Fluidità, rotazioni e assalti verticali: Inzaghi, primo scudetto da ricordare
L'Inter vince il suo ventesimo tricolore dimostrando di saper dominare ogni tipo di partita
Dopo il pieno di Coppe Italia e di Supercoppe nazionali, Simone Inzaghi, finalmente, può mettere in bacheca il trofeo a cui teneva di più: lo scudetto. Criticato per aver gettato via quello del 2022 e a serio rischio di essere allontanato alla fine della scorsa stagione (salvato dall'impresa di arrivare in finale di Champions), l'allenatore nerazzurro realizza l'impresa di regalare all'Inter la tanto attesa seconda stella creando, con il suo staff, una macchina quasi perfetta.
Aiutato da una dirigenza impeccabile che gli ha messo a disposizione una rosa super, tra titolari e riserve, Inzaghi ha messo a punto un meccanismo tattico vicino alla perfezione. Tra le tante fotografie della stagione c'è il fermo immagine della partita d'andata con l'Atletico Madrid, dove si vedono Barella e Calhanoglu difensori centrali, con Dimarco e Darmian esterni bassi, De Vrij davanti alla difesa e Pavard e Bastoni nella posizione di mezzali. In una foto c'è tutto: la fluidità di ruoli cancellati in nome delle funzioni da attuare sul campo nelle varie fasi e l'impossibilità di descrivere con i soliti numerini il sistema di gioco nerazzurro.
Certo, si parte dal 3-5-2, che si vede soprattutto in fase difensiva, ma l'avvio di manovra è caratterizzato da spostamenti che liberano spazi prontamente occupati da altri giocatori. I difensori centrali possono dare superiorità numerica in mezzo o sulle fasce, il regista scendere di un reparto, le mezzali allargarsi in posizione più bassa per dare una soluzione in più. Tutto dipende da come ti vengono a prendere gli avversari. La difesa può essere a tre o a quattro, in fase di costruzione, e a cinque quando l'Inter si difende. Lo sviluppo della manovra può prevedere una serie di scambi "bassi" per attirare la pressione, per poi cercare di verticalizzare per le punte che devono "aprire" sugli esterni. La variazione di ritmo è una delle armi migliori dell'Inter, che sa leggere i momenti come i singoli giocatori sanno capire, interpretare, svuotare o riempire gli spazi.
L'Inter è a suo agio sia quando deve difendere bassa che quando deve attaccare blocchi bassi, sa chiudere gli avversari in area ma anche indirizzare dalla propria parte le partite cosiddette "sporche". Sa essere bella e mettersi l'elmetto e scendere in battaglia. Non eccelle nel pressing ma quando lo fa è spietata, non sfrutta molto gli uno contro uno in fase offensiva ma diventa devastante con i cambi di gioco e gli inserimenti in verticale, fino all'area di rigore, di centrocampisti e difensori.
Ha i suoi principi ma sa adattarsi a quelli avversari. Tra le altre foto della stagione, il gol del pareggio di Lautaro nell'1-1 di Torino con la Juventus, con l'azione che si svolge tutta a destra approfittando degli errori nelle uscite dei bianconeri: da Sommer a Dumfries per Barella che allunga su Thuram per il cross decisivo per l'argentino. O, nel ritorno, lo spostamento di Dimarco da sinistra alla parte destra dell'area bianconera, per sovraccaricare una zona di campo che la difesa della Juve non riesce ad assorbire, subendo così l'autogol di Gatti. Oppure l'azione del rigore del vantaggio a Bergamo con l'Atalanta. Sapendo che il calcio di Gasperini è fatto di continui duelli individuali in fase difensiva, Darmian, uno dei tre centrali, si lancia in verticale ma non è seguito da nessuno, Calhanoglu lo pesca con una palla in verticale da urlo e poi va a battere il rigore, dopo che Musso ha atterrato il difensore nerazzurro.
Principi ben definiti, insomma, e adattamenti a seconda delle circostanze. Momenti di calcio sublime e fasi di attesa e di battaglia. Difficile inquadrare il calcio dell'Inter che esce così dai dibattiti di chi fa della tattica una guerra di religione. E forse è proprio questa la vera impresa di Inzaghi e del suo staff.