati. In quel momento chiunque mi ha contattato stava cercando di ottenere qualcosa da me. Ho fatto anche il test del Dna".
Secondo Robinho, dunque, la donna era perfettamente lucida: "La persona che mi accusa di una cosa così grave e barbara, di stupro, ricorda con precisione tutti i particolari della scena, il colore della mia camicia, quante persone c'erano. Esiste un filmato in cui si vede che sta cercando di avvicinarmi dopo che mia moglie aveva lasciato il locale. Era con altri ragazzi e con loro è rimasta fino alle prime ore del mattino. In nessun momento si è alterata o si è comportata in modo diverso. Ballava con altri, era un luogo aperto, ci potevano vedere tutti, non era incosciente".
La sua difesa, dunque, si basa sul fatto che il rapporto sia stato assolutamente consenziente: "Chiunque commetta questo tipo di reato deve pagare, ma questo non è il mio caso. Non sono un violento. Non sono mai stato così. Spero che in Brasile io possa essere ascoltato. La verità è quella che ho riportato nel processo. Gli audio erano fuori contesto, con persone che continuavano a cercarmi. Ho detto cose contraddittorie, ma solo perché il contesto era quello. Abbiamo avuto un rapporto superficiale e veloce. Poi sono tornato a casa. In nessun momento lei mi ha spinto o mi ha detto di fermarmi. C'erano altre persone. Quando ho visto che voleva continuare con altri ragazzi, sono andato a casa. Non l'ho mai negato. Era consensuale. Avrei potuto negarlo, perché non c'è il Dna, ho usato il preservativo. Non sono un bugiardo".