SKYRUNNING EXPERIENCE

Capretti, falchi e banane: full immersion nel paradiso terrestre di Villacidro Skyrace

La seconda tappa della Coppa Italia di skyrunning scenario ideale per un test run in modalità race delle Tomir 2.0 by NNormal

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© GetPica

L’ultima occhiata a Villacidro (laggiù ad una ventina di chilometri in linea d’aria in direzione ovest) e alle montagne che ventiquattro ore fa brulicavano di skyrunners è bruscamente “impallata” dall’ala del Boeing che mi sta riportando a casa. Non mi resta che chiudere gli occhi e assopirmi al mio posto: è l’unico modo per prolungare - in modalità sogno - il sottile piacere della mia seconda esperienza sui sentieri della settima edizione di Villacidro Skyrace. In fondo il fine giustifica i mezzi, anche quelli… di trasporto! Due giorni fa a quest’ora (ma rasoterra, dal treno) avevo già negli occhi questo scenario. Allora sognavo ad occhi aperti la gara che dovevo ancora correre, ora li serro forte per spremerne fuori e distillarne ancora qualche goccia di memoria. Guardando già avanti, al prossimo anno. Sì perché gli amici ormai fraterni di Margiani Team ASD, dopo aver scelto di tenere duro quest’anno, adattandosi a giocare in difesa, stanno già studiando il contropiede (anzi il contrattacco) per il 2025 e la prospettiva di tentare la ultraskymarathon messa in pausa quest’anno (magari con uno sconticino chilometrico!) mi tenta parecchio. Non è una ancora una promessa, solo una “pericolosa” dichiarazione d’intenti!

© Stefano Gatti

Villacidro non ha più segreti per me. Dopo la prima sortita della mia vita in Sardegna del 2023 (ma dovevo proprio aspettare quasi sessant’anni?), mi muovo a passo sicuro tra le sue vie in costante pendenza. Il paese sorge su un piano inclinato, in posizione strategica: fa da sentinella e porta d’ingresso orientale al massiccio del Linas e si affaccia sulla pianura del Campidano, l’unica dell’isola. Dalle aree più in quota del suo territorio lo sguardo si spinge a sud fino al capoluogo regionale Cagliari e al suo operoso hinterland. Nemmeno le coste occidentali sono così lontane e la possibilità di unire sport e vacanza al mare per un weekend multitasking è un’ottima ragione per venire qui. Anche e soprattutto per noi... del continente, come si dice da queste parti.

© Stefano Gatti

Sabato 20 aprile. Appena messo piede in paese, mi sento già come a casa mia. Trascorro le ore del pomeriggio di vigilia della skyrace sotto la loggia dello storico ex Mulino Cadoni, vera a propria tana dell’evento. Il briefing pre-gara è piacevolmente intimo e raccolto, ma non per questo meno puntuale e scrupoloso. Siamo pochi ma ci sentiamo molto buoni: non perché sia Natale ma perché in fondo adoriamo sentirci una specie di setta o di combriccola che pratica la disciplina più esclusiva (a tratti anche snob o quantomeno elitaria, converrò con l’amico Paolo) della corsa in natura. A noi piace così. Chiudo la giornata con una golosissima pizza sarda, poi mi ritiro nell’appartamento che l’altro amico Matteo e la sua famiglia (grazie Milena) mi hanno anche quest’anno messo generosamente a disposizione.

© Stefano Gatti

Domenica 21 aprile. Quest’anno si corre con due settimane d’anticipo rispetto al 2023… e si sente. Temperatura fresca e cielo sereno, grazie al maestrale che ha soffiato forte il giorno prima e (dopo averlo appunto fatto con il cielo stesso) ha sgomberato il campo di gara, consegnandoci un teatro d’operazioni in condizioni ideali per correre. Avvertiremo giocoforza un po’ di caldo in gara, ma non lo patiremo davvero!

© Stefano Gatti

Raggiungo il campo base di Piazza Dessì prendendo una scorciatoia rispetto alla rampa dritto per dritto di Via Roma, ma solo per questa volta: solitamente infatti preferisco salire lungo la Via Roma stessa, per passare davanti al palazzo altero e signorile che è stato la casa natale dello scrittore Giuseppe Dessì, figlio prediletto (di certo il più conosciuto) di Villacidro.

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Oggi il l'edificio ospita la Fondazione che porta il nome dell’autore di romanzi come “Il disertore”, “San Silvano” e l’adorato “Paese d’ombre”: quest’ultimo opera largamente autobiografica che mi ha fatto prendere una “cotta letteraria” per Valentina, il suo personaggio più malinconicamente significativo. Almeno per quanto mi riguarda.

