BASKET

Scariolo, l'italiano che è diventato spagnolo e ha conquistato il mondo

Il coach di Brescia ha costruito i suoi successi nella penisola iberica

Mondiali basket, Spagna sul tetto del mondo: l'Argentina si arrende 75-95

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Facile adesso dire che c’era un pizzico d’Italia nella vittoria mondiale della Spagna. La realtà è che Sergio Scariolo, tecnico della squadra che ha appena trionfato in Cina nella competizione iridata targata FIBA, il vestito tricolore se l’è sfilato una ventina d’anni fa, quando dalla Fortitudo Bologna emigrò verso i paesi baschi per allenare il Baskonia, trampolino di lancio di una carriera che lo ha visto sollevare trofei, oltre che con la squadra di Vitoria, anche con Real Madrid e Malaga.

La chiamata alla guida delle furie rosse della palla a spicchi nel febbraio del 2009 gli fece rinunciare anche alle sirene russe del Chimki, perché il tecnico bresciano (uno scudetto a Pesaro nel 1990) aveva scelto: la nazionale spagnola sarebbe stato il suo habitat naturale, ed ecco due campionati europei vinti in Polonia e poi in Lituania, ma soprattutto l’argento olimpico di Londra.

Solo il profumo del risotto alla milanese lo fece tentennare nonostante i successi con la Spagna, il richiamo dell’Olimpia Milano fu troppo forte, Scariolo provò con le scarpette rosse a rompere l’egemonia di Siena, ma un’eliminazione ai playoff per mano della Montepaschi lo indusse a rompere in anticipo il rapporto con una squadra e una panchina divenuta troppo bollente per tutti, anche per un tecnico che ormai parlava più spagnolo che italiano, e al quale le storture della pallacanestro di casa nostra evidentemente non andavano più a genio.

E così mentre dalle nostre parti si mandava via un tecnico vincente, in Spagna si affrettarono a richiamarlo per riportare in alto le ambizioni di una nazionale delusa dal flop nel mondiale giocato in casa.

Scariolo non ci pensò su due volte: meglio fare basket dall’altra parte dei Pirenei, il transito nuovamente dal Baskonia lo riportò diritto sulla panchina della nuova nazionale spagnola, dove ci sono l’eleganza e la fisicità di Pau e Marc Gasol, dove c’è il talento di Rubio e Llull, ma anche i Rodriguez e i Fernandez, gente con la quale devi andare d’accordo subito, perché solo istaurando con loro il feeling ideale possono portarti in cima al mondo.

Detto, fatto: arriva il terzo titolo europeo, in Francia, e poi anche il bronzo olimpico a Rio de Janeiro, dove il ritornello riguardante “c’è anche un pizzico di Italia”  ricorre soprattutto tra quei nostalgici che stanno ancora a chiedersi perché un tecnico di tale spessore non alleni più in Italia da tempo.

Sposa Blanca Ares, campionessa europea di basket con la Spagna nel torneo giocato in Italia nel 1993, sperando magari di trasmettere il dna della palla a spicchi ai figli Carlotta e Alessandro.

Poi un giorno di luglio dello scorso anno si accorda con i Toronto Raptors, franchigia canadese della NBA, per diventare vice allenatore. E ancora una volta “Don Sergio” azzecca la scelta, vincendo il titolo nei pro americani battendo in finale i fino ad allora imbattibili Warriors di Curry e Thompson. Sindrome da appagamento? Macchè, piuttosto un gran bel biglietto da visita in vista dei mondiali cinesi, dove c’è una Spagna che stavolta però non sembra la fortissima Spagna degli anni passati. Qualcuno ha mollato, altri avanzano con l’età, ma Rubio e compagni sanno di dover stare ad ascoltare cos’ha ancora da dire questo tecnico dall’immancabile gel nel capelli alla Pat Riley e dal look sempre impeccabile.

Scariolo si dimostra eccezionale nel gestire le rotazioni e il mix tra i vecchi e i nuovi,

gli spagnoli soffrono proprio contro l’Italia, poi battono la Serbia e non si fermano più, l’ultimo atto contro l’Argentina diventa una passerella per la Roja di Don Sergio.

E così quel pizzico di Italia torna in auge, ma per l’allenatore di Brescia, il più giovane tecnico a vincere uno scudetto in Italia, conta poco. Smaltita la sbornia a Scariolo non resta che capire cosa fare da grande, perché dopo aver vinto un titolo NBA e un Mondiale a distanza di pochi mesi, appare difficile poter fare di più.

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