IL FUTURO

Pioli a fine corsa: il tecnico dello scudetto verso l'addio al Milan

Ha cambiato la storia recente dei rossoneri, ma il suo ciclo è evidentemente finito: in una stagione certamente complessa ha fallito tutti gli obiettivi

di Alessandro Franchetti

E adesso che succede? Al netto di un derby da preparare con una motivazione chissà e con il morale ben al di sotto i tacchi, è evidente che insieme a un'Europa League che, senza il Liverpool, sarebbe stata ampiamente alla sua portata, Stefano Pioli pare destinato a perdere anche il Milan. Dopo cinque anni (quasi) straordinari in cui ha certamente cambiato la storia recente dei rossoneri e riportato lo scudetto al Diavolo e in fondo a una stagione complessa in cui ha fallito, uno dopo l'altro, tutti gli obiettivi del club. Il tecnico milanista è arrivato, a meno di decisioni a questo punto sorprendenti, a fine corsa. È il corso naturale della vita degli allenatori e, forse, è anche giusto così. Se però aveva davvero ancora una chance di rimanere in sella, la sua ultima fiches è finita sul tavolo sbagliato, quello di una Roma che ha dominato il doppio confronto europeo e meritato la qualificazione grazie anche, se non soprattutto, alla lezione tattica che il giovane De Rossi ha impartito al ben più navigato allenatore del Milan. 

Inutile oggi elencare le colpe del tecnico anche perché, giustamente, bisognerebbe prima enumerarne i molti meriti di questi anni. In fondo Pioli ha preso un Milan molto mal ridotto, gli ha dato gioco, brillantezza, convinzione e ha vinto un grande scudetto appena due anni fa. Il problema, però, è che da allora non è più stato in grado di aggiungere nulla. Certo, appena un anno fa eliminava il Napoli e si guadagnava una incredibile semifinale di Champions. Poi, però, il suo corso, o la sua corsa se volete, si è fermata. Prendiamo la stagione attuale: è vero, il suo Milan è secondo dietro a un'Inter che non si poteva battere, ma l'impressione, confortata dai fatti, è che lui non sia stato in grado, nel corso dell'anno, di risolvere i problemi ch'erano evidenti già ad agosto e che non sia più riuscito a migliorare i giocatori. I guai di allora sono quelli di oggi: squadra poco equilibrata, che subisce sempre moltissimo, con reparti spesso troppo lunghi e un centrocampo sostanzialmente inesistente in fase difensiva. Vogliamo dare le colpe al mercato? Facciamolo, ma ricordando, però, che nel termine "coach" che gli era stato affibiato da Gerry Cardinale poco meno di 12 mesi fa c'era, insito, anche un aumento significativo delle sue responsabilità a tutti i livelli, mercato compreso. 

Vogliamo parlare degli infortuni che hanno massacrato il Milan nella parte centrale del campionato? Parliamone, ma non è sempre lui il responsabile tecnico, quindi anche quello che deve verificare preparazione e quant'altro? Questo senza voler parlare di scelte tecniche a volte incomprensibili, di qualche errore non da lui e della rinnovata impotenza mostrata dinnanzi all'Inter, per tutti, dalla società ai tifosi, sua principale contender. Il derby perso 5-1 ha allungato una striscia di stracittadine perse e allargato la forbice tra le due squadre di Milano. E ha allontanato Pioli dal suo popolo, quello del "Pioli is on fire" che oggi, a gran voce, ne chiede quasi unanimamente la testa. 

La doppia sconfitta contro la Roma (la seconda con i giallorossi a lungo in dieci), in un derby americano che tanto interessava alla proprietà Red Bird, ha probabilmente chiuso il discorso. Perché i giallorossi erano considerati inferiori dal club e l'eliminazione non era nemmeno presa in considerazione. Invece è andata così ed è andata malissimo. Per il Milan e, di conseguenza, anche per Stefano Pioli. Adesso non resta che provare a salvare quel che resta del campionato provando a non regalare lo scudetto all'Inter nel derby di lunedì e a mantenere il secondo posto in classifica. Impresa, oggi, affatto scontata. Poi si potrà cominciare a pensare al futuro, voltando definitivamente pagina e scegliendo il nuovo allenatore. Quale che sia il nome del nuovo condottiero rossonero: da Conte a Lopetegui fino a chissà chi.