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Non si parte e non si arriva più dai vicini giardini pubblici (giusto all’altro capo della vasta piazza) ma dal suo lato occidentale, nei pressi dello storico lavatoio liberty che - a cose (e corse) fatte - farà da opportuno fondale alla cerimonia di podio e premiazioni. Siamo poco più di un centinaio ma - per quanto scritto poco sopra - ci sentiamo “tutto il mondo”. Oggi bastiamo a noi stessi, domani è tutta un'altra storia. A rinfoltire il gruppo una dozzina di Falchi di Lecco, guidati da loro presidente Filippo Ugolini. Faranno una grande figura in gara, sia in campo maschile che femminile. Conquisteranno Villacidro con il loro talento e la loro simpatia, saranno rapidamente conquistati (come è capitato anche a noi) dalla grande passione, dalla squisita ospitalità e dal forte senso identitario della gente di Sardegna, di questo angolo un po’ appartato e proprio per questo tanto più vero di quest’isola.

© Stefano Gatti

Per affrontare i ventuno chilometri e i milleseicento metri di dislivello positivo/negativo di Villacidro Skyrace abbiamo scelte le nuove NNormal Tomir 2.0 che il team di Kilian Jornet ci ha affidato per un feeback che vogliamo sia molto più che un semplice copia-incolla di un comunicato stampa e invece un vero e proprio running test, portato ancora più in alto (se non dalla nostra performance…) quantomeno dal suo svolgimento in modalità “out of the box”: senza praticamente averle rodate in precedenza. Tomir 2.0 presenta una serie di migliorie riguardanti durata, design e ammortizzazione. Non vedo l'ora di verificarne l'efficacia direttamente sul campo: anzi, su questi sentieri particolarmente... demanding. Intanto, rifletto sul significato del mantra NNormal (Your Path, No Trace) che mi pare perfettamente allineato all'impronta ambientalista di questo evento.

© GetPica

Dopo il segnale del via puntiamo subito la montagna, smarcando rapidamente il primo chilometro in stile “urban trail” su per le viuzze del centro storico e alcune serie di gradini, girando attorno al municipio. Una rampa bella secca ci porta fuori dal centro abitato e via dentro la pineta, passando sotto alla chiesetta del Carmine alla cui altezza (tra qualche ora, chi più chi meno) chiuderemo l’anello prima del rush finale lungo lo stesso itinerario del primo chilometro.

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Un lungo traverso in pendenza prima leggera, poi via via più accentuata, ci permette di alzarci sopra i tetti delle case. È un tratto… motivazionale, nel senso che il sentiero single-track non ti consente di tirare il fiato, messo alle strette e braccato come sei dalla fila di colleghi che non aspetta altro che un tuo passo falso. La prima salita termina all’improvviso nel bel mezzo della foresta, con un tuffo sulla destra lungo una discesona che permette di fare velocità ma non autorizza la minima distrazione: sotto il tappeto di foglie si nascondono pietre, radici e rami caduti.

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Le Tomir si comportano bene: quasi mi dimentico di portarle ai piedi e questo per me è il segno che fanno silenziosamente il loro dovere, senza lanciarmi “segnali” di sorta. I materiali impiegati nella sua composizione sono chiamati a garantire una minore usura e quindi lunga durata, una vera e propria mission (anzi due) per il brand nato nell'autunno del 2022 dalla collaborazione tra Camper e King Kilian. Ammortizzazione e design sono altri focus su cui Nnormal si è concentrata: il primo con l’utilizzo di una particolare mescola di Eva iniettata, il secondo con una costante ricerca di un look innovativo e particolarmente elegante, che permette di distinguersi e mantiene il suo fascino (di più, lo accresce) anche quando le Tomir sono belle impolverate e "vissute", a fine gara! Tra le loro caratteristiche meno... cosmetiche e più sostanziali, anche una base più ampia e una geometria della suola leggermente modificata. Una cucitura a 360 gradi tra tomaia e intersuola conferisce maggiore robustezza e durata. 

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Seguo un paio di locals, confidando nella loro superiore conoscenza del percorso. Alla base della discesa ci aspetta un tratto su mulattiera in falsopiano, al cui attacco metto la freccia sulla lecchese Martina. Scoprirò con il passare dei chilometri che lei corre sulla difensiva in pianura e in discesa ma mi acciufferà regolarmente sulle rampe più dure. Di nuovo nella foresta del Parco di Castangias e su sentiero, incoraggiati dal colorito e piacevolmente chiassoso tifo dei villacidrensi, lungo un tratto che (era capitato anche un anno fa) dal punto di vista paesaggistico e di contesto ambientale mi ricorda la sezione centrale e più “tranquilla” della Transgrancanaria…, quella che precede l’inferno finale dei barrancos!

