L'ANALISI

Come Liberty Media cambierà la MotoGP: più Usa e meno Europa

 L'acquisizione di Dorna da parte del colosso americano punta a rilanciare le due ruote, rendendole più internazionali. Con il sogno del GP unico insieme alla F1

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Per qualcuno, i "duri e puri" del motociclismo, sarà un "pesce d'Aprile" poco gradito, ma l'entrata in scena di Liberty Media nel mondo delle due ruote rappresenta un passaggio epocale. Perché con l'acquisizione di Dorna da parte del colosso americano, il Motomondiale farà, o almeno ci si aspetta che faccia, un salto nel futuro. Piaccia o meno agli appassionati di vecchia data, negli ultimi anni, cioè da quando proprio Liberty Media ha assunto la gestione della Formula 1, il divario tra quello che una volta era il circus a quattro ruote e la MotoGP si è fatto più ampio. Non tanto per lo spettacolo in pista, visto che quello è rimasto a vantaggio di Bagnaia e compagni nonostante ritiri importanti, quanto per l'organizzazione e l'internazionalizzazione del campionato.

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Mentre Verstappen e soci si sono impossessati degli Stati Uniti, espandendo la loro popolarità ben oltre i confini dell'Europa, la MotoGP è rimasta legata al mondo del Vecchio Continente, con tante, troppe gare, divise tra Spagna e Italia, e un parco piloti che ruota attorno agli stessi due paesi. Basti pensare che in F1 oggi sono rappresentate ben 15 nazioni divise tra i 20 driver titolari (più la Ferrari per gli italiani), mentre in MotoGP se ne contano solo 8 su 22. Questo significa, ad esempio, che l'interesse dei tifosi è banalmente doppio in F1, visto che sono coinvolti più appassionati, invogliati a sostenere il pilota che più li rappresenta. Una scelta specifica, quella di avere piloti di bandiere diverse, voluta da Liberty Media per esportare il loro prodotto in più paesi possibili, mentre Dorna ha sempre puntato maggiormente sul merito sportivo. Ma così facendo ha tagliato fuori nazioni, sponsor e potenziali mercati, che poco per volta hanno perso interesse per il Motomondiale, non avendo protagonisti direttamente impegnati. Come gli Usa.  Ed è proprio qui che la MotoGP del prossimo futuro vorrà tornare in forza, aumentando il numero dei GP a stelle e strisce e riportando i piloti americani, ma anche dell'America Latina, a competere ai massimi livelli. Un primo passo lo ha fatto "invitando" il team americano Trackhouse Racing a diventare la squadra satellite di Aprilia.

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E poi c'è il "contorno", lo spettacolo extra pista, i vip. Quello che ai motociclisti piace meno, ma che oggi pare indispensabile per vendere il proprio prodotto anche a chi di quel prodotto sa poco. Quindi, aspettiamoci di vedere una MotoGP che copierà spesso e volentieri il modo di presentarsi al pubblico mondiale. Un paddock sempre più imponente, tanti eventi collaterali e la ricerca di quell'esclusività, che aumenta il desiderio di esserci e di guardare. Anche se di gare si sa poco. Un po' come successo un ventennio fa con il fenomeno Valentino Rossi, che ha appassionato milioni di persone che non conoscevano il motociclismo. O come sta accadendo oggi con Jannik Sinner. Insomma, si punterà su un mix di eventi e protagonisti sempre più in misura "extra large" per rilanciare la MotoGP, facendola uscire dal guscio in cui si è rinchiusa negli ultimi anni.

Ma c'è un sogno che con l'unione sotto la stessa proprietà è sempre più vicino a realizzarsi: correre un GP di F1 e di MotoGP sulla medesima pista, nel medesimo weekend. Ne avevano già parlato apertamente sia Carmeo Ezpeleta, sia Stefano Domenicali. Adesso il principale ostacolo organizzativo è stato abbattuto. Bisognerà "solo" trovare le piste e le date giuste per mandare in scena il più grande spettacolo del motorsport. Non succederà nel 2025 e forse neppure nel 2026, ma è solo questione di tempo perché il GP unico diventi realtà.

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