BAYER LEVERKUSEN

Addio al "Neverkusen": un titolo leggendario con la firma decisiva di Xabi Alonso

 Primo titolo nazionale per la squadra considerata l'eterna perdente del calcio tedesco

di
@Getty Images

Centovent'anni senza un Meisterschale, con due soli titoli in bacheca: la Coppa Uefa del 1988 e quella di Germania del 1993. La nomea di "Neverkusen", però, è nata dopo l'incredibile stagione 2001/02 quando, da un possibile triplete, il club della Ruhr si è ritrovato con un pugno di mosche in mano. Poi è arrivato Xabi Alonso e il Bayer Leverkusen potrebbe anche permettersi di centrare il tripletino (con l'Europa League al posto della più prestigiosa Champions).

Intanto si è portato a casa il primo campionato della sua storia, abbinando i risultati a un calcio esteticamente validissimo. E poi ci sono i numeri: nessuna sconfitta in 43 partite stagionali, semifinale di Europa League (con atto conclusivo ipotecato dopo il 2-0 al West Ham) e finale di Coppa di Germania. A tutto questo vanno aggiunte le gare vinte o ribaltate nel finale, a dimostrazione di una forza mentale degna dei grandi

Xabi Alonso, scommessa del club, visto che aveva guidato solo le giovanili del Real Madrid e la squadra B della Real Sociedad, ha avuto in carriera maestri di valore assoluto: Benitez, Pellegrini, Mourinho, Ancelotti, Guardiola e Del Bosque. In pratica tutto lo scibile del calcio mondiale. Il suo credo tattico non poteva che essere un mix di tante idee diverse. Il suo Bayer sfrutta i principi del calcio posizionale e di quello relazionale, con una fluidità che si vede già dall'inizio azione. Partendo dal 4-2-3-1, le "aspirine" possono costruire con un 3+2 o con un 2+4. Di certo, in fase di avvio, imposta a tre con Stanisic, o Kossounou, che si alzano sulla destra e Grimaldo, l'esterno sinistro, che si stringe vicino a Tah, Tapsoba o Hincapié. Frimpong, di conseguenza, si alza sulla trequarti bloccando il laterale avversario. Il resto lo fa il quadrilatero di centrocampo, con Palacios e Xhaka in posizione più arretrata, e Wirtz e Hofmann, o Adli, a occupare la trequarti. Tutto questo solo a livello teorico perché gli interpreti del quadrato magico si  scambiano le posizioni, si avvicinano centralmente o sull'esterno per sfruttare gli scambi stretti, in fase offensiva, ed essere pronti al recupero immediato, in quella difensiva. Possono dare sfogo sull'esterno allargandosi, o buttandosi in verticale per affiancare l'unica punta, Boniface o Schick. 

Xabi Alonso, insomma, ha dimostrato come si possa abbinare la qualità estetica della manovra all'efficacia nelle due fasi. Di questi tempi non è un'impresa da poco. 

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