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Le Tomir qui viaggiano che è un piacere (sono io casomai che inizio ad arrancare) e perfettamente a loro agio. Sarà perché si sentono a casa? In fondo il Puig Tomir che dà loro nome (montagna di 1100 metri della Sierra Tramuntana, sull'isola di Maiorca, la più grande delle Baleari) si trova "solo" cinquecento chilometri in linea d'aria ad ovest di Villacidro e praticamente alla stessa latitudine!

Puntiamo adesso lo spettacolare canale che, tradita la foresta con una brusca svolta a sinistra, ci apparecchia sotto le suole la seconda salita di giornata. Quella che, lasciato il canyon per attaccare un sentiero tra bassa vegetazione, con un largo giro a semicerchio (e vista panoramica sul sottostante Campidano) ci porta sul cumulo di rocce della vetta di Monte Omu: la montagna di casa di Villacidro, direttamente incombente sulle sue case. La successiva discesa è uno dei tratti più divertenti, interessanti e "sky" (interessanti e divertenti proprio perché "sky") dell’intera gara. Un ambiente a tratti da Far West, anzi da… Spaghetti Western. Mi viene da pensare: ma i suoi collaboratori avranno mai detto a Sergio Leone che qui avrebbe trovato… pane per i suoi denti e locations perfette per le avventure del Biondo, di Tuco e di Sentenza? E non parlo solo della montagna, ma anche dell'ex Mulino Cadoni, del lavatoio liberty e delle architetture del centro storico di Villacidro!

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A proposito di cinema e di cultura: l’approdo al primo ristoro della diga di Coxinas anticipa un nuovo cambio di scena che a me ricorda quelli un po' stranianti dei romanzi di Dessì: lasciano inizialmente interdetti, poi piano piano la trama si riannoda e ti riporta nel vivo della storia. Proprio come oggi in gara: ogni inversione di marcia, ogni cambio di pendenza e di rotta ti disorienta solo inizialmente, poi ti permette di... tornare sulla (mica tanto) retta via che porta al traguardo.

Il punto di ristoro mi permette di riempire… due volte il flask: semplice acqua ma freschissima, una delizia per il palato e per tutti i sensi. A volte non serve davvero altro che l’essenziale. Raggiungo Martina che mi aveva sverniciato in salita (per mia fortuna il finale di gara pende tutto dalla parte… giusta) e mi accodo di nuovo ad un gruppetto di skyrunners che la sanno più lunga di me da queste parti. I loro discorsi - a tratti in dialetto - mi intrattengono e quasi mi cullano, distraendomi per qualche momento dalla fatica. Sì perché ci stiamo trasferendo di nuovo nel fitto bosco verso la rampa di Monte Margiani e… meno ci penso, meglio è!

© Photo Sonia/scattoimperfetto.it

Usciamo allo scoperto per un altro bel tratto "sky" tra rocce e grandi massi, seguendo una traccia che sale dritta, senza tante storie e soprattutto svolte. Un anno fa da queste parti avevo cambiato inaspettatamente marcia e anche oggi mi pare che il peggio sia passato. Scollino salutato per nome dalla mia omonima Stefania che - lo scoprirò solo all’arrivo, alla sua stessa tavola - di mestiere fa la veterinaria e un po’ prima del mio passaggio ha assistito una capra alle prese… con un parto gemellare! Le storie che Villacidro Skyrace mette in scena ogni anno sono davvero sorprendenti e contribuiscono a farne un evento davvero fuori dal comune!

Da quassù la vista corre direttamente la Punta di Santu Miali, l’ultima salita del menu di giornata. Sembra lontanissima ma in fondo non lo è. Solo che per raggiungerla tocca di nuovo abbassarsi di quota per poi ovviamente riguadagnarla tutta spingendo sui garretti. La continua alternanza di scenari propone infatti - all’inizio del… girone di ritorno - una ripida discesa verso il fondovalle: è uno dei tratti di maggior varietà della traccia di gara. Appese ai rami, un paio di banane gonfiabili mi interrogano ma ho la risposta pronta e viene dal 2023: segnalano il punto di ristoro allestito dalle ormai famose “Banana Girls” di Villacidro. Della preziosa ed energetica frutta però non c’è più traccia. Colpa mia, si capisce: dovevo arrivare prima!

© GetPica

Un anno fa avevo affrontato questo tratto più o meno in solitaria. Quest’anno invece (e non solo qui) mi trovo a correre sempre in compagnia di qualche collega. Mi raggiunge in particolare Gabriele, che sembra averne di più e infatti riesce a distanziarmi. Decido che è il gancio giusto per impostare sul cruise control un ritmo regolare da qui al traguardo: è la cosa giusta da fare! Via per Punta Santu Miali, dopo aver sbranato cinque o sei spicchi di succosissima arancia all’ultimo ristoro. Il bosco lascia di nuovo spazio ad una prateria punteggiata di rocce. Il passaggio in punta apre ancora una volta il panorama, soprattutto in direzione sud. Si corre ora lungamente in cresta, alternando salita e discesa: una sorta di “veloce” trasferimento d’alta quota che (ce ne fosse ancora bisogno, no direi di no) conferma ancora una volta il dna "sky" della prova e che all’improvviso si inabissa per un paio di rampe di dislivello negativo sassose e accidentate in località Cuccureddu, che richiedono un innalzamento del livello di attenzione per non combinare guai proprio ora.

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Prima di avviarci verso l'epilogo di VSR 2024, un altro sguardo verso il basso, nel senso delle Tomir che a questo punto posso senz'altro promuovere. Un'altra delle loro peculiarità (messo a dura prova proprio da questo settore partycolarmente hard dell'tinerario) è il filo di nylon ad alta resistenza cucito completamente intorno all'intersuola. Questo dettaglio non solo migliora la durata della scarpa, ma ne impedisce anche la delaminazione a garanzia di minor usura, e di conseguenza un ciclo di vita più lungo rispetto alla versione precedente. Il materiale della tomaia è invece ora costituito da un resistente monofilamento di poliestere combinato con un filo di TPE, per un'eccezionale resistenza all'abrasione. Oltre ad aumentarne la resistenza, questa combinazione di materiali assicura leggerezza e traspirabilità.

© Stefano Gatti

La geometria della sola risponde all'obiettivo di rendere naturale e fluida la transizione, riducendo impatti e fatica durante il gesto sportivo. Per questo è più ampia nella parte mediale e posteriore per migliorare stabilita e impatto, mentre la parte anteriore presenta uno scoop rialzato di qualche millimetro per velocizzare la transizione. Grazie all’iniezione di HO2 sull’EVA, la schiuma EExpure offre alla Tomir 2.0 una grande ammortizzazione e una particolare reattività decisamente superiori al modello precedente, consentendo di aumentare l'efficienza energetica durante la corsa e di generare una sensazione di minore sforzo, anche grazie al suo peso ridotto rispetto a quelli convenzionali. Insomma, non esattamente normale amministrazione (Not Normal!) questa skyrace, ma un bell’aiuto le Tomir me lo hanno fornito.

Intanto il tira e molla virtuoso con Gabriele produce i suoi effetti per l'appunto positivi: all’insegna del “vai avanti tu che hai un passo migliore”, ci presentiamo ancora insieme sui tornantini che portano di nuovo alla chiesetta del Carmine, dove chiudiamo l’anello.

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Gabriele si fa da parte con l’ennesimo "prego s'accomodi" e di fatto mi lancia tipo fionda verso il traguardo, che raggiungo con una serena volata finale, al termine della quale quasi dimentico di gettare l’ancora, rovinando tutto sudato addosso alla ragazza che mi sta puntando fin da quando sono apparso all’inizio del red carpet per infilarmi al collo la medaglia finisher il cui aroma di legno - riponendola insieme a quella dell’anno scorso una volta a casa - mi riporterà con una “bella” fitta di nostalgia tra boschi e foreste di Villacidro, sulle sue rocce ruvide e calde, in mezzo alla sua gente. Profumo di legno, aria di casa.

Tocca tornare anche nel 2025! Intanto mi porto a casa (e mi impegno a crescere) la piantina di pino che mi è stata consegnata all'arrivo come premio finisher, simbolo dell'impegno degli amici di Margiani Team a fare la loro parte per rimediare alle speculazioni e ai danni prodotti nel passato da generazioni che (è giusto ricordarlo) avevano altre priorità e urgenze. Il progresso è anche questo: migliorarsi nel rispetto della propria storia, provando a farvi i conti e... a farli tornare! Proprio come farò io. Ciao Villacidro e all'anno prossimo. Anzi... Attrus aannus!